“L’energia? Uno strumento potente per creare comunità nuove e più coese” afferma Mauro Annunziato (Enea). Dietro ai contatori intelligenti c’è molto di più: ma non mancano problemi legati a privacy e sicurezza
Che aspetto avranno le città del futuro? Negli ultimi due anni il Covid ha affibbiato una scossa al mercato immobiliare; ma esistono anche tendenze di lungo periodo che non possono essere ignorate. La pandemia ha indotto molti a riconsiderare il valore di una vita lontana dal caos dei contesti urbani. Il ricorso a smart working e telelavoro ha dato corso al desiderio di molti di ridurre le ore trascorse su mezzi di trasporto pubblici e privati. Il concetto di città policentrica, o quello, tutto sommato imparentato, di città dei 15 minuti, dove gli spostamenti sono facili e l’essenziale si trova sotto casa, comincia a diffondersi anche fuori dalle metropoli alla moda.
Nuove forme architettoniche ridisegneranno gli scenari urbani: capannoni dismessi potranno essere convertiti in vertical farm (c’è già chi lo sta facendo, e non fatevi sorprendere: può essere un business soprattutto immobiliare). L’EASA, l’Agenzia europea per la sicurezza aerea, ha emanato a maggio un regolamento sui vertiporti, aree dove droni saranno liberi di atterrare in verticale: perché il ronzio che li caratterizza, da qui a non molto, diventerà sempre più presente nelle nostre vite. Che sia un male o un bene, dipenderà dall’utilizzo che ne faremo: qualcuno sta già sperimentando il trasporto rapido di farmaci (accade in Campania), quando non proprio sacche di sangue; addirittura, forse in futuro voleranno anche gli organi destinati ai trapianti. Ma tra gli impieghi c’è anche la manutenzione predittiva di impianti e infrastrutture: Snam ha messo in piedi una squadra di una quarantina di tecnici dotati di patentino per monitorare lo stato delle condotte, altre aziende seguiranno presto. Sarà possibile risparmiare tempo e denaro, dichiara l’azienda, intervenendo in anticipo. Naturalmente, esistono implicazioni non secondarie per la privacy e la sicurezza, che il legislatore ha cominciato a prendere sul serio.
Nelle città del futuro, qualcuno pensa di trovare le perdite degli acquedotti impiegando i raggi cosmici. E’ il caso di Cosmic Water Leaks, azienda veneta.
E poi, chiaramente, c’è la questione energetica. Che modellerà, non solo le nostre abitudini di spesa e consumo, ma anche – lo credereste? – il nostro futuro di cittadini e membri di una comunità.
Ne abbiamo parlato con Mauro Annunziato, a capo della divisione Smart Energy dell’ENEA, quella che mette insieme mondo digitale ed energia. C’è un obiettivo dichiarato, la transizione ecologica, e un altro meno sbandierato ma altrettanto fondamentale: la costruzione di un nuovo modello di convivenza.
Annunziato, come vede la città del futuro?
(Annunziato): Innanzitutto, mi lasci fare una premessa: la transizione digitale è un fattore abilitante per la transizione ecologica, e la gestione delle informazioni può dare moltissimo a questo riguardo. Chiaramente, significa inserire una quota più ampia possibile di fonti rinnovabili nel mix energetico, non dipendere da petrolio e gas, e, soprattutto, rendere flessibile tutto il sistema. Il concetto alla base della smart city è il cosiddetto “energy on demand”: perché oggi forniamo energia in modo indipendente dalla richiesta, ma il futuro sarà diverso.
In che modo?
Attualmente, anche un autobus vuoto viaggia, consuma e inquina lo stesso. Molte scuole sono climatizzate tutto il giorno, anche quando sono aperte solo tre aule su cinquanta. La capacità delle utenze pubbliche e private di gestire la flessibilità andrà a tutto vantaggio del sistema.
Con le ricadute per l’ambiente che è possibile immaginare. E poi c’è la questione economica.
Sul mercato all’ingrosso il prezzo dell’energia è variabile, e oscilla anche su base oraria: il futuro sarà quello delle tariffazioni dinamiche anche per i consumi privati. Se miriamo a flessibilità e maggiore efficienza, la strada è certamente questa.
La leva economica è un potente incentivo per indirizzare i consumi. Basterà?
Dobbiamo insegnare al cittadino che se consuma in certe ore paga meno. Ma qui ci viene in aiuto la tecnologia, e il fatto che anche quello sui prezzi, alla fine, è un flusso di informazioni, che ogni sistema domotico è in grado di comprendere. Quindi, domani sarà il computer che sovrintende alla casa a capire che conviene accendere il climatizzatore in un orario piuttosto che in un altro, e a comportarsi di conseguenza.
Ci sono paesi più avanzati dal punto di vista delle politiche di smart energy?
Sì. La Spagna è già orientata da tempo su rinnovabili e flessibilità. Anche la Gran Bretagna ha introdotto il dynamic pricing, il prezzo in funzione dell’ora.
E l’Italia?
Il sistema spagnolo è caratterizzato da forti consumi soprattutto d’estate, con la climatizzazione: ma in terra iberica il vettore principale è quello elettrico, più flessibile. Il gas lo è meno, e l’Italia è tra i paesi che ne fanno il maggiore consumo in Europa. Uno degli aspetti chiave per le città del futuro è proprio superare la dipendenza dagli idrocarburi in favore dell’elettricità; un fattore che, peraltro, ci farebbe guadagnare indipendenza, dato l’approvvigionamento incerto e la volatilità dei prezzi che oggi sono sette volte più alti di un anno e mezzo fa. Per concludere, l’utenza elettrica è facilmente spostabile: quella del gas no.
