Da Stranger Things a Star Wars. E ora Raised by Wolves. Sono sempre più le serie che affiancano alla digitalizzazione la costruzione di oggetti scenici stampati
Dal classico scantinato da cui tutto è partito – “la storia di Formlabs è piuttosto canonica per le startup statunitesi: un gruppo di amici con pochi soldi e tante idee che riesce a sfondare raccogliendo oltre 3 milioni di dollari su Kickstarter”, ci racconta Matteo Vittorio Albiati, responsabile della distribuzione per l’Italia – fino alle quinte delle grandi produzioni cinematografiche. Sarà proprio grazie alle stampanti e alle resine di questa realtà innovativa nata nel 2013 se, nel 2021, sul set sudafricano di Raised by Wolves – Una nuova umanità, si creerà la magia della finzione. Per chi non lo sapesse, parliamo di una serie per la televisione diretta nientemeno che da Ridley Scott.
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Nella nuova produzione targata HBO Max, la stampa 3D ha preso il posto di cartapesta, cartone, compensato, ma pure degli effetti digitali e contribuito alla creazione di un inquietante universo fantascientifico in cui due androidi, Padre e Madre, hanno la missione di crescere bambini umani su un altro pianeta dopo che la Terra è stata distrutta da una grande guerra.
Non è la prima volta che i materiali studiati dai chimici di Formlabs e che costituiscono “l’inchiostro” dei loro speciali macchinari finiscono sulle scene: già in Star Wars: The Mandalorian alcuni caschi erano stati realizzati con le loro stampanti 3D. Allo stesso modo, dietro le quinte della fortunatissima produzione Stranger Things troneggiava un gigantesco e inquietante Demogorgone, realizzato sempre con i materiali e la tecnologia dell’ex startup per permettere agli sceneggiatori di avere punti di riferimento sulle dimensioni e gli ingombri di un essere altrimenti interamente digitale.
Ma con Raised by Wolves – Una nuova umanità si finisce realmente sotto i riflettori, con le protesi stampate in 3D applicate direttamente sui volti degli attori, vere e proprie maschere teatrali 2.0. Per esempio, per rendere il dispositivo della testa dell’androide che vedete nella foto soprastante delle dimensioni e della scala corrette, Jaco Snyman, fondatore di Dreamsmith e lead Prosthtetics Designer della serie fantascientifica, ha iniziato scansionando la testa dell’attrice, quindi ha stampato il dispositivo con la Clear Resin di Formlabs in modo da poter mostrare il liquido all’interno.
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Dopodiché, Snyman ha fatto dipingere dalle maestranze le parti metalliche con pitture cromate e sono state riempite le fiale trasparenti con una miscela di acqua e colorante alimentare giallo per simulare l’acido.
Per quest’altra maschera un po’ teschio un po’ robotica, ci spiegano sempre da Formlabs, il team di Snyman ha eseguito un calco dal vivo della testa dell’attore e poi lo ha scansionato in 3D. Con il modello poligonale in mano, hanno progettato e stampato in 3D le singole parti con la Clear Resin. Dopo l’assemblaggio, hanno adattato la maschera alla testa dell’attore per essere indossata protesi. “Una scultura in argilla di questo teschio dalla superficie rigida – fanno notare da Formlabs – avrebbe richiesto molto tempo, specialmente con tutte le sfaccettature poligonali e le parti dall’aspetto lavorato”. Da qui la decisione del team addetto agli effetti speciali di stampare il teschio in 3D, riducendo i tempi di consegna da oltre una settimana a un solo giorno.
Un impiego insolito per la stampa 3D, solitamente usata per la realizzazione di prototipi industriali. “Vi stupirebbe sapere dove potete trovare oggetti realizzati con questa tecnologia”, racconta a StartupItalia Matteo Vittorio Abbiati, Channel Manager Italia di Formlabs e a sua volta ex startupper in una realtà tutta italiana sempre del settore delle stampe 3D.
La chiave di volta per l’azienda, che oggi conta 600 dipendenti e uffici in USA, Europa e in Asia, è stata evitare di concentrarsi solo sull’hardware, ma investire molto anche nella ricerca e sviluppo dei materiali: “Abbiamo un settore che si occupