Su StartupItalia un nuovo viaggio nella filiera del food sempre più tech. Il settore vale 156 milioni di euro. Intervista a Sara Roversi, Future Food Institute and Paideia Campus: «L’Italia sta al passo coi tempi, ma non con gli investimenti. Le startup food e climate tech vanno a cercarli oltre i nostri confini»
Oggi inauguriamo una nuova rubrica interamente dedicata al food e all’impatto scaturito dalle nuove tecnologie nel comparto che tutto il mondo invidia alla nostra nazione. Settore che per eccellenza da sempre contraddistingue il made in Italy, nell’ultimo anno l’agroalimentare è stato duramente messo alla prova dall’aumento dei costi di produzione, dalla scarsità delle materie prime e dagli effetti sempre più evidenti del cambiamento climatico. Caratterizzato da incertezza e volatilità dei prezzi, l’innovazione digitale in questo campo si è dimostrata essere una preziosa leva strategica in grado di aumentare la sostenibilità economica, sociale e ambientale degli attori della filiera. Sono sempre di più, infatti, le aziende che scelgono di investire in soluzioni digitali per gestire in modo più efficiente le risorse e i processi produttivi, vedendo nella loro applicazione la chiave per rendere più resiliente l’intero settore.
In questa prima puntata vogliamo analizzare nel dettaglio lo scenario che oggi ci si presenta davanti alla luce delle nuove tecnologie dando, come sempre, spazio alla parola degli esperti. In questo caso, abbiamo intercettato Sara Roversi, presidente del Future Food Institute and Paideia Campus. Ma iniziamo dai dati.
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Agrifood, cosa cercano i consumatori?
A fornirci un quadro aggiornato del rapporto che c’è tra tecnologia e food è “Feeding The Future: Towards Sustainable Food Tech Ecosystems”, una ricerca condotta da Appetite for Disruption, think-thank e piattaforma di consulenza dedicata alla crescita del Food Retail e Food Tech, UniCredit e PwC. Sulla base di uno studio di PwC condotto su una serie di conversazioni avvenute online emerge che il 24% delle interazioni (su 25.000 post riguardo il Food Tech) riguarda l’adozione di tecnologie e applicativi nel settore agricolo e sottolinea la necessità di accessibilità a questo tipo di soluzioni da parte di tutto il tessuto imprenditoriale italiano, e non solo dalle grandi aziende.
Il 60% dei post dei consumatori italiani parla di cibo innovativo, evidenziando la necessità di comprenderne del tutto il valore e i benefici. Emerge una preferenza del cibo italiano a forme di alimentazione alternativa e una preoccupazione che quest’ultime possano influire negativamente sulla promozione del Made in Italy e sulla salvaguardia della tradizione. Tuttavia, alcuni consumatori riconoscono il potenziale positivo che le proteine alternative possono apportare alla sostenibilità e alla salute delle persone. Attenzione all’ambiente e concretezza sono i temi al centro del 35% dei post dei consumatori. I dati testimoniano che gli utenti apprezzano iniziative concrete di sostenibilità, ritenendo, però, che nel settore ci sia ampio margine di miglioramento verso, per esempio, la totale assenza della plastica negli imballaggi o leve di costo concrete contro lo spreco alimentare.
Gli investimenti
Parlando di finanziamenti, secondo le analisi di PwC, nel 2022 gli investimenti venture capital a livello globale nel settore agroalimentare sono tornati ai ritmi di crescita pre-pandemici (+6% rispetto al 2020), nonostante un calo del 44% rispetto al 2021. Rispetto a due anni fa, si osserva un cambiamento nelle preferenze di investimento verso tecnologie e modelli di business che abilitano dinamiche di sostenibilità economiche, finanziarie e ambientali durevoli. Crescono, di fatto, i finanziamenti nelle innovazioni di produzione e trasformazione sostenibile delle materie prime, come Farm Management Software & IoT (+35%), a discapito di soluzioni per le fasi successive della catena del valore come eGrocery e modelli Direct2Consumer (-73%). In Europa, l’andamento degli investimenti dei VC nel mercato AgriFood Tech & FoodTech premia le innovazioni tecnologiche volte alla sostenibilità, come la gestione intelligente dei campi (+106%) e le proteine alternative (+75%), in linea coi trend globali. La categoria delle proteine alternative ha subito un forte impulso anche grazie ai significativi impatti ambientali registrati: -90% di CO2 prodotta e -99% risorse primarie utilizzate.
