«I sovranisti vogliono i soldi dall’Europa per farne ciò che pare a loro». Abbiamo sentito l’ex membro del comitato esecutivo della Banca Centrale Europea
Uno spettro si aggira fra le stanze di Palazzo Chigi. I sovranisti lo descrivono con l’immagine di un cappio che soffocherà l’economia, impoverendo le famiglie e sottraendo sovranità. La cattiva Bruxelles pronta a strangolare gli interessi nazionali di Roma, dietro la diabolica regia di Berlino. Il film è stranoto: il MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità o, se volete, il Fondo Salva Stati si addensa come una tempesta sopra i cieli di Roma. Almeno questo è il copione masticato più e più volte dalle opposizioni di Lega e Fratelli d’Italia per continuare una legittima campagna politica che, tuttavia, trova pochi (pochissimi) alleati ai tavoli europei.
Spendere quel che si vuole
Così aveva dichiarato a StartupItalia Silvia Sardone, europarlamentare della Lega: «Vogliamo poter spendere i nostri soldi senza vincoli, parametri, zero virgola, diktat e imposizioni». Ma è davvero possibile? Lo abbiamo chiesto a Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea (dal giugno 2005 a dicembre 2011), oggi Presidente di Societe Generale e anche Visiting Scholar al Weatherhead Center for International Affairs di Harvard. «I sovranisti – ha commentato – vogliono i soldi dall’Europa per farne ciò che pare a loro. Un paradosso di Ricucciana memoria».
Lorenzo Bini Smaghi
Riepiloghiamo in breve lo scenario in Europa e in Italia. In vista del Consiglio europeo che riunirà i capi di Stato e di Governo il 23 aprile, l’Eurogruppo ha prodotto una prima bozza dopo giorni di trattative e scontri sugli strumenti finanziari da utilizzare per la ricostruzione post epidemia. Tra le novità, i paesi membri potranno far ricorso al Meccanismo Europeo di Stabilità e ottenere finanziamenti a condizioni minime per quanto riguarda le spese sanitarie dirette e indirette.
Leggi anche: Eurogruppo | Chi ha vinto e chi ha perso. Sul MES e non solo
Mario Draghi e Lorenzo Bini Smaghi
Palazzo Chigi ha subito precisato: l’Italia non farà domanda per chiedere soldi al MES perché il Presidente Conte vuole strappare un accordo sui coronabond, titoli di stato condivisi da tutti per finanziare la ripresa. «L’Italia non farà mai ricorso al MES, noi Cinquestelle non potremo mai accettarlo – ha dichiarato pochi giorni fa il Capo politico Vito Crimi – Accettando il Mes l’Italia metterebbe un’ipoteca sul suo futuro». Diversa la linea del Partito Democratico e di Italia Viva. L’ex premier Matteo Renzi ha dichiarato che «il Mes senza condizionalità significa che ci danno 37 miliardi di euro a condizioni migliori di qualsiasi altro prestito».
MES: oltre la leggenda
Per fare chiarezza e smontare le battute ideologiche e di propaganda attorno al MES, StartupItalia ha intervistato Lorenzo Bini Smaghi per “mettere a terra” tutto quel che è stato in dieci anni il Fondo Salva Stati. «Il MES è come una banca – ha spiegato – che eroga vari tipologie di prestiti a seconda dell’uso che se ne deve fare. Le condizioni dipendono da tanti fattori, tra cui la durata e l’uso che se ne fa. I dettagli non son ancora noti, ma lo sportello nuovo, previsto per le spese sanitarie, dovrebbe avere una condizionalità minima, legata all’uso dei fondi per interventi legati alla crisi sanitaria». Dunque uno dei tanti strumenti che l’Unione Europea mette a disposizione dei Ventisette per rimettersi in sesto.
Il premier italiano Giuseppe Conte e la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen
© Palazzo Chigi
E, a proposito di Unione Europea, Bruxelles sta facendo abbastanza? «I fondi da usare sono molti, e possono essere aumentati. Bisogna ora dimostrare che si è in grado di usarli bene, a sostegno del sistema economico, e non sprecati. Il problema dell’Italia è proprio il non sapere usare i fondi a disposizione. È da notare che abbiamo ancora 20 miliardi di fondi strutturali da spendere. E poi ci lamentiamo che l’Europa non fa abbastanza».
Lorenzo Bini Smaghi
Conviene più il MES dei BTP Italia?
