Navid Azodi e Thomas Pryor della Washington University hanno brevettato un software capace di trasformare in testo o in voce i gesti del linguaggio dei segni, ed hanno vinto 10 mila dollari
Linguaggio orale e linguaggio dei segni: due modi diversi di comunicare, distinti l’uno dall’altro, senza possibilità di traduzione diretta, se non attraverso software molto complessi. Due mondi separati che finiscono per isolare chi è costretto ad usare solo i gesti per comunicare. Da oggi le cose stanno per cambiare. Navid Azodi e Thomas Pryor, studenti di secondo anno rispettivamente di economia ed ingegneria aerospaziale alla Washington University, hanno inventato degli speciali guanti capaci di tradurre in testo o in voce il linguaggio dei segni. L’idea è valsa ai due giovani universitari i 10 mila dollari del Lemelson-MIT Student Prize, concorso a cui hanno partecipato studenti provenienti da 77 diversi college in giro per gli Stati Uniti. Il premio, ogni anno, raccoglie i migliori studenti “inventori” degli States: Navid Azodi e Thomas Pryor hanno vinto la categoria “Use it” che premia le idee basate sulla tecnologia che migliorano l’esperienza utente dei dispositivi digitali.
SignAloud
La loro idea si chiama “SignAloud” e consiste in un software che mette in collegamento i guanti con un computer centrale che sintetizza i movimenti traducendoli in parole e frasi. Il collegamento avviene via wifi o bluetooth, rendendo così ancora più agevole l’uso delle braccia. In pratica basta indossare i guanti e muovere le mani secondo il linguaggio dei segni: il computer tradurrà in maniera istantanea quello che si sta dicendo. I due studenti avevano presentato la loro invenzione al CoMotion MakerSpace della Washington University, uno spazio del campus che mette a disposizione strumenti e macchinari per creare e inventare: insomma, una specie di laboratorio per tutti gli studenti maker dell’università.
Guanti da usare tutti i giorni
Non è la prima volta che qualcuno cerca di inventare uno strumento capace di tradurre la lingua dei segni, ma come spiega lo stesso Pryor «molti dei device utilizzati fino ad oggi avevano bisogno di un input video, oppure avevano dei sensori sensibili al movimento delle braccia e dell’intero corpo. Insomma, non erano pratici. Noi abbiamo pensato a dei guanti che fossero funzionali, degli accessori usati tutti i giorni, come fossero lenti a contatto o cuffie per ascoltare la musica». Azodi e Pryor hanno pensato a questi guanti per le persone sorde o con problemi di udito, ma non solo: potrebbero essere utilizzati per monitorare i pazienti nella fase di riabilitazione o per sviluppare la sensibilità della mano nella realtà virtuale.
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