A poche ore dal voto in Parlamento. Il “nuovo” Fondo Salva Stati andrebbe contro gli speculatori
Oggi, mercoledì 9 dicembre, il Parlamento non è chiamato a votare la richiesta di accedere ai fondi del MES per far fronte alla recessione. La premessa è doverosa per sgomberare il campo da possibili fraintendimenti o letture ideologiche del voto che tra poche ore dovrebbe consegnare al Governo Conte un mandato pieno per andare a Bruxelles e appoggiare la riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità. In un anno drammatico tanto per la sanità quanto per l’economia, l’Europa ha deciso di modificare le regole con cui si accede ai fondi di questo istituto fondato nel 2012 e da tempo preso di mira dalle opposizioni in Italia e dall’anima grillina dell’esecutivo. Montecitorio e Palazzo Madama dovranno esprimersi sulla mozione che il premier Conte intende portare ai tavoli europei per far sì che il MES cambi in alcuni punti essenziali.
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte
MES: prima qualche qualche numero
Prima di affrontare i temi chiave di questa riforma che ha tenuto in scacco il governo per giorni, con il Movimento Cinque Stelle sulle barricate fino all’ultimo, è opportuno inquadrare il MES. Il fondo complessivo è di 704 miliardi di euro e l’Italia è il terzo paese per entità di quota versata: 120 miliardi di euro. Nell’ultimo anno lo spettro del Fondo Salva Stati è stato spesso alimentato dalle opposizioni come rischio concreto per l’Italia di perdere definitivamente la propria sovranità nel caso in cui il Governo avesse voluto chiedere le decine di miliardi a tassi di interesse più che convenienti per far fronte alle spese sanitarie dirette e indirette. Gli unici paesi che hanno attivato il MES finora sono stati Irlanda, Portogallo, Grecia, Spagna e Cipro.
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Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte
La riforma
Come è sempre stato, rimarrà in capo ai Governi e ai Parlamenti nazionali la scelta di attivare o meno il MES. Quello che è contenuto nella riforma sono nuove regole per quanto riguarda il fondo di sostegno alle banche in crisi, un nuovo metodo per la gestione dei casi di default e le linee di credito precauzionale. Cominciamo dal backstop: se la riforma del MES passasse in Europa le banche in crisi potrebbero accedere già dal 2022 ai fondi del Fondo Salva Stati in caso di dissesto. Le opposizioni in Italia hanno già spiegato il perché questo sarebbe un male per l’Italia. Ancora una volta il focus è contro la Germania: i sovranisti ritengono che una banca che potrebbe beneficiare di questa novità sarebbe la Deutsche Bank. Chi sostiene invece il backstop lo intende come un paracadute finanziario che potrebbe garantire anche i risparmiatori.
Che succede in caso di default?
Con un debito pubblico enorme, l’Italia è un osservato speciale sui mercati internazionali. Il rischio default non sembra all’orizzonte, ma la seconda novità contenuta nella riforma del MES varrebbe per tutti i paesi in crisi. Finora i casi di Argentina e Grecia hanno dimostrato che, in caso di collasso del sistema economico per insolvenza e incapacità di ripagare i debiti, diversi fondi avvoltoi non hanno avuto alcuna pietà, chiedendo che venisse loro restituito fino all’ultimo centesimo. La riforma del MES potrebbe evitare questa situazione attraverso non più una doppia ma un’unica votazione dei creditori. In buona sostanza: il Fondo Salva Stati riformato con un voto a maggioranza unica avvantaggerebbe una gestione del default più ordinata e meno speculativa.
Il ministro all’Economia Roberto Gualtieri
Linee di credito precauzionali
Come già ribadito, l’accesso al MES non verrebbe mai imposto da Bruxelles. Nel caso in cui un paese sovrano decidesse di farvi ricorso dovrebbe sottostare a determinate regole, come in qualsiasi altra situazione di mercato. Con la riforma del Fondo Salva Stati non vengono introdotte le linee di credito precauzionali – erano già previste – ma viene semplificata la loro attivazione. Nessun obbligo di riforme draconiane in cambio di soldi: questi fondi verranno erogati con impegni minimi.
© Palazzo Chigi
La crisi: tra MES e Recovery Fund
Sul Governo la schiarita sul MES, con la maggioranza che dovrebbe garantire i numeri alla Camera e (soprattutto) al Senato, non basta per far tornare il sereno. Palazzo Chigi ha momentaneamente sospeso il capitolo spinoso del Recovery Fund: Italia Viva rifiuta di affidare a una task force la gestione dei 209 miliardi di euro che spetterebbero all’Italia. In un’intervista al Corriere della Sera, l’ex premier Renzi ha dichiarato che è pronto a non votare la Legge di Bilancio e sfilare le proprie caselle dal Governo. Questo mix di mal di pancia su MES e Recovery Fund non esclude dunque una crisi di governo alle porte del Natale.