Nella splendida cornice dell’aula del ‘400 dell’Università di Pavia si sono alternati racconti di investimenti ad impatto sociale, commercio equo e finanza etica
L’innovazione sociale è la capacità di riuscire a rispondere a dei bisogni ed esigenze sociali attraverso soluzioni, modelli, processi innovativi, senza avere come primo obiettivo l’ottenimento di un profitto economico.
Se quanto sopra può apparire comprensibile anche a chi non si occupa quotidianamente di innovazione sociale, non sempre è evidente quanto già esiste in Italia, magari da decenni, che possa corrispondere a tale definizione.
Crescono le startup sull’innovazione sociale
Grazie all’associazione SIT – Social Innovation teams, ci si è trovati all’Università di Pavia, in una delle aule più rappresentative e storiche, per un confronto con studenti e pubblico, pavese e non solo, dialogandone con membri di organizzazioni come Banca Etica, Associazione CAFE – socia Altromercato, e Italia Startup.
Negli ultimi quattro o cinque anni l’interesse intorno all’innovazione sociale, ed all’impatto positivo che le attività economiche possono avere sulle principali questioni sociali, è molto aumentato, testimoniato dalla crescita di startup ed incubatori a vocazione sociale, da nuove forme societarie dedicate, dall’attenzione dei Media. L’associazione SIT è una delle giovani realtà che sta contribuendo a fare diffusione e amplificazione dei casi positivi di innovazione sociale.
Nata grazie alla spinta di giovani e studenti universitari, si sta diffondendo in diverse università italiane dove, organizzata secondo un principio di rete, gli studenti locali stanno costruendo dei chapter territoriali. E’ una comunità di innovatori ed imprenditori sociali, che, tra le altre cose, nasce subito con uno sguardo ed un pensiero internazionale, collaborando con altre realtà e sostenendo progetti in altri continenti.
L’idea è di realizzare nuove forme di partecipazione attiva creando team di progetto interdisciplinari in grado di valorizzare le competenze specifiche dei suoi componenti.
In quest’ottica, l’evento di Pavia ha dato spazio ad alcune delle realtà locali con cui nascono spontanei confronti e collaborazioni, a partire dall’associazione CAFE di Pavia, socia Altromercato, che ha portato l’esperienza di oltre 20 anni di commercio equo sul territorio. Giovanna Mascheroni, presidente dell’associazione, ha raccontato la sfida di riuscire a comunicare al consumatore contemporaneo il valore e l’impatto che ha il commercio equo nei territori dei produttori, e soprattutto l’innovativa formula del Solidale Italiano.
E’ del novembre 2017 infatti, la risoluzione dell’associazione mondiale del commercio equo (World Fair Trade Organization), che ha sancito come anche nei paesi del nord del mondo sia doveroso sostenere quei produttori che lavorano in condizioni di maggior rispetto della legalità e costruendo valore sociale. Per l’Italia parliamo quindi di prodotti che sono generati in terre liberate dalle mafie, di produttori illuminati che, magari in zone caratterizzate da alta criminalità e caporalato, riescono a essere modelli virtuosi di organizzazione del lavoro e concerto con gli stakeholder del territorio.
Il commercio equo nasce finanziando i produttori in anticipo rispetto alla disponibilità della merce, per permetterne lo sviluppo. E di sviluppo finanziato ha parlato Renata Mondini, del gruppo di iniziativa territoriale di Banca Etica, una realtà che dopo vent’anni di attività mostra oltre 400 soci, una crescita costante, utili e risultati di impatto sociale, operazioni anche al di fuori dell’Italia con una consorella in Spagna.
Soprattutto Banca Etica dimostra che è possibile per il cittadino investire sapendo per che cosa vengono impiegate le proprie finanze, che è possibile essere un’azienda sana ed in crescita con una rete territoriale che organizza e gestisce centinaia di iniziative culturali, che è possibile utilizzare per le proprie sedi unicamente energia prodotta da fonti rinnovabili, per essere i primi a dare l’esempio.
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Nel dibattito della serata spiccano alcuni numeri e considerazioni quantitative, grazie a due recenti osservatori ed analisi: la ricerca sull’impatto sociale degli incubatori/Acceleratori italiani realizzata dal team del Social Innovation Monitor del Politecnico di Torino ed Italia Startup, e la recente anteprima del Social Impact Outlook del Centro di ricerca Tiresia promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano per perseguire finalità di eccellenza scientifica nel campo dell’innovazione sociale ed ad impatto;
La base dati di questi lavori è significativa, ancorché solo riferita all’ecosistema italiano che non è sicuramente particolarmente ricco in materia di investimenti per innovazione, se paragonato ad altre realtà europee. I principali “takeaways” delle ricerche sono stati:
- La conferma della diffusione delle startup con impatto sociale anche in quegli incubatori che sono prettamente dei “business incubators”, quindi con la presenza di una contaminazione che idealmente porterà ad un assottigliamento del confine tra il profit ed il no profit;
- Una sostanziale uguaglianza del fatturato medio delle startup non a significativo impatto sociale e di quello delle startup a significativo impatto sociale: questo insieme anche ad una diversa distribuzione che nel caso di startup a significativo impatto sociale vede una maggior concentrazione su alcune realtà dimensionalmente più importanti;
- Nei numeri dell’osservatorio Tiresia, e dell’offerta di capitali esistente, risalta senz’altro la correlazione inversa tra i rendimenti attesi e la rilevanza dell’impatto sociale: sempre più ci si attendono rendimenti a livello di mercato se la bontà dell’impatto sociale non è elevata.
Ultima considerazione ma non per questo meno importante va svolta sul dimensionamento del capitale già collegato ad imprese ad impatto sociale: in un paese che fatica a mantenere un trend di investimenti in startup innovative oltre i 100M€ annui, vi sono già invece “asset under management”, cioè capitali già investiti, riconducibili ad imprese almeno parzialmente ad impatto sociale nell’ordine di grandezza di circa 8MLD… la strada per la crescita imprenditoriale del nostro paese non potrà non passare per gli investimenti ad impatto sociale e l’innovazione sociale.