Una volta inquadrato il MES resta però la questione degli interessi da onorare per ripagare il debito. Le opposizioni e i sovranisti tuonano dicendo che, appunto, si tratterebbe di una ipoteca sul futuro. In realtà, secondo Bini Smaghi «i tassi d’interesse dovrebbero essere più bassi di quelli dei titoli di stato italiani, di circa 100 punti base, il che significa un risparmio di circa 400 milioni di euro all’anno». E che dire del nodo condizioni? C’è chi suggerisce che potrebbero addirittura cambiare nel tempo per sfavorire l’Italia. «Le condizioni verranno definite al momento del prestito – ha spiegato – e contrattualmente non possono cambiare. Non vedo il motivo per cui qualcuno voglia mettere in difficoltà l’Italia, è una visione complottista, isolazionista».
Leggi anche: Coronacrisis, 30mila fabbriche perse. A rischio povertà 4 milioni di famiglie
Il premier italiano Giuseppe Conte e la cancelliera tedesca Angela Merkel
© Palazzo Chigi
E allora la Grecia?
Parli di MES, spunta la Grecia. Uscita da drammatici anni di crisi economica, Atene viene spesso tirata in ballo quando si parla del Meccanismo Europeo di Stabilità, come se la prima vittima del Fondo Salva Stati fosse tra i resti dell’Acropoli. Ma è davvero così? Di chi furono le responsabilità delle misure lacrime e sangue che colpirono duramente i greci? «Il programma di aggiustamento, deciso dai ministri finanziari europei, tra cui l’Italia, è stato varato prima della creazione del MES. Il MES ha solo fornito il finanziamento. Il problema della Grecia – precisa Bini Smaghi – è che aveva truccato i conti, e ciò nonostante ha ricevuto finanziamenti, anche dall’Italia, per evitare il tracollo dell’economia». Quadro che non sembra però convincere il Presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico, che proprio in questi giorni ha dichiarato: «Il Mes che abbiamo conosciuto per la gestione delle crisi greca non verrà mai usato in questo modo dal nostro Paese».
Il lato buono del MES
Ma il MES ha mai fatto qualche buona azione nel corso della sua vita? Senz’altro. «Ha fatto prestiti ad altri paesi che li hanno restituiti senza problemi. Il Meccanismo Europeo di Stabilità è stato usato dalla Spagna, dal Portogallo, dall’Irlanda e da Cipro, paesi che hanno recuperato dalla precedente crisi meglio dell’Italia». Eppure la polemica politica continua a dipingere il MES come qualcosa di cui diffidare, un oggetto tossico difficile da maneggiare. Oppure – e la storia dimostra anche questo – l’Italia rischia piuttosto di perdere un’occasione di finanziamenti a tassi più che vantaggiosi?
MES: di chi è la prima firma?
Tutto è partito con quel «devo fare nomi e cognomi», la premessa con cui il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha attaccato Matteo Salvini e Giorgia Meloni che, così ha detto il premier, imputavano al Governo la firma del MES. Nelle ore successive si è scatenata l’ennesima polemica: chi ha firmato il MES? Chi l’ha voluto? Forse Mario Monti pochi mesi dopo aver giurato al Quirinale? Oppure l’ultimo governo Berlusconi in cui la leader di Fratelli d’Italia (allora iscritta al Pdl)? «Il MES è stato deciso dai Capi di Stato e di Governo europei nel dicembre 2010, da definire e mettere in atto dal primo Gennaio 2013. A quel tempo il Presidente del Consiglio era Silvio Berlusconi, ministro dell’Economia Giulio Tremonti. È interessante che molti protagonisti di quel periodo, con l’eccezione di Berlusconi, rinneghino ora quella decisione, che serviva ad aiutare i paesi europei in difficoltà, che a quel tempo erano l’Irlanda e il Portogallo».
La polemica sulla paternità del MES continua anche in questi giorni, seguita anche su Twitter da Lorenzo Bini Smaghi. L’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha dato la propria versione sostenendo che l’ultimo governo Berlusconi avesse firmato un documento in cui era richiesta, in sostanza, la condizione irrinunciabile degli eurobond per una nuova solidarietà europea. «Uno è responsabile di quello che firma – ha concluso Bini Smaghi – Sicuramente a tutti sarebbe piaciuto fare altre cose. Ma si è responsabili per i fatti e non per i propri desideri».
Dovrebbe essere vero per tutti i partiti (e ministri/e) che erano al governo nel 2011…..@lucianocapone https://t.co/DRcXh1OPBx
— Lorenzo Bini Smaghi (@LBiniSmaghi) April 11, 2020