E’ noto come il dispositivo che fa suonare gli oggetti. Tutti gli oggetti. E’ stata appena lanciata la nuova versione, con un piccolo esperimento di intelligenza artificiale. La prima volta applicata in musica
Ci sono le barche ormeggiate degli hipster. E c’è l’incessante lavorio di gru che sta trasformando l’East London. Bruno Zamborlin, 32 anni, veneto, ci incontra nell’ufficio situato lungo il canale di Haggerston. È qui che ha lavorato allo sviluppo di Mogees, lo strumento – come dice poeticamente Zamborlin – con cui “suonare il mondo”. O, altrimenti detto, un sensore che trasforma gli oggetti e le superfici in strumenti musicali.
Dopo il lancio della prima versione lo scorso anno con una campagna Kickstarter fulminante (160 mila dollari in pochi giorni e 1600 unità vendute) e un primo finanziamento dal fondo veneto M31 di Ruggero Frezza, Mogees mette radici e si prepara a crescere esponenzialmente.
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eccellenza italiana a Londra
«Siamo partiti in tre nel salotto di casa mia. Ora siamo un team di 16 persone, di cui 13 fisse e tre freelance», racconta Bruno. Un gruppo internazionale, dove, insieme a due italiani, e a qualche inglese, ci sono anche un iraniano, un francese, un cino-irlandese, un islandese e un brasiliano. «Non è stato difficile trovare i miei collaboratori. L’ho fatto soprattutto attraverso vecchi contatti accademici, in particolare dell’IRCAM di Parigi. Ma l’East London offre tutto ciò che cerco: è il cuore delle start-up tecnologiche, e ha anche una scena musicale portentosa. Tutti i miei developer hanno capacità di ricerca e sviluppo ma soprattutto sono musicisti. È il requisito fondamentale».
Come sarà il nuovo Mogees
Tra ottobre e novembre 2015, una nuova campagna Kickstarter ha lanciato la nuova versione di Mogees: il goal di 20mila sterline è stato raggiunto in soli due giorni, e sono state raccolte in tutto 102.606 sterline da 1.041 sostenitori.
«Mogees è stato ridisegnato completamente sia nella versione hardware che software», spiega Bruno. «Abbiamo creato un sensore nuovo, con una qualità più alta. E abbiamo fatto in modo che potesse essere usato non solo con un’app sul cellulare, ma anche con un computer (Mac, Windows e Linus)».
La vera chicca è che questa volta il software interno a Mogees può essere «calibrato», continua Zamborlin. «Puoi costruirti il tuo strumento musicale insegnandogli il tipo di gesti che vuoi fare, e il suono che a ciascuno di essi vuoi associare».
Se per esempio scegli di suonare un tavolo, puoi legare al gesto delle nocche che tamburellano sulla superficie il suono di un basso, e alla monetina che picchietti sul tavolo quello di una chitarra acustica. Poi inizi a suonare usando nocche e monetina. Tu dai ritmo e intensità, Mogees ci mette il suono.
L’apprendimento automatico delle macchine alla musica
«È la prima volta che il machine learning (apprendimento automatico, ndr) viene usato in campo musicale», spiega Zamborlin. «Google se ne avvale per conoscere i gusti degli utenti, la finanza per predire la transazioni, la medicina per tracciare certi dati. Noi siamo i primi ad adoperare l’intelligenza artificiale in un tool che crea strumenti musicali». Il software impara dall’utente come rispondere alle sue azioni.
È, questo, un ulteriore passo verso il sogno di Bruno, quello da cui tutto è nato, quando una sera di un paio di anni fa, in una discoteca londinese, Zamborlin osserva un DJ che si agita sulla console. «Se solo i suoi gesti avessero un suono», pensa. «Mogees vira sempre di più verso l’espressività», dice oggi.
Zamborlin ha creato questa nuova versione durante il 2015, investendo la seconda parte della somma offerta nel 2014 dal fondo M31 e grazie al sostegno di altri due investitori privati italiani: Andrea Gello e Francesco della Rovere. «Tutti italiani», ci tiene a ribadire Bruno, «perché anche l’Italia ha persone disposte a investire nei giovani». In tutto, M31 e i due privati hanno donato un milione di euro.
Dopo la campagna Kickstarter, il nuovo Mogees sarà in vendita su Amazon e nei distributori classici. Ed è soprattutto nel 2016 che Londra diventerà necessaria per la startup. Mogees punta a un investimento tra i 3 e i 5 milioni di sterline. «C’è sì l’Italia pronta a investire sui giovani. Mogees lo dimostra. Ma poi purtroppo per le cifre più alte è necessario spostarsi o a Londra o in California», chiude Bruno, che in testa ha già una nuova versione del suo software: lo chiamerà Mogees Play e sarà pensato per i bambini.
Silvia Favasuli