Sintetizziamo?
Il futuro energetico delle città si basa su elettricità e tariffazione dinamica. Ma c’è un terzo elemento: quello che chiamiamo citizen engagement, cioè il oinvolgimento del cittadino. Che deve diventare protagonista.
Cosa c’entra il protagonismo del cittadino con l’elettricità?
Penso alle comunità energetiche, basate sulla capacità di un gruppo di persone di associarsi e sincronizzare le proprie capacità di produzione e consumo. Ogni area urbana diventa quindi un’isola autosufficiente: non più grandi centrali, ma autoproduzione e autoconsumo. Non solo. Il protagonismo del cittadino di domani si declinerà in questo modo: meglio si comporta, più guadagna. Così intesa, l’energia diventa un potente fattore abilitante per la costruzione di comunità coese. Economia circolare, condivisione, riuso, riciclo sono strumenti fantastici per la costruzione del senso di cittadinanza. Gli strumenti non mancano: pannelli solari, minieolico, miniidraulico che sfrutta i piccoli salti dei torrenti. E sono in arrivo norme europee (CEC, Citizen Energy Community, ndr) che consentiranno di sfruttare al massimo le possibilità offerte da rinnovabili e gruppi di acquisto.
Come si sta muovendo ENEA al riguardo?
Abbiamo sviluppato una importante piattaforma unica in Italia per la progettazione di comunità energetiche: è gratuita e si chiama Recon, serve a gestire comunità e consumi. E poi stiamo lavorando a un’altra piattaforma, molto innovativa, basata sulla blockchain e un token sociale: una specie di credito per scambiare energia con servizi. L’idea è di distribuire token invece di euro, per non rimettere in circolazione solo il denaro. Se uso la macchina solo cinque giorni, nel resto del tempo posso metterla a disposizione dei vicini che ne hanno bisogno. È la stessa tecnologia dei bitcoin, ma non usata a fini speculativi, e che quindi genera un impatto sostenibile.
Non manca qualche problema riguardo alla smart energy. Il lato oscuro della luna sono i dati, e l’impiego che se ne fa.
Ha toccato un punto centrale. Le questioni sono due, privacy e cybersecurity, e ci sono state chiare violazioni sotto entrambi i profili. Le infrastrutture tecnologiche del settore energetico vanno protette dagli attacchi hacker, e ora non lo sono a sufficienza. Quanto alla riservatezza, dal punto di vista regolatorio siamo abbastanza progrediti: il problema è che siamo indietro sotto il profilo del controllo. Ci sono organizzazioni che agiscono al di fuori della legalità, grandi operatori nazionali chiamano dieci volte al giorno i clienti per proporre i propri servizi: come fanno ad avere questi numeri? Servono norme chiare anche su questi aspetti, perché la transizione ecologica digitale possa essere implementata. E, dopo averle create, la giustizia digitale deve essere fatta rispettare. Oggi gli operatori si prendono la libertà di telefonare agli utenti a qualsiasi ora, e questo è chiaramente insostenibile.
Il problema è il solito: i dati hanno un valore enorme.
Quelli urbani, ad esempio sul traffico, ci appartengono: ma i profitti finora sono finiti nelle tasche delle multinazionali, invece che in quelle dei cittadini. Le maglie del sistema, purtroppo, sono anora aperte.
Cambiamo aspetto. Quale sarà il futuro delle aree industriali?
Ci si sta lavorando molto, perché l’efficienza nell’industria ruota attorno alla capacità di costruire una filiera in cui gli scarti di lavorazione diventano materia prima per altre aziende. In queste aree va costruita una rete energetica riutilizzabile. Penso al teleriscaldamento: se alcune lavorazioni hanno come sottoprodotto acqua calda, questa si può usare per alimentare i caloriferi nelle case. Il concetto è la simbiosi industriale. E questo richiede un’infrastruttura digitale, reti di imprese estremamente connesse, la riscrittura di tutta la struttura energetica e delle filiere. Non è un’idea peregrina pensare che le aziende possano stringere alleanze volte a ottimizzare i consumi.
Fuori dai centri urbani, esistono anche tecnologie meno note, come l’agrivoltaico, che supera alcuni limiti dei pannelli solari.
Certo. Si tratta di un concetto completamente diverso dal fotovoltaico installato al suolo, perché, in questo caso, non c’è consumo di terreno. Nell’agrivoltaico tutti gli aspetti sono integrati: c’è un parziale ombreggiamento e panelli che ruotano a seconda delle ore del giorno. Non funziona per tutte le coltivazioni, ma per alcune è efficace. Insomma, è come se improvvisamente avessimo esteso le possibilità del fotovoltaico. Ma rimane un’ombra sulla produzione di rinnovabili, che purtroppo non abbiamo ancora risolto.
Quale?
Le tecnologie legate all’accumulo sono ancora poco competitive. La maggior parte hanno i picchi di produzione di giorno, mentre quelli di consumo durano fino alla prima parte della serata: quindi una grossa fascia oraria resta scoperta. Per salire nella quota di rinnovabili bisogna migliorare parecchio in questo settore.