Potremmo essere a un solo punto percentuale di distanza dal picco storico registrato durante la Prima Guerra Mondiale
A causa del Covid-19 andiamo verso una “economia di guerra”. Lo disse tempo fa Mario Draghi, lo ribadisce ora l’edizione 2020 del rapporto del think tank “Welfare, Italia” sviluppato da Unipol con The European House – Ambrosetti. Centocinquanta pagine zeppe di numeri, dati e stime a dir poco fosche. E il richiamo al periodo bellico questa volta non è un espediente giornalistico per fare clic, ma una seria constatazione che arriva appunto dallo studio dei dati e dell’esplosione del debito pubblico. Andiamo con ordine.
Covid, crisi senza precedenti
Il report “Welfare, Italia” di Unipol e The European House – Ambrosetti mette infatti in evidenza come l’emergenza sanitaria legata alla diffusione della pandemia Covid si è “trasformata in una crisi socio-economica senza precedenti” e per l’Italia si prevede un calo del PIL per il 2020 del 10,8%. Si tratterebbe del terzo anno peggiore da oltre 150 anni che riporta il valore assoluto del Prodotto interno lordo ai livelli del 1996. Crolla la ricchezza e contestualmente esplode il debito pubblico per sostenere le spese sanitarie e le imprese colpite dal lockdown. E così, in tale scenario, il rapporto debito pubblico/PIL potrebbe raggiungere livelli da “economia di guerra” (158,9%) ovvero un solo punto percentuale in meno rispetto al picco storico registrato durante la Prima Guerra Mondiale.
© Palazzo Chigi
E le ricadute occupazionali, che al momento non sentiamo pienamente solo per via del blocco dei licenziamenti per motivi economici (che la Legge di Bilancio 2021 prorogherà ancora al 31 marzo) sono altrettanto significative: nei primi 6 mesi del 2020 sono già stati persi oltre 800mila posti di lavoro rispetto allo stesso periodo del 2019, di cui 677mila a tempo determinato (80%), 416mila nella fascia tra 15 e 34 anni (50%). Il sistema di welfare, si legge nel report del think tank “Welfare, Italia”, è posto sotto stress: “Nell’immediato è la sanità ad essere l’area più colpita, nel breve-medio termine è necessario invece rafforzare le politiche sociali per proteggere la continuità lavorativa e nel medio-lungo termine anche la previdenza sarà messa sotto pressione”.
La crisi del Covid-19 in numeri
Si stima che il Covid-19 da marzo a settembre abbia causato un incremento della spesa sanitaria di oltre 1,5 miliardi di euro per le sole strutture ospedaliere. Ma il grosso delle spese deve ancora arrivare. La Cassa integrazione guadagni rischia di superare quota 3.500 milioni di ore, con un costo complessivo stimato pari ad oltre 25,6 miliardi di euro, mentre tra 550mila e oltre 740mila persone in più potrebbero usufruire della Naspi, con un costo per lo Stato tra 5,5 e 7,0 miliardi di euro all’anno.
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Più in generale, le politiche sociali “necessiteranno nell’anno di risorse stimate per oltre 40 miliardi di euro” e “sarà cruciale che parte di queste risorse possano provenire anche da quelle oggi destinate alla previdenza, che in Italia rappresenta la componente del welfare con il peso più alto d’Europa”. In tutto questo, lo sappiamo bene, i circa 209 miliardi del Recovery Fund potrebbero pure tardare ad arrivare…