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Rachele Berria è responsabile medico dell’area diabete in Sanofi. Un ruolo che si è conquistata andando negli Stati Uniti: “Sono orgogliosa di far parte della Big Data Revolution” ci dice
Rachele Berria è una donna che si è conquistata giorno dopo giorno la sua leadership. Una vera Unstoppable Women diremmo in StartupItalia: una lavoratrice infaticabile e di successo ma che riesce a far emergere grazie al suo carattere una profonda umanità ed essere fonte di ispirazione per molte ragazze che oggi si trovano a lavorare sulla propria personalità per farne un punto di forza. Rachele Berria, che è oggi responsabile medico dell’area diabete in Sanofi, ha iniziato a pensare al modo in cui poteva cambiare il mondo fin da bambina; ha deciso di intreprendere un percorso scientifico e di mettersi in gioco trasferendosi dalla Sardegna agli Stati Uniti da dove è riuscita a lavorare a diversi studi clinici e a presentere i dati clinici di un farmaco alla Food and Drug Andministration e ottenere un parere positivo per la sua commercializzazione. “Per me è stato per me un momento di grande orgoglio. Questo farmaco potrà trattare pazienti diabetici in tutto il mondo anche grazie a questo traguardo”. Oggi è fiera di far parte della Big Data Revolution ed è convinta che l’Intelligenz Artificiale applicata al farmaco sarà un passo avanti importante per i pazienti che potranno usufruire di una sanità più efficiente e personalizzata. Rachele, oltre a essere una ricercatrice e a ricoprire un ruolo di responsabilità in azienda è anche una mamma che ha capito che il lavoro nella vita famigliare è un punto di forza: “Prendiamo il coraggio di osare, allora non ci fermerà più nessuno”.
Rachele è stata tra le speaker di Unstoppable Women, l’evento che abbiamo portato alla UniCredit Tower in occasione della Milano Digital Week. L’abbiamo intervistata per farci raccontare qualcosa di più sulla sua carriera e per farci dare qualche consiglio
L’intervista
1) Una carriera brillante, come la sua, parte da determinazione e lavoro costante. Quali sono secondo lei i punti di forza delle donne e cosa devono mettere in campo per riuscire a raggiungere posizioni apicali in azienda?
Per nostra stessa natura, noi donne abbiamo doti di intelligenza emotiva particolarmente sviluppate. Abbiamo capito che la razionalità non può bastare. Combinare razionalità e pensiero emotivo ci riesce facile. Penso che sia questo il vero punto di forza che ci permette di arrivare in alto. Sin dall’adolescenza, i fenomeni ciclici che caratterizzano il nostro essere donna ci temprano al dolore. Diventare madri ci rende poi esperte in project management. Per riuscire a conciliare gli impegni di lavoro con la nostra vita familiare, gli impegni dei nostri figli, il nostro lavoro di prioritizzazione e delega è costante, quotidiano. Quello che all’apparenza è un aggravio per la nostra vita professionale a un certo punto però si trasforma in un punto di forza. E’ proprio quando ci rendiamo conto di quanta esperienza di leadership tutto questo ci ha permesso di guadagnare negli anni e che prendiamo il coraggio di osare, che allora non ci ferma più nessuno!
2) Dal punto di vista lavorativo qual è il risultato che rivendica con più orgoglio? E dal punto di vista personale?
L’aver presentato i dati clinici su un farmaco all’ente regolatorio americano (la Food and Drug Administration) e aver ottenuto un parere positivo per la sua commercializzazione è stato per me un momento di grande orgoglio. Questo farmaco potrà trattare pazienti diabetici in tutto il mondo anche grazie a questo traguardo. Sono anche molto fiera di essere parte di quella “big data revolution” che sta trasformando il mondo della salute; l’intelligenza artificiale al servizio del paziente per una sanità più efficiente e personalizzata. In questa attività non sono sola ma posso contare sul supporto del mio grande team. Un gruppo ricco perché formato da persone non solo di generi diversi ma che mette insieme esperienze professionali e culturali diverse. Un gruppo creativo e vincente. Dal punto di vista personale invece conservo un ricordo meraviglioso di mio figlio Matteo. Aveva 7 anni quando tornò a casa con un bellissimo disegno. Tanti grattacieli colorati e una scritta: “My Mom is bright and busy like Las Vegas!” (mia mamma è luminosa ed indaffarata come Las Vegas). E’ stato bello vedere con i suoi occhi di bambino come un modello di mamma decisamente diverso, il mio, fosse in realtà stato accettato dai miei figli!
3) Com’è stato l’inizio della carriera? E’ vero secondo la sua esperienza che ci sono più difficoltà per le donne rispetto che per gli uomini?
Faccio fatica a capire quando è realmente iniziata la mia carriera. A sentire mia madre, già da bambina sognavo di partire per gli Stati Uniti. A pensarci bene credo quindi che la mia prima difficoltà di carriera sia stata proprio quella di continuare a sognare e a fare progetti, a dispetto degli sguardi divertiti e scettici di familiari e conoscenti. Sì, indubbiamente per una donna è tutto più difficile. Il più delle volte tendiamo più ad essere perfette che ad essere coraggiose. E poi, non ci facciamo chiarezza sulle nostre priorità con sufficiente frequenza. La società, dal canto suo, continua ad usare stereotipi classici. Ricordo che anni fa una promozione non mi fu nemmeno proposta. Quando chiesi spiegazioni mi fu risposto che volevano farmi un favore…visto che avevo figli piccoli e avrei fatto fatica ed essere una buona mamma o avrei fallito nelle loro aspettative. Oggi però vedo davvero segni di cambiamento importanti e ne sono davvero contenta.
Consigli e insegnamenti
4) Consiglierebbe a una ragazza di provare la carriera all’estero?
Certo! Per me gli Stati Uniti hanno rappresentato un’opportunità incredibile per fare ricerca clinica. Se fossi rimasta in Italia forse non avrei mai potuto fare questa esperienza agli stessi livelli. Consiglio a tutte di mettersi alla prova! Per alcune può voler dire andare all’estero, per altre può voler dire trasferirsi in un’altra città o, più semplicemente, avere il coraggio di cambiare lavoro. Ogni cambiamento ci fa imparare ad esplorare, a sopravvivere e a crescere in un ambiente che non ci è familiare, allarga i nostri orizzonti e sposta l’ago della nostra bussola e dei nostri interessi.
5) Qual è il più grande insegnamento che ha ricevuto in questi anni e che vorrebbe condividere oggi?
Tendiamo ad essere perfezioniste e ad essere le prime a giudicare severamente noi stesse. In realtà accettarci per quello che siamo è il momento necessario per trovare la spinta e trasformarla in coraggio! Guardare alle sconfitte è importante solo nella misura in cui siamo in grado di trasformarle in nuove opportunità e in forza vero il futuro. Non siamo mai arrivate, ogni punto di arrivo è una nuova partenza. Questa è l’essenza della vita, continuare ad esplorare ed imparare, e godere del viaggio, più che della destinazione in se stessa.