Pesano gli effetti della pandemia e dei lock down sui conti del Gruppo
La Milano da bere non esiste più da decenni. Non è stata certo la “Coronacrisis” a metterci sopra una pietra tombale. Ma la Milano degli “ape”, degli “aperelli”, delle “apericene” (sì, di fronte a simili temi viene l’orticaria, è normale) quella esisteva e resisteva ancora. Non a caso quando l’epidemia ancora non era esplosa e l’amministrazione cittadina pensava di poter curare il Covid-19 con l’hashtag #Milanononsiferma una delle ultime, criticatissime, scenette politiche a cielo aperto fu proprio un aperitivo del segretario del PD Nicola Zingaretti lungo i Navigli. Quella Milano è stata travolta dalla quarantena, che l’ha congelata, congelando anche i suoi pub e suoi aperelli. Un danno economico senza precedenti, solo in parte fotografato dai dati di vendita resi noti da Campari…
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Campari, trimestrale giù per Covid-19
Campari (che racchiude al proprio interno marchi storici del settore come Aperol, Cynar, Crodino, Averna, ecc…) ha infatti reso noto di aver chiuso il primo trimestre 2020 con vendite pari a 360,2 milioni di euro, in calo del -2,7% a livello totale. La nota della società specifica che «Il risultato riflette una performance organica negativa delle vendite, pari a -5,3%, un effetto positivo dei cambi del +0,7%, guidato da un rafforzamento del dollaro americano nei confronti dell’euro, oltre che l’effetto positivo del perimetro del +1,9%», spiegano dal Gruppo, che aggiunge che la variazione organica è stata ottenuta in un trimestre a bassa stagionalità e influenzata da una base di confronto sfavorevole (+9,6% ne primo trimestre 2019).
Dopo un inizio d’anno positivo, la performance è in gran parte dovuta alle chiusura del canale on-premise nel mercato italiano a partire da marzo per fronteggiare la pandemia da Covid-19, che ha più che compensato la crescita resiliente in Nord Europa, Stati Uniti, Canada e Australia. Il margine lordo è stato pari a 209,0 milioni, in calo del 6,6% a valore (-250 punti base), pari al 58% delle vendite. L’utile prima delle imposte rettificato (con costi dei materiali, costi di produzione e costi di distribuzione) è stato pari a 34,7 milioni (-45,7%). L’utile prima delle imposte è stato di 30,6 milioni, in calo del -51,6%.
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Il Gruppo comunque non ha smesso di crescere: la società infatti ha chiuso l’acquisto di Champagne Lallier per 21,8 milioni di euro, dopo una trattativa iniziata a metà aprile con Ficoma per l’acquisizione prima dell’80%, poi della totalità del capitale nel medio termine.