Il Tech Tour fa tappa a Torino e Roma. È un evento che mette di fronte startup selezionate e investitori. Marco Trombetti (Pi Campus): “È un modo per dire che che le cose sono cambiate”
È la quarta volta che passa dall’Italia in 18 anni. La seconda dedicata solo alle startup di casa nostra. Il Tech Tour torna con la cadenza dei grandi eventi, come le olimpiadi o i mondiali di calcio. La manifestazione seleziona le società con le maggiori prospettive di crescita e le presenta a una platea di venture capital e business angel (per il 40%), tech company (30%) banche (20%) e media (10%). Tre giorni di incontri e presentazioni in due tappe: a Torino (il 15 novembre) e a Roma (il 16 e il 17). In Piemonte il focus sarà su industria 4.0 e smart city. Nella capitale, ospitati da PI Campus, i protagonisti saranno Ict e digital tech.
Che cos’è il Tech Tour
Il Tech Tour è stato fondato nel 1998, a Ginevra, dal venture capitalist Sven Lingjaerde. Obiettivo: “Cambiare il panorama industriale europeo”. Con incontri itineranti che, di volta in volta, si concentrano su un settore, un’area o un singolo Paese. La prima volta italiana nel 2003. Il ritorno nel 2011 (in un appuntamento dedicato al Sud Europa, tra Roma e Bilbao). Poi il passaggio nel 2013, ma con base settoriale (Cleantech) e non geografica.
Le tappe sono precedute da una selezione, ad opera di una commissione.
Quella dell’Italian Tech Tour 2016 è composta, tra gli altri, da Matteo Bonfanti (Quadrivio), Alvise Bonivento (Atlante Ventures), Marco Cantamessa (I3P), Andrea Contri (Intesa Sanpaolo), Giuseppe Donvito (P101), Claudio Giuliano (Innogest), Giorgio Guidi (The Hive), Cesare Maifredi (360° Capital), Aurelio Mezzotero (Italian Angels for Growth), Anders Nilsson (growITup), Timothy O’Connell (H-Farm Ventures), Sergio Zocchi (United Ventures).
Non si tratta di una competizione. È un evento che fa incontrare tutti i protagonisti di un ecosistema. Per capirlo basta scorrere la lista degli speaker. Ci saranno, tra gli altri, Domenico Arcuri, ceo di Invitalia; Stefano Firpo, direttore generale del ministero dello Sviluppo economico; Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio. Con un keynote di chiusura affidato a Riccardo Zacconi, ceo di King.com.
“Ehi, in Italia le cose sono cambiate”
Marco Trombetti, fondatore di Pi-Campus, spiega com’è nata l’idea di portare il Tech Tour in Italia. “Lo scorso anno Translated, l’azienda che ho fondato e attorno alla quale è nato Pi Campus, è stata premiata dal comitato di Tech Tour 50 come una delle aziende tech europee che crescono più velocemente.
Quando sono andato a ricevere il premio in Svizzera, molti degli investitori con cui ho parlato mi hanno chiesto informazioni su Pi Campus e l’Italia e sono rimasti sorpresi da quello che ho raccontato. Mi sono offerto di dar loro una mano, per far vedere che sta succedendo qui da noi”. A cosa servirà? “Credo – continua Trombetti – che farà bene al nostro ecosistema.
Lancia un messaggio a tutta Europa: ‘Ehi, in Italia le cose sono cambiate, venite a vedere’”. Il Tech Tour è “un’occasione rara. Quando mai abbiamo visto così tanti investitori europei dalle nostre parti? Tutti insieme? Disposti a investire? Perché queste persone vengono qui in cerca di affari come hanno fatto in passato con Yoox, Octo Telematics o Job Rapido.
Se convinciamo qualche investitore europeo, allora il passaparola farà il resto e in pochi anni vedremo l’ammontare degli investimenti nelle startup italiane crescere notevolmente”. Con un però: “Attenzione che i soldi non fanno la differenza: quella dobbiamo farla noi, pensando in grande, accettando la paura come qualcosa di buono e accelerando ancora più di quello che abbiamo fatto negli ultimi anni”.
