Una ricerca britannica sostiene che l’utilizzo dello smartphone a scuola peggiori i risultati scolastici degli alunni. Altri esperti sostengono il contrario
Il cellulare in classe distrae o può essere uno strumento per fare lezioni 2.0? L’amletico dubbio che vede da una parte i rivoluzionari della didattica e dall’altra i conservatori della scuola stile libro “Cuore”, resterà un quesito per molti visto che una ricerca inglese, pubblicata dal The Guardian ha dimostrato che “nelle scuole in cui il telefonino è bandito, i voti sono più alti”. La sentenza è arrivata dal “Centro per le Perfomance Economiche” della London School of Economics.
I ricercatori Louis-Philippe Beland e Richard Murphy, hanno preso in esame 91 scuole superiori di quattro città inglesi differenti e hanno confrontato voti e prassi dei professori rispetto all’uso del telefonino in classe. Risultato? Le pagelle dei ragazzi che non usano smartphone hanno punteggi più alti del 6,41% in media. Evitare il telefonino in aula aiuta soprattutto, secondo questa indagine, gli studenti con i voti più bassi. Chi se lo porta in classe perde ogni anno l’equivalente di una settimana di lezione, secondo Beland e Murphy.
L’analisi fatta dalla ricerca britannica riapre un dibattito che finora non ha trovato un punto fermo di là delle circolari ministeriali che vietano l’uso dello smartphone in maniera anacronistica. Va detto, infatti, che il dossier inglese non nega che se, usato correttamente, il cellulare possa essere un aiuto nello studio.
Chi sta ogni giorno in classe sa, dall’altro canto, che lo smartphone è uno strumento che fa parte della vita dei nostri ragazzi fin dalla più tenera età. Una delle richieste più ricorrenti da parte dei miei alunni di nove-dieci anni è: “Maestro, possiamo portare il cellulare a scuola?”. Va detto con franchezza che oggi non siamo più di fronte a cellulari che hanno un utilizzo legato solo al telefonare o all’aspetto ludico: gli smartphone hanno la possibilità di navigare; possono scaricare applicazioni utili alla didattica; essere utili durante un viaggio d’istruzione per fare da guida in un museo.
Il problema sta in chi insegna, nel saper gestire il rapporto con il mezzo, nell’educare all’uso del telefonino. La ricerca britannica, tuttavia, avvalla ciò che sostengono i fans del “no al cellulare in classe” ovvero che distrae, che non permette di essere concentrati. Chi conosce bene i bambini sa, al contrario, che spesso l’uso della tecnologia ha permesso di conquistare anche i ragazzi più problematici.
Secondo la fondazione olandese Snappet che in Italia ha introdotto in centinaia di classi l’uso del tablet in classe attraverso la sua piattaforma digitale, i risultati sono sorprendenti: “Nelle prove Cito (equivalenti all’Invalsi) olandesi le prime trenta classi che hanno usato la piattaforma Snappet sono avanzate di 20 punti percentuali”.
Il problema non è pertanto legato al cellulare ma a chi lo fa usare e al come si utilizza. Il braccio di ferro tra insegnanti e ragazzi, dettato da una circolare che risale al 15 marzo 2007 dove si proibiva l’uso del telefonino, non porterà da nessun parte. Basterebbe guardare oltre i confini per fare qualche passo in più: in Svezia, per esempio, l’utilizzo del telefonino in classe non è regolato da direttive nazionali ma ogni scuola è libera di scegliere se vietarlo o meno.