I giovani sono spaventati dalla fuga dei cervelli e dal gender gap considerati, rispettivamente, un problema per il 90% e per il 70% di loro
Gli under35 sembra proprio che non abbiano paura dell’intelligenza artificiale, anzi. Per i giovani d’oggi, il futuro si gioca proprio nell’AI. Allo stesso tempo, a fare paura, invece, è la fuga dei cervelli, considerata un problema per 9 ragazzi su 10, e il gender gap. Sono i dati che emergono dall’Osservatorio su Innovazione e Digitale, “Giovani, innovazione e transizione digitale” promosso da ANGI Ricerche in collaborazione con Lab21.01 e presentato durante lo Young Innovators Business Forum.
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I numeri del rapporto di ANGI
Se il 10% degli italiani sostiene che il futuro risieda negli strumenti di IA, tra gli under35 a pensarla così sono il 20%, segnando un cambio di rotta rispetto alle generazioni precedenti che, al contrario, continuano a considerare dominanti altre tendenze come l’e-commerce. Questa categoria, infatti, è individuata come megatrend del futuro dal 10% degli italiani, contro il 3% degli under35, mentre gli “smart places” sono importanti per il 15% della popolazione over35 contro il 4% under35 e l’entertainment per il 15% contro il 12%. «Il potenziale dell’intelligenza artificiale è considerato ancora tutto da esplorare e offre nuove opportunità, oltre che spazio per l’apporto di competenze e idee da parte dei nuovi giovani professionisti che faranno il loro ingresso in azienda», ha commentato Gabriele Ferrieri, presidente di ANGI.
Cervelli in fuga
Nonostante questo, i più giovani si rendono conto del gender gap che ancora fortemente impatta sulla nostra società. Il 70% dei giovani, infatti, ritiene che le donne siano ancora escluse dal mondo tech mentre ben il 90% considera la fuga dei cervelli un problema, contro il 70% degli italiani over35. Tra gli ostacoli che i giovani lavoratori si trovano ad affrontare, per il 64,7% degli under35 lo scoglio principale è dovuto alla richiesta di un’esperienza minima che non hanno ancora avuto occasione di costruire. A seguire, la scarsa propensione delle aziende ad assumere ma anche l’idea per cui un laureato sia troppo qualificato, che rappresenta un fattore rilevante per il 38,9% degli under35. Tra le cause non mancano nemmeno la saturazione dei settori d’interesse e le offerte poco gratificanti. In Italia, per gli under35 trovare lavoro è difficile per una serie di ragioni: le maggiori difficoltà sono rappresentate dalla scarsità di risorse per avviare un’attività o un’impresa (49,7%), turn over occupazionali bloccati (43,5%), poca attitudine all’innovazione e al rischio (32,4%), ma anche poca comunicazione tra domanda e offerta di lavoro (28,6%) e troppa burocrazia (26,2%).
E anche se con percentuali leggermente minori, le stesse cause sono identificate dal campione generale. Ad emergere, invece, è la considerazione del costo del lavoro, che rappresenta un problema per quasi il 25% degli italiani in generale ma per solo l’8% degli under35. Le percentuali tornano ad allinearsi su un tema che ha creato molto dibattito in questi ultimi mesi: il costo troppo alto degli affitti, che impedisce un trasferimento nelle città sede di lavoro.
Il matching domanda-offerta
Nel variegato mondo del lavoro, chi deve mediare tra domanda e offerta? Per gli under35, questo è prima di tutto compito delle università (53,7% degli under35 contro 41,3% del campione totale) e dello Stato (51,7%), che viene invece al primo posto se si considera il totale degli intervistati (53,9%). Al terzo posto ci sono le aziende ma possono giocare un ruolo importante però anche le strutture di coordinamento tra domanda e offerta, le associazioni di categoria e gli enti locali.
L’importanza della tecnologia
Gli under35 mettono al primo posto investimenti in strumenti, macchinari e tecnologie all’avanguardia (36,2%), un gruppo dirigenziale giovane (28,7% vs 23,2%) e la conoscenza degli strumenti digitali (21,4%), diversamente dal campione generale che concorda solo per il 6,7%. Lo stesso divario si osserva rispetto all’apertura a nuove forme di commercio e di contatto col cliente finale, fondamentale per il 23,4% del totale ma appena per il 2,3% dei giovani. In maniera analoga, la capacità di usare in modo nuovo vecchi strumenti, macchinari e tecnologie è importante per l’8,1% del totale e solo per il 2,9% dei giovani lavoratori. Importante è anche la presenza sui social network e di molti giovani tra i dipendenti.
Sostenibilità, smart mobility, cybersecurity
La sostenibilità d’impresa è un elemento considerato inevitabile nei propri business model ed il primo fattore per gli under35. Su questo fronte, infatti, si giocano l’integrazione di valori e il modello di governance dell’impresa con i principi della sostenibilità, importante per il 38,7% dei giovani e per il 32,8% del totale. Segue la sostenibilità del prodotto (o servizio) durante il ciclo di vita e la capacità dell’azienda di giocare il ruolo di “attore di sviluppo”. Al primo posto, per i giovani, è necessario investire sull’innovazione e la tecnologia per migliorare la qualità della vita nelle città (37,1% degli under 35 contro 27,6% del totale), mentre per il campione complessivo la priorità è incentivare acquisto di mezzi elettrici (34,6% contro 29,7% under 35). Da una parte, quindi, si spinge sulla creazione di condizioni favorevoli mentre, dall’altra, si adotta un approccio incentrato sui comportamenti di consumo. Infine, i dati del rapporto raccontano di una crescita di consapevolezza su come proteggersi dai cyber attacchi, considerata un importante strumento da imparare anche a scuola. Per il 25% dei giovani è, infatti, necessario portarla in classe già alla scuola primaria.