Un nuovo rinascimento
Sono passati 13 anni dall’ultimo Tech Tour dedicato solo alle imprese italiane. Un’era geologica, come si nota da un video dell’evento, dagli stilemi quantomeno datati. Nel 2003 il mondo dell’high tech si sta riavendo dall’esplosione della bolla. Facebook sarebbe stato lanciato da lì a un anno in una stanzetta di Harward. Microsoft fa la corte a un società in ascesa, Google. E Steve Jobs sta negoziando con le case discografiche europee il lancio di iTunes.
Nel frattempo, non è cambiato solo il business ma anche il vocabolario. L‘Italian Tech Tour 2003 non parla di startup ma di “giovani aziende”. Un integralismo lessicale che, al netto della frenesia anglofona che verrà, racconta quanto il mercato del venture (di madrelingua inglese) fosse ancora lontano. “Oggi stiamo vivendo un nuovo rinascimento”, afferma Giuseppe Zuco, co-fondatore di Octo Telematics.
Nel Tech Tour del 2003 presentava la sua startup. Oggi, dopo averla resa una multinazionale miliardaria, è co-presidente e partner dell’edizione 2016. “L’Italia sta diventando un player importante in settori come food tech, fintech, aerospace e AI. L’Italian Tech Tour sarà una piattaforma che mostrerà questi sviluppi”.
Chi c’era nelle edizioni precedenti (e cosa fanno oggi)
La commissione del Tech Tour selezionò 27 giovani aziende (italiane) nel 2003 e altre 25 nel 2011 (dal Sud Europa). Alcune non esisto più. Altre (una buona percentuale) hanno fatto strada. Sono le loro storie, più che numeri ed elenchi, a raccontare l’efficacia dell’evento. L’esempio di maggior successo tra le startup presenti nel 2011 è quello di Jobrapido e del suo fondatore Vito Lomele. Il sito consente di cercare lavoro in oltre 40 Paesi.
Partito dalla Puglia, si presenta al Tech Tour a cinque anni dalla fondazione. Un anno dopo avrebbe realizzato una exit da 30 milioni, vendendo al Daily Mail. Tra le selezionate c’era anchela bolognese Silicon Biosystem, acquisita dal gruppo Menarini nel 2013, E Blomming, piattaforma di e-commerce capace di attirare un round da 1,3 milioni a sette mesi di distanza dalla sua presenza al Tech Tour.
Nel 2003, un ragazzo di 34 anni presenta la sua startup, nata meno di tre anni prima. Vuole vendere il made in Italy sul web e, come da mitologia tech, ha iniziato il suo percorso da un garage di provincia, a Casalecchio di Reno, Bologna.
Lui è Federico Marchetti, la sua società è Yoox. Qualche anno dopo sarebbe diventata il primo unicorno italiano.
Sicurezza e IoT sono il business di Yogitech, che ha attirato l’interesse di Intel (sponsor del Tech Tour nel 2003), arrivata fino a Pisa per acquisire la società. L’allora general manager, Gabriele Orlandi, dimostrava già di avere le idee chiare: “Il mio intervento – dice alla platea – non si focalizzerà sulla nostra tecnologia ma solo su chi siamo, dove siamo e dove vogliamo andare”. Nella lista c’è anche Mutui on line. Allora era un sito, fondato da Alessandro Fracassi e Marco Pescarmona.
Oggi, dopo aver lanciato altri prodotti come Segugio.it e Trovaprezzi.it, è un gruppo quotato con una capitalizzazione che sfiora i 300 milioni di euro. Nel Tech Tour di Milano e Venezia c’erano anche Buongiorno e il suo fondatore Mauro Del Rio. Oggi è una multinazionale che produce contenuti per dispositivi mobile.
