firma email wapp 3

Moto e libertà: su questo binomio si sono spesi fiumi di inchiostro. Inarrivabile, probabilmente, l’epopea raccontata da Robert Pirsig nel suo libro “Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta”, in cui sostiene che la vera motocicletta a cui stiamo lavorando si chiama ‘noi stessi’. 

E così, anche nel progetto TWEx Two Wheel Experience, c’è molto di questo lavoro “interiore”, un viaggio iniziatico per scoprire meglio chi siamo e chi possiamo essere.  Nato dalla passione per le moto di Osvaldo Verri e Marco Riva il progetto è stato sviluppato e condiviso con l’Istituto Scientifico Medea – La Nostra Famiglia, di Bosisio Parini, in provincia di Lecco, e ha incontrato l’interesse della Federazione Motociclistica Italiana (FMI), da sempre attiva quando si tratta di supportare iniziative a carattere sociale. Le attività coinvolgono ragazze e ragazzi con disturbo dello spettro autistico o disabilità intellettive tra i 15 e i 18 anni di età, affiancati dai motociclisti del Moto Club Erba (Como), e si sviluppano in quattro tappe: conoscenza dello spazio di lavoro e delle attrezzature, conoscenza della moto e preparazione, manutenzione e pulizia della motocicletta, elementi di sicurezza e vestizione.

moto2

Esperienze inclusive sulle due ruote

Proprio per la complessità del progetto, diviso in diverse fasi, non bisognerebbe parlare di moto-terapia, come precisa Massimo Molteni, responsabile dell’area di ricerca in Psicopatologia dello Sviluppo del Medea. «Il nostro è il tentativo di sviluppare esperienze inclusive attraverso le due ruote che possano interessare e appassionare le ragazze e i ragazzi: non puntiamo ad eventi spot, che pure hanno il merito di essere piacevoli, ma ad un percorso che miri all’inclusione». 

«Il nostro lavoro mira a far sviluppare nuove competenze e abilità», sottolinea a Startupitalia lo psicologo Claudio Lazazzera, referente del progetto, per fare in modo che questa esperienza non sia fine a stessa, ma possa tradursi in opportunità concrete sia di crescita personale che di occupazione. «In questo senso l’obiettivo non è fare un semplice giro in moto, quello può essere un punto finale. L’idea è invece quella di un percorso più lungo, anche in un’ottica lavorativa. Ci sono tante realtà in cui le ragazze e i ragazzi potrebbero mettere in campo le conoscenze apprese, ad esempio nelle officine in affiancamento ai meccanici nei lavori di manutenzione e pulizia delle moto. Un progetto educativo pilota che potrebbe essere sviluppato anche a livello nazionale».

Andare oltre la “mototerapia”

«E’ nato tutto in modo spontaneo», racconta a Startupitalia Raffaele Prisco, coordinatore della direzione tecnica della Federazione Motociclistica Italiana. «Come ente di riferimento del settore, e da sempre sensibili alle tematiche sociali, abbiamo da subito sposato l’idea di un progetto che fosse il più completo possibile. Io stesso provengo dal campo biomedico e ci tengo che passi un messaggio corretto, in quanto si tratta di una tematica seria e spesso si sente parlare in maniera impropria di mototerapia, soprattutto perché a volte si tratta di attività che vengono fatte una tantum». 

In questo caso invece – va ribadito – si tratta di un progetto strutturato che si sviluppa nel tempo per dare un contributo duraturo alle persone partecipanti e alle loro famiglie, evitando anche l’effetto rebound. «E’ di certo bello regalare un momento di gioia alle ragazze e ai ragazzi che partecipano al programma, però ci teniamo a sottolineare come in questo caso venga fatto tutto secondo un approccio studiato nel tempo che coinvolge diverse figure professionali, ciascuna nel proprio campo di competenza. Innanzitutto c’è una prima fase di valutazione delle persone coinvolte, da un punto di vista medico-psicologico, poi si passa alla fase di “avvicinamento” al mondo della moto a 360 gradi, che va dall’equipaggiamento fino alla conoscenza del mezzo vero e proprio».

Obiettivo: progetto a lungo termine e in tutta Italia

Questi passaggi sono importanti per «fare in modo che i partecipanti abbiano il tempo necessario per prendere un contatto progressivo e rassicurante con la moto, riconoscano questa nuova realtà per trarne il meglio e, soprattutto, possano poi ripetere questa esperienza nel tempo, sempre seguendo i consigli dei medici referenti e dei nostri motociclisti esperti», conclude  Prisco. «Come Federazione Motociclistica Italiana crediamo molto in questo progetto e speriamo che ci sia anche l’appoggio delle istituzioni, perché possa esserci non solo un riconoscimento ma anche uno sviluppo strutturato nel tempo e su tutto il territorio nazionale».