Abbiamo spulciato le 67 pagine dell’accordo raggiunto ieri in Europa. E le condizionalità non mancano
Torna in patria da vincitore, Giuseppe Conte, nella valigetta il contratto sul Recovery Fund firmato dai Ventisette. Il presidente del Consiglio ha tutte le ragioni di essere tronfio, dato che è riuscito a imporre ai Paesi del Nord, grazie al ruolo decisivo di Emmanuel Macron e Angela Merkel, gli Eurobond per finanziare quello che di fatto è “debito comune”. Ma il premier non potrà giovarsi a lungo del titolo di salvatore della patria e – forse – pure dell’Europa. Perché ad attenderlo, in quel di Roma, ci sono già le insidie molto italiane di una discussione politica che sembra nuovamente destinata ad avvitarsi sul MES.
E se Conte, forse non per caso, è riuscito a strappare all’Europa 36 miliardi in più nel segmento dei prestiti (e il MES ammonterebbe proprio a 36 miliardi), si riaccenderà comunque la discussione sulla necessità o meno di ricorrere al Fondo Salva Stati. Anche perché, paradossalmente, è proprio il successo del presidente del Consiglio a dare nuovi argomenti a chi vorrebbe attuare il MES: rispetto al Recovery Fund la linea di credito del Fondo Salva Stati rappresenta infatti una liquidità pressoché immediata, disponibile nel giro di poche settimane, mentre per il Recovery Fund bisognerà attendere il 2021 e sarà dilazionato in più tranches, che verranno elargite solo se l’Italia farà i compiti a casa, con l’incognita che il rubinetto comunitario possa chiudersi da un momento all’altro. Il secondo aspetto riguarda le famigerate condizionalità: il Recovery Fund ne avrà parecchie in più rispetto al MES. Se il governo finora ha rifiutato energicamente il Fondo Salva Stati proprio per i vincoli che avrebbe comportato, come potrà continuare a dire di no adesso che accetterà una linea di credito che porterà in casa nostra la Commissione e l’Ecofin?
Come si legge a pagina sei, punto diciannove, dell’intesa sul Recovery Fund: «I piani per la ripresa e la resilienza sono valutati dalla Commissione entro due mesi dalla presentazione». Prima di avere la prima rata del credito comunitario verrà stilata una vera e propria pagella in cui «il punteggio più alto» verrà assegnato per la «coerenza con le raccomandazioni specifiche per Paese». Si terrà conto «del rafforzamento del potenziale di crescita, e della creazione di posti di lavoro». Insomma, bisognerà fare i compiti a casa, che significa seguire pedissequamente l’agenda predisposta da Bruxelles.
Il premier Giuseppe Conte e l’omologo olandese Mark Rutte
E se è vero che l’Italia è riuscita a disinnescare il freno di emergenza voluto dall’Olanda, che avrebbe permesso a un solo Stato, all’interno del Consiglio europeo (il summit dei Ventisette capi di Stato e di governo) di bloccare l’elargizione dei fondi comunitari a favore di un Paese, e ha potuto riportare tutto in seno alla Commissione dove abbiamo più alleati (Paolo Gentiloni e Ursula von der Leyen, che si sono spesi per un Next Generation Eu ancora più coraggioso di quello che è stato partorito ieri), è anche vero che resterà l’incognita dell’Ecofin, che si compone dei ministri delle Finanze dell’Ue. Infatti si legge: «La valutazione dei piani deve essere approvata dal Consiglio a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, mediante un atto di esecuzione che il Consiglio si adopera per adottare entro quattro settimane dalla proposta», ma viene pure aggiunto: «In merito al soddisfacente conseguimento degli obiettivi intermedi e finali la Commissione chiede il parere del comitato economico e finanziario» che «non approva pagamenti fino a quando non avrà discusso la questione in maniera esaustiva».
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Insomma, inutile nasconderlo: il Recovery Fund avrà molte più condizionalità rispetto al MES. Ed è anche logico che sia così, dato che comporta non solo molti più soldi, ma anche buona parte di finanziamenti a fondo perduto. Tutto questo, però, molto presto costringerà l’esecutivo ad affrontare la realtà: quanto conviene rinunciare ai soldi del MES, che potremmo usare per investimenti molto più liberi, a iniziare per esempio dall’acquisto dei nuovi banchi necessari a riaprire le scuole? Somma prevista: 3 miliardi di euro. Le regole del MES permetterebbero di acquistarli con i fondi comunitari, visto che è una spesa conseguenza-indiretta della pandemia di Covid-19, le regole del Recovery Fund no, perché non è una riforma. Quindi, che farà ora Giuseppe Conte?