Quotata sin dal 2003, viene conquistata dalla giapponese NTT DoCoMo con un’Opa non ostile da 224 milioni. All’interno di Buongiorno è nato B-Ventures, l’acceleratore che ha nel proprio portafoglio DnaPhone, MusicRaiser e Oval Money. Spunta, più volte, il nome di Octo Telematics. Selezionata nel 2003 (quando era stata fondata da pochi mesi), è stata inserita quest’anno da Tech Tour nella lista delle 50 startup europee cresciute di più nell’ultima decade.
Oggi fattura 300 milioni di euro e punta a quotarsi al Nasdaq. E da candidata in vetrina si è trasformata in partner dell’edizione 2016. Il cerchio si chiude.
Le 4 storie di eccellenze italiane
Octo è anche una delle quattro startup italiane che verranno raccontate come storie di successo. Le altre sono Expert System, Memopal e Translated. Expert System è una società che si occupa di software semantici.
Fondata a Modena nel 1989, nel 1994 ha venduto a Microsoft Errata Corrige, il primo correttore automatico in lingua italiana. Da lì i clienti si sono moltiplicati, con un focus sempre più centrato sul B2B. Fino alla quotazione nel febbraio 2014.
Memopal e Translated hanno percorsi intrecciati. La prima ha sviluppato un sistema di backup online. Nata nel 2007, ha venduto lo scorso agosto alla londinese Defenx il 95,2% del proprio capitale per 2,3 milioni. I suoi padri, Gianluca Granero e Marco Trombetti, sono anche tra i fondatori di PI-Campus. La terza è Isabelle Andrieu, che accanto a Trombetti ha costruito Translated. La società sviluppa software che applicano l’intelligenza artificiale alla traduzione. E tra i propri clienti ha Hewlett Packard, IBM e Youtube. Il Tech Tour l’ha inserita tra le migliori 50 scale-up d’Europa (unica italiana con Octo).
Tra scetticismo e potenzialità
Quando si parla di high tech e startup, torna spesso la parola futuro. Ed è giusto così. Ma 13 anni sono un periodo sufficiente per guardarsi indietro. Per capire che cosa è cambiato e se le previsioni siano diventate realtà. Sven Lingjaerde parlava così all’apertura dell’edizione 2003: “Organizzando questo appuntamento, abbiamo incontrato lo scetticismo non solo degli investitori stranieri ma anche dell’Italia.
Perché molti pensavano che in Italia non ci fosse un interesse tale da giustificare una tappa del Tech Tour”. Non a caso, la manifestazione era passato prima da Svizzera (due volte), Irlanda, Svezia, Germania, Finlandia, Spagna, Francia, Scozia, Olanda e Norvegia. Ancora oggi, come raccontato da Trombetti, molti investitori sono stati “sorpresi” dal racconto della scena italiana. Ma l’accoglienza, quest’anno, è stata diversa. C’è il sostegno di Commissione europea, Camere di commercio e RaiWay.
E accanto alle tech company, tra i partner sono arrivati anche banche (Intesa Sanpaolo), investitori (Invitalia, Aifi) e incubatori (I3P). “Alcuni nostri partner – diceva ancora nel 2003 Lingjaerde – hanno sottolineato come manchi un ecosistema capace di sostenere le imprese e renderle competitive a livello globale”. A 13 anni di distanza l’ecosistema è in costruzione. E resta il problema della scalabilità. Il fondatore del Tech Tour concludeva però con delle note di ottimismo: “Siamo convinti che le startup italiane abbiano le potenzialità per essere all’avanguardia in diversi settori dell’high tech”.
Come? Gli ingredienti, affermava “sono simili a quelli degli altri Paesi europei”. E non sono cambiati di una virgola nonostante i lustri: “Gli imprenditori non devono solo avere conoscenze ed esperienza ma anche visione e passione. Audacia e prudenza, leadership e capacità di delegare, fiducia in se stessi e umiltà. Non occorre essere superuomini ma manager equilibrati”.