Crescono gli investementi in startup, cresce il loro fatturato (247milioni), crescono i dipendenti (2.400 in Italia). Segnali di crescita nel 2016, anche se non possiamo parlare di boom, anzi i problemi restano
Il Politecnico di Milano ha pubblicato i dati raccolti nell’ultimo anno sull’ecosistema delle startup italiane. Dati che raccontano di un ecosistema in crescita, nonostante le difficoltà note, che hanno mosso in questi giorni 7 associazioni italiane a firmare un documento congiunto per migliorare gli investimenti. I dati sulle startup sono quelli raccolti dal ministero dello Sviluppo economico. Numeri raccolti ed elaborati anche grazie al contributo di Italia Startup.
Tutte le startup generano 247 milioni l’anno (2,4mila dipendenti)
Partiamo dal valore generato. Il fatturato complessivo startup finanziate in Italia raggiunge i 247 milioni di euro nel 2015 (+ 34% rispetto al 2014) e i dipendenti assunti e presenti a bilancio aumentano in termini sia assoluti che relativi, raggiungendo le 2.420 unità (+ 55% sul 2014).
Il Nord Italia continua a rappresentare il centro nevralgico dell’ecosistema, dice il documento. Sia in termini di finanziamenti ricevuti (58%) sia di numerosità di startup finanziate (65%); aumenta il peso percentuale sugli investimenti effettuati nel Sud e Isole (passa dal 30% del 2014 al 36% del 2015) ma nello stesso periodo si riduce il numero di startup finanziate nel Mezzogiorno: un risultato determinato dalla rilevazione di alcuni grandi round di finanziamento (per ricordare il più grosso, quello di Mosaicoon, 8M nel 2016 e quello di Doveconviene, 10M nel 2015) focalizzati tuttavia su un numero ridotto di startup.
Nel 2016 già 182 milioni di euro investiti, +24% sul 2015
“Nel 2016 gli investimenti in capitale Equity di startup hi-tech in Italia ammontano a 182 milioni di Euro, in crescita del 24% rispetto al valore totale consolidato rilevato nel 2015 (147 milioni di Euro)”, afferma Antonio Ghezzi, Direttore dell’Osservatorio Startup Hi-tech del Politecnico di Milano.
“Nonostante l’aumento riscontrato quest’anno, in Italia i Venture Capital investono ancora solamente 1/7 di quanto fanno le controparti tedesche e circa 1/6 di quanto finanziato da parte dei VC in Francia, mentre viene superato di pochi milioni di Euro il valore degli investimenti domestici dei VC spagnoli; la dimensione del mondo VC negli Stati Uniti rimane un “outlier” di difficile e rischiosa comparabilità rispetto al nostro mercato degli investimenti. Fa tuttavia ben sperare il potenziale ancora inespresso da molti fondi con disponibilità di investimento nel breve-medio periodo, che potrà costituire la linfa vitale per sostenere lo sviluppo nei comparti hi-tech”.
Gli investimenti in startup italiane nel 2016
La componente legata al mondo formale sfonda per la prima volta il tetto dei 100 milioni di Euro, raggiungendo il valore assoluto di 101 milioni di Euro e crescendo del 33% (25 milioni di Euro) rispetto al 2015.
La seconda componente, che aggrega il mondo degli investitori informali o delle aziende che investono in capitale di rischio delle startup al di fuori di progetti strutturati di CVC, vede anch’essa un incremento significativo, passando dai 71 milioni di Euro del 2015 agli 81 milioni di Euro del 2016 (+ 14%).
“I dati che emergono dalla ricerca di quest’anno sono confortanti” afferma Federico Barilli, Segretario Generale di Italia Startup “e confermano un trend in crescita degli investimenti nel nostro Paese, già evidente nel 2015 e che quest’anno si è ulteriormente consolidato. Il ritardo rispetto a sistemi industriali analoghi al nostro, quali Francia e Germania, rimane consistente, ma il recupero è possibile. Siamo allineati con gli obiettivi del Governo, esplicitati nel programma Industria 4.0, di raggiungere 1 miliardo di investimenti in startup innovative entro il 2020″
90 startup nel 2015 hanno raccolto investimenti
Sono 90 le startup che a consuntivo 2015 hanno ricevuto finanziamenti da attori formali (rispetto alle 79 del 2014): di queste, il 75% afferisce al comparto Digital, il 17% al Life Science e Biotech e il 7% al Cleantech & Energy (il restante 1% mostra posizionamento in altre aree hi-tech). Oltre a questi macro-comparti, l’analisi mostra come emergano delle verticalità nell’ecosistema startup, di norma concentrate attorno ai settori tradizionali del “made in Italy” (rivisitati in chiave hi-tech e Digitale) come il Foodtech e il Winetech, il Fashion e il Tessile avanzato (per quanto riguarda sia i materiali intelligenti sia le tecnologie produttive all’avanguardia) e il Turismo digitale; ma sempre più spesso si assiste alla nascita di realtà ad altissimo potenziale in ambito Life Science e, con frequenza minore, nel Cleantech & Energy.
Come vanno sul mercato le startup che hanno raccolto soldi
Nel 2016 prosegue quel consolidamento e quella sistematicità già evidenziata all’interno della Ricerca 2015 per quel che concerne il ciclo di vita delle startup hi-tech finanziate. Nella fase di introduzione/finanziamento, 44 startup hanno ricevuto almeno 1 milione di Euro in investimenti da attori formali e informali, con un trend crescente del 25% se confrontato con il 2014. Relativamente alla fase di crescita, sono 67 le startup con un fatturato superiore a 1 milione di Euro nel 2015 (rispetto alle 51 del 2014). Per quanto riguarda la fase di consolidamento o “exit”, si rilevano diverse operazioni degne di nota: al 7 ottobre 2016 sono 19 le exit per trade sale (acquisizione da parte di aziende consolidate) o IPO (quotazione) da noi registrate nell’anno, da paragonarsi alle 25 exit conclusesi complessivamente nel 2015.
Segnali positivi, ma mancano le exit (e una crescita strutturale)
Tuttavia, nonostante il consolidamento e la sistematicità riscontrati, la mancata crescita sostanziale nel numero di grandi operazioni di finanziamento, e soprattutto di exit, rappresenta un ulteriore segnale che l’atteso rinascimento – o svolta strutturale dell’ecosistema – non è ancora del tutto arrivato. Le exit infatti costituiscono operazioni essenziali per ripagare gli investimenti dei VC e degli investitori informali, così da generare quella fluidità in termini di nascita e consolidamento di startup e quella liquidità che possano davvero far svoltare l’ecosistema italiano. L’ecosistema mostra in questo ancora la sua relativa giovinezza e forte necessità di crescita dimensionale.