Secondo i dati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, il 50% dei più grandi comuni italiani ha progetti per le smart city
Il 50% dei più grandi comuni italiani (oltre 15.000 abitanti) e, in generale, il 28% di tutti i comuni di Italia, negli ultimi tre anni ha avviato almeno un progetto in chiave smart city. È quanto emerge dai dati diffusi dall’Osservatorio del Politecnico di Milano e presentati durante il convegno “Smart City, le città al centro della ripartenza”, che rivelano gli ambiti di applicazione più gettonati: tra questi ci sono quelli della Sicurezza e del Controllo del territorio (58%), della Smart Mobility (57%) e dell’illuminazione pubblica (56%). Il 69% delle amministrazioni si dice pronta a ricorrere ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza anche se, nel 47% dei casi, mancano figure professionali che siano in grado di gestire i progetti. “Solo il 40% dei comuni di minori dimensioni percepisce l’importanza di questa tematica e delle prospettive ad essa correlate – dichiara Matteo Risi, ricercatore dell’Osservatorio Smart City – La diversa sensibilità tra ‘grandi’ e ‘piccoli’ si ripercuote anche nella presenza di professionisti dedicati a questo settore. Nel 72% delle grandi città, infatti, è presente un referente per la smart city: percentuale che scende al 31% dei comuni più piccoli”.
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Smart city: quale possibile scenario in Italia?
Se i risultati dell’impatto delle smart city sulle amministrazioni comunali italiane sono buoni, si stima che questa percentuale possa crescere anche durante il prossimo triennio. Secondo i dati diffusi dall’Osservatorio del Politecnico di Milano, infatti, da questo anno al 2024, sarebbe il 33% dei comuni a volere investire in città intelligenti, anche sulla spinta del PNRR che prevede oltre 10 miliardi di finanziamenti dedicati a diverse missioni. Metà dei progetti di smart city in Italia si trova in fase esecutiva, mentre soltanto due anni fa, nel 2020, erano solo uno su quattro. Se, però, l’interesse c’è, ci sono anche diversi ostacoli. Tra questi, secondo l’Osservatorio, a frenare la crescita sarebbero la mancanza di figure professionali che siano in grado di gestire i progetti; i cosiddetti “project manager”, specializzati nel campo della sostenibilità. Questa grave mancanza interesserebbe ben il 47% dei comuni italiani. La scarsità di risorse economiche è la seconda ragione per cui tanti progetti devono tirare il freno a mano, mentre hanno un peso inferiore le complessità burocratiche che, comunque, prospettano ancora dati scoraggianti (24%). Inoltre, tra gli ostacoli riscontrati più comunemente nella resa di progetti di smart cities a livello amministrativo ci sono le difficoltà di coordinamento con altri attori (14%) e le resistenze interne al comune (9%). “La smart city continua a crescere in Italia, e si afferma nel dibattito il modello di città data-driven, in cui l’interoperabilità dei dati, la collaborazione tra attori pubblici e privati e i problemi legati alla privacy diventano sempre più centrali – spiega Giulio Salvadori, direttore dell’Osservatorio Smart City – Segnali positivi arrivano dai Comuni, in cui aumentano i progetti esecutivi e si riducono le tradizionali barriere. Emerge, però, una forte differenziazione a seconda della dimensione della realtà urbana, perché sono soprattutto le città sopra i 15.000 abitanti a dotarsi di tecnologie e soluzioni smart”.
Inoltre, da sottolineare l’importanza della valorizzazione dei dati: “Tra le iniziative che puntano maggiormente alla piena valorizzazione dei dati, grazie all’instaurazione di una forte interoperabilità e di piattaforme integrate e condivise, ci sono le Smart Control Room – spiega Angela Tumino, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart City – Si tratta di centri di controllo che utilizzano una piattaforma tecnologica in grado di raccogliere dati da tutti i sistemi della città e, tramite tecnologie per l’analisi di big data, renderli disponibili agli amministratori e agli operatori che possono utilizzarli per analisi predittive, simulazioni e interventi mirati in città”. Un’abitudine che in molti comuni italiani non ha ancora preso piede e di cui non se ne riconosce appieno il valore.
Nell’ambito della ricerca sono state formalizzate 6 modalità di valorizzazione dei dati derivanti da progetti di smart city che possono essere implementate sia da enti pubblici sia da attori privati: ottimizzazione dei processi, supporto alla definizione di politiche pubbliche, monetizzazione di prodotti/servizi, monetizzazione diretta dei dati e advertising mirato. Per esempio, grazie al monitoraggio in tempo reale dello stato di funzionamento del sistema di illuminazione urbano, in caso di guasto è possibile gestire un intervento preventivo o in tempi brevi, riducendo i costi di gestione e garantendo un migliore servizio ai clienti.
PNRR e smart city
La maggioranza delle amministrazioni comunali (il 69%) è pronta a ricorrere ai fondi del PNRR per la smart city, investendo soprattutto in interventi di digitalizzazione e innovazione (76%), infrastrutture sostenibili (61%) e transizione ecologica (56%). E i fondi non mancano perché, nel capitolo destinato alle città intelligenti, superano i 10 miliardi di euro. “Questi sono distribuiti su diverse missioni del PNRR perché gli interventi che rientrano nella sfera di influenza delle città intelligenti coprono molte delle dimensioni trattate”, spiega Luca Gastaldi, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart City.
Più nel dettaglio, nella missione 2 sono previsti interventi per lo sviluppo di un trasporto pubblico locale più sostenibile, col rafforzamento della mobilità ciclistica, del trasporto rapido di massa e delle infrastrutture di ricarica elettrica. Progetti di smart city, in particolare di smart building, rientrano anche nei fondi stanziati per l’efficienza energetica e la riqualificazione di edifici pubblici come scuole, sedi giudiziarie e unità abitative pubbliche, in cui, a fare la differenza sono le tecnologie IoT e di smart metering, che saranno impiegate per ridurre i consumi energetici. La missione 5 prevede, invece, lo sviluppo di piani urbani integrati con progetti di rigenerazione urbana per trasformare territori vulnerabili in città smart e sostenibili. “Il potenziale dei progetti previsti dal Piano è molto alto, ma è ancora da districare – conclude Gastaldi – Nei prossimi anni saranno disponibili molte risorse, ma i comuni dovranno essere in grado di sopperire alla carenza di competenze e di personale amministrativo e tecnico, che deve seguire i progetti in tutto il loro ciclo di vita: dall’uscita del bando alla loro implementazione. Un fattore che potrebbe incidere negativamente sui tempi di esecuzione e sui risultati degli interventi”.