Il rapporto della Camera statunitense non lascia dubbi, e l’eventuale vittoria di Biden condurrebbe a uno smembramento dei b”big four” della tecnologia statunitense: ecco come il social tenta di resistere all’assalto
Il Congresso degli Stati Uniti ha pubblicato nei giorni scorsi un corposo report da quasi 400 pagine in cui convalida in sostanza quella che era la tesi della senatrice del Massachusetts ed ex candidata alla Casa Bianca Elizabeth Warren: i colossi del tech occupano posizioni troppo ingombranti per consentire la concorrenza, quindi vanno smembrati. Lo abbiamo raccontato molto bene qui.
“La nostra indagine ha rivelato un modello allarmante di pratiche commerciali che degradano la concorrenza e soffocano l’innovazione” si legge nel severo rapporto, frutto anche delle “grigliate” (per usare un divertente pseudoanglicismo) della scorsa estate in videoconferenza dei top manager di fronte al sottocomitato antitrust della Camera statunitense, da Mark Zuckerberg a Jeff Bezos passando per Sundar Pichai e Tim Cook. Ciascuno ha i suoi problemi: Amazon avrebbe drogato il mercato di fornitori e servizi, in generale delle “supply chain” statunitensi e internazionali, Google la ricerca e il monopolio della pubblicità online, Apple è nel mirino per le regole dell’App Store. Ma al centro della questione c’è Facebook, il social-continente che è accusato di aver creato una piattaforma troppo grande e asfissiante, in particolare acquistando, nel 2014, anche Instagram. Un gioiellino da un miliardo di dollari che oggi, con dieci anni di vita alle spalle, ne vale un centinaio.
David Cicilline
Il capo dem della concorrenza Usa: “Smembrare Facebook è cosa giusta”
Secondo il capo del comitato, il 59enne democratico David Cicilline del Rhode Island, separare Facebook da Instagram sarebbe una buona mossa. Da quel che riporta Reuters, infatti, Cicilline ha spiegato anzi che il social cofondato da Zuckerberg non avrebbe dovuto essere “autorizzato a comprare Instagram”. Aggiungendo che “smembrarlo sarebbe la cosa giusta e la risposta corretta” alla posizione dominante della piattaforma, che fra tutte le sue creature mette insieme oltre tre miliardi di utenti. Nel rapporto si legge d’altronde una pura e però surreale constatazione, almeno prima del successo di TikTok. E cioè il fatto che Facebook competa più in chiave interna, fra i diversi prodotti che controlla, che con soggetti esterni al colosso.
Facebook punta a integrare le sue app per non farsi smembrare
Alla luce di queste constatazioni le strategie degli ultimi due anni di Facebook, così come le ultimissime mosse – per esempio l’unione dei servizi di messaggistica di Instagram e Messenger a cui si aggiungerà presto anche WhatsApp – assumono una nuova luce. L’impressione è che, oltre alla volontà di fornire alla marea di utenti servizi più intimi, riservati e personalizzati costruendo una piattaforma differente rispetto al passato, l’obiettivo del colosso fosse già da tempo quello di spingere su una fortissima integrazione anche in chiave anticoncorrenziale. Per fare cioè di Facebook un solo ecosistema molto complesso da smembrare, dividere, fare a pezzi seguendo la vecchia divisione di applicazioni e piattaforme acquisite negli anni e progressivamente risucchiate in un’esperienza digitale senza soluzione di continuità. E dunque, come si diceva, difficili da obbligare alla cessione forzosa perché parte integrante di un unico organismo social nel quale gli antichi confini si fanno sempre più fragili.
Se vince Biden, lo spezzatino è assicurato
La tappa successiva, e gli sviluppi possibili, li vedremo dopo le elezioni, a partire dal prossimo anno. La scelta democratica è chiara – spezzatino in salsa social – e in tempi sorprendentemente rapidi gran parte dello stato maggiore democratico si è appunto allineato a quelle posizioni della senatrice Warren solo pochi mesi fa ritenute estremiste (e non a caso fortemente temute da Zuckerberg, come dimostrò una registrazione di un incontro riservato con i dipendenti dello scorso anno). Nel frattempo, secondo un’analisi di Wired US, la Silicon Valley non ha mai puntato come ora sul candidato democratico in termini di donazioni e finanziamento. Proprio quel Joe Biden che, a breve, potrebbe cambiarne le fattezze in modo irriconoscibile.