La ricerca di Italian Tech Alliance evidenzia la necessità di coinvolgere maggiormente investitori istituzionali e corporate per colmare il gap tra l’Italia e i Paesi dell’UE. Ma, soprattutto, servono i privati
Ammonta esattamente a 2.372 miliardi di euro la somma raccolta dal 2013 a oggi dai fondi di Venture Capital italiani. Di questa cifra, 1.2 miliardi sono già stati investiti nel corso degli ultimi anni per sostenere la nascita e la crescita di startup e PMI innovative, mentre 1.1 sono ancora disponibili per investimenti sia nelle aziende già in portafoglio che in nuove società. I dati emergono dallo studio effettuato da Italian Tech Alliance, l’associazione italiana del Venture Capital, degli investitori in innovazione e delle startup e PMI innovative.
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Venture Capital italiani in numeri
I risultati emersi dalla ricerca condotta da Italian Tech Alliance si affermano in linea con le dinamiche del VC e sono legati a diversi fattori. Tra questi, il fatto che la raccolta di molti fondi sia partita da poco tempo, che gli investimenti di taglio medio siano in crescita, che i fondi debbano accantonare capitali per i follow on e che l’impiego dei capitali avvenga su un orizzonte di almeno 10 anni. Nonostante questo, il divario tra l’Italia e altri Paesi europei c’è. Per colmarlo è necessario un maggiore coinvolgimento di alcuni soggetti, come gli investitori istituzionali e le grandi corporate, che ad oggi contribuiscono rispettivamente solo per il 14,9% e il 19,9% della raccolta, in maniera considerevolmente inferiore rispetto a quanto avviene altrove. «A oggi, le SGR italiane dedicate al Venture Capital hanno a disposizione oltre un miliardo di euro da investire nelle società in portafoglio e in nuove startup, pari a circa il 50% di quanto raccolto complessivamente nel decennio 2013-2023 – afferma Giuseppe Donvito, presidente di Italian Tech Alliance – Questo è stato possibile anche grazie alla attività di CDP Venture Capital per la creazione di nuove SGR o nuovi fondi da SGR esistenti e all’imponente massa di capitali messa a disposizione».
Cosa fare per migliorare
Analizzando le motivazioni di questo gap che segna il divario tra l’Italia e altri Paesi europei, Italian Tech Alliance ha evidenziato che l’European Investment Fund ha effettuato ancora pochi investimenti in VC italiani, essendo presente solamente nel 58% dei fondi partecipati anche da CDP Venture Capital SGR. Inoltre, gli investimenti di corporate e banche nei fondi sono ancora decisamente inferiori rispetto a quanto si verifica in altri Paesi europei come Francia, Spagna e Germania. E gli investitori istituzionali (come ad esempio casse di previdenza, fondi pensione, fondazioni bancarie e assicurazioni) sono la categoria meno presente tra quelle considerate, con un totale impegnato molto inferiore rispetto alla loro potenziale capacità di investimento. All’estero, invece, questi soggetti sono ampiamente presenti nei fondi di VC. Secondo quanto affermato dal presidente Donvito: «Gli investitori privati risultano quelli che in percentuale hanno investito in maniera maggiore rispetto alle altre categorie analizzate. In questo contesto, un elemento positivo è il crescente interesse di operatori stranieri a investire in Italia».
Da dove provengono gli investitori
Secondo la ricerca, solo il 14,9% dei capitali raccolti proviene da investitori istituzionali. Le casse di previdenza professionali, con 164,1 milioni pesano infatti per il 6,9%, con un investimento medio di 10.9 milioni in 15 fondi; le fondazioni bancarie hanno contribuito con 155 milioni mentre i sistemi contrattualistici complementari – Fondi Pensione Negoziali, Fondi Pensione Preesistenti (FPP), Casse e Fondi di assistenza sanitaria integrativa -, presenti in cinque fondi, hanno erogato 23 milioni, con una percentuale sul totale raccolto appena dell’1% e un investimento medio 4.6 milioni. 11,6 milioni sono invece quelli riconducibili a fondi pensione aperti (FPA), piani individuali pensionistici (PIP) e compagnie assicurative, corrispondenti allo 0,5% della raccolta, con un investimento medio di 1,7 milioni e la presenza in soli sette fondi.
A corporate (244,6 milioni) e banche (227,3 milioni) è, invece, riconducibile il 19,9% della raccolta, con le prime che totalizzano il 10,3% delle masse raccolte dai VC, con una presenza in 20 fondi e un investimento medio di 12,2 milioni, mentre le banche rappresentano il 9,6%, sono presenti in 25 fondi e investono in media 9,1 milioni. In controtendenza il dato relativo agli investitori privati, che complessivamente pesano per il 15,7%, risultando fra le categorie maggiormente presenti fra quelle prese in esame, pur a fronte di una minore disponibilità di risorse. Nel dettaglio, i Family Office e altre tipologie di investitori privati hanno sottoscritto fondi per 296,7 milioni (pari al 12,5% del totale investito, con la presenza in trenta fondi e un investimento medio 9.9 milioni) e le SGR 67,3 milioni, corrispondente al 2,8% del totale investito, per un investimento medio di 2,2 milioni e anch’esse presenti in trenta fondi. Il 49,9% della raccolta dei VC italiani è infine riconducibile a investitori sovrani, con CDP Venture Capital SGR e Fondi regionali che contribuiscono per un totale di 693,9 milioni, pari al 29,3% del totale raccolto, per un taglio medio d’investimento di 26,7 milioni nei 26 fondi in cui sono presenti. «Dal report emerge l’importante ruolo di CDP Venture Capital nello sviluppo del VC in Italia – aggiunge Francesco Cerruti, direttore generale di Italian Tech Alliance – Nel primo triennio di attività, che scade proprio in questi mesi, CDP Venture ha finanziato la maggior parte dei fondi attivi nel Paese, e ha l’obiettivo di investire nei prossimi anni più di 5 miliardi nel comparto fra investimenti diretti e indiretti».
A questi si aggiungono, infine, i 488,5 milioni dell’European Investment Fund (EIF), che pesano per il 20,6% sulla raccolta complessiva, con una presenza in 15 fondi e investimenti medi di 32,6 milioni.