Per gli investitori è come se l’ombrello di Mario Draghi per salvare (anche) il nostro Paese dalla tempesta da oggi avesse qualche buco in più. E il barometro volge al brutto tempo…
Dove sarebbero, oggi, la moneta unica e l’Unione europea se Mario Draghi non avesse scandito il famoso whatever it takes per fermare le speculazioni contro le economie più deboli (all’epoca, Grecia, Irlanda, Italia, Spagna e Portogallo) del Vecchio continente? Probabilmente non esisterebbero nemmeno più, distrutte dalle spinte eurofobiche, sotto la pressione dei mercati e l’incedere dell’insostenibilità dei debiti sovrani. Una BCE pronta a tutto per salvare l’Ue e, in particolar modo, l’Italia, è la sola cosa (assieme ai massicci acquisti del Qe) che tiene tutt’ora basso il differenziale tra i nostri titoli di Stato e quelli tedeschi. Non a caso, quando Christine Lagarde si lasciò sfuggire che la Banca centrale europea “non si sarebbe occupata di spread“, Piazza Affari in una sola seduta crollò di circa 17 punti percentuale, realizzando il peggior tonfo della storia. Oggi, però, a mettere dei paletti all’ambito d’azione della BCE è stata la Corte Costituzionale tedesca…
Il mercato ha bisogno del bazooka del whatever it takes
Attualmente in Europa si stanno scontrando due tesi contrapposte. Da un lato la visione realista di Mario Draghi, secondo cui pur di salvare il progetto europeo, l’Ue debba tentare ogni strategia, anche fare debito. Usare insomma le risorse di tutti per acquistare in massa i titoli di Stato delle nazioni con un debito sovrano così alto da spaventare, quando tutto inizia a traballare, gli investitori. Dall’altro i soliti rigoristi del Nord Europa, che sono poi gli stessi che, stanchi di vedere “i propri Marchi” investiti per comprare debito pubblico italiano o greco, hanno suonato al campanello della Corte Costituzionale chiedendole di intervenire. E la Corte è intervenuta.
Con un volo pindarico destinato a finire nei libri di diritto, i giudici tedeschi hanno persino disconosciuto il primato della Corte di Giustizia comunitaria, i cui giudicati sarebbero peraltro superiori alla giurisprudenza nazionale, anche quando proviene dai giudici di legittimità delle leggi. Il risultato è che con la loro sentenza il bazooka di Draghi ora rischia di diventare più simile a una pistola ad acqua. Perché, in estrema sintesi, la Corte Costituzionale ha detto: o mi spiegate perché la BCE sta esondando dai suoi limiti oppure la Bundesbank non parteciperà più. Insomma, come può essere credibile il whatever it takes se ciascun magistrato nazionale può mettere dei paletti all’agire della Banca centrale europea? E poco importa se probabilmente non starebbe alla Corte Costituzionale tedesca sindacare sull’operato della BCE, perché i mercati badano al sodo, delle diatribe giuridiche gliene è sempre fregato ben poco.
Spread a quota 250
Per questo, appena la sentenza è stata resa nota, nonostante almeno inizialmente diverse testate italiane la avessero interpretata come un segnale positivo (per lo meno, non ha imposto immediatamente alla Bundesbank di uscire dal quantitative easing e dal prossimo PEPP, dando ai due istituti tre mesi di tempo per fornire le spiegazioni richieste), sui mercati lo spread ha ripreso a scalpitare. A metà seduta si aggirava sotto i 250 punti (prima stava sui 230) e sappiamo bene che il febbrone da cavallo inizi già a quota 300. Per gli investitori, insomma, la garanzia di ultima istanza (solo fattuale, sia chiaro) della BCE nei confronti del nostro debito sovrano risulta parecchio indebolita. L’ombrello di Draghi ha dunque qualche buco in più. Non ci resta che sperare non arrivi un acquazzone…