Cesare Cacitti è un maker precoce. A soli 13 anni ha costruito una stampante 3D, e da poco ha avuto un finanziamento dalla Regione Veneto per un fablab. Aprirà la terza edizione della Maker Faire Rome
Sono cresciuto pensando che tutto fosse possibile e che Harry Potter ogni tanto volteggiasse nella mia camera. La nonna Vittorina mi faceva trovare tesori sepolti secoli fa dai pirati nel suo giardino e mi aiutava a trasformare farina, sale e acqua in sculture, il nonno e il papà mi insegnavano a trasformare il legno e il ferro in oggetti che a me sembravano bellissimi, con la mamma improvvisavamo concerti con strumenti improbabili e con la nonna Renza un pezzo di stoffa diventava un paio di pantaloncini. Tutte queste erano magie per me. Crescendo i miei interessi si sono focalizzati sull’elettronica e l’informatica.
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Un groviglio di fili comandato da un tastierino facevano accendere una piccola luce; due vecchi lettori dvd e una scheda arduino facevano disegnare una penna. E queste erano magie per la mamma. Io, invece, ero riuscito, a forza di provare, sbagliare e riprovare, a carpire i segreti degli elettroni: la mia bacchetta magica rispondeva ai miei comandi.
E’ un ricordo ancora vivido, per me e per i miei genitori. Siamo nella mia cameretta, seduti a terra davanti a quella che per me era la stampante 3D, ma per i miei genitori semplicemente un agglomerato di alluminio, schede elettroniche e fili: lancio un comando dal mio pc (un vecchio portatile dismesso da amici) e gli assi x e y si spostano in sincrono. Un attimo magico in cui un sogno si trasforma in realtà, un attimo di pura gioia.
Per me essere maker significa riuscire ad essere autonomo, capire il senso delle cose, scavare in profondità. Vuol dire sapere e saper fare. Sbagliare e riprovare. Significa che non importa quanti anni hai, dove vivi e che lingua parli. Importa solo quello che sai fare e quello che riesci a condividere.
E andare alla Maker Faire di Roma è come andare a Hogwarts: ci si incontra tra simili, si condividono le magie e se ne imparano di nuove. E’ la scuola che ogni ragazzo vorrebbe frequentare, dove si impara provando a fare e dove gli insegnanti si divertono un sacco.
E poi c’è lui, Albus Silente, che ti spinge a fare sempre meglio e sempre di più, che non pone limiti al possibile, ma che con un semplice sguardo ti incoraggia e protegge. Quell’Albus che non si accontenta di essere l’unico, ma chiama nella sua scuola tutti quelli che hanno voglia di fare, di imparare e di insegnare. Questo è il mio mondo.