In Italia il mercato nel 2022 valeva 156 milioni di euro. Le innovazioni a inizio della catena del valore, come soluzioni di Smart Farming per sistemi di coltivazione e la gestione intelligente dei terreni, attraggono circa 61 milioni di euro, ma è la digitalizzazione dei servizi al consumatore la categoria che traina maggiormente gli investimenti VC (55% del totale). L’Italia mostra un attaccamento a trend d’investimento superati globalmente, come nuovi modelli di distribuzione o servizi per la digitalizzazione dei ristoranti, e si muove con cautela verso soluzioni innovative alternative, con solo il 3% investito in soluzioni come le proteine alternative.
«L’Italia sta al passo coi tempi ma non con gli investimenti – commenta Sara Roversi, presidente del Future Food Institute and Paideia Campus – Gli investitori su questo tipo di startup sono, soprattutto, stranieri. E le realtà che si occupano di Food Tech e Climate Tech, se hanno bisogno di finanziamenti, spesso vanno a cercarli all’estero, dove sono più accessibili».
Il contributo delle startup
Dinanzi a questo scenario che vede l’innovazione tecnologica in pole position per quanto riguarda l’attrattività a livello finanziario, le startup sono dei veri e propri driver che guidano il mercato dell’Agri Food Tech e del Food Tech. Non solo permettono di accelerare la crescita sostenibile dell’ecosistema, ma puntano anche a realizzare un cambiamento positivo attraverso l’educazione e l’innovazione nei sistemi alimentari globali. Ne abbiamo parlato con la presidente Roversi. «Oggi tutto ciò che riguarda l’innovazione in ambito Food Tech è strettamente legato al tema del Climate Tech, in un overlap tra settori che sono divenuti interdiscliplinari – spiega la presidente – Le aziende agricole puntano sul valore del suolo e sulla capacità di carbon capturing, vista come risorsa e bisogno essenziale».
E in Italia sono tante le realtà che lavorano quotidianamente per innovare il comparto, anche nel mondo delle proteine alternative. «Già 10 anni fa si parlava di farina di grillo, ma non sono questi alimenti che rivoluzioneranno il mondo – spiega Roversi – Si deve andare ben oltre, analizzando la tematica a 360 gradi perché si tratta di materie complesse da affrontare. Oggi i sistemi agroalimentari devono, senza dubbio, rivoluzionarsi: l’intero sistema delle rotazioni dei terreni, ad esempio, sta già cambiando e innovare, per le PMI, comporta dei costi molto onerosi. Con i finanziamenti provenienti dal PNRR sono possibili nuove opportunità che prendono forma soprattutto nei vari hub dell’innovazione».
In quali direzioni stiamo andando?
«L’agricoltura rigenerativa è la prossima frontiera – prosegue la presidente – ma anche tutto ciò che ha a che fare con il benessere animale, la sostenibilità, il rispetto dei parametri ESG, il Climate Tech. Oggi la dimensione agricola conta tanto. Basti pensare a quante terre incolte ancora abbiamo in Italia: contiamo una grande quantità di risorse dormienti che grazie, spesso, al contributo dei più giovani trovano una nuova vita e si prestano a nuove opportunità». Già, perchè stiamo parlando di un settore che ha vissuto quello che definiamo “il ritorno all’agricoltura“, ma, questa volta, ad occuparsi dei terreni sono giovani laureati, imprenditori, tecnici ed esperti della materia che sanno davvero fare innovazione. «Molti di loro hanno trascorso lunghi periodi all’estero per poi tornare in Italia e portare il proprio know-how. Ecco, il futuro è proprio nelle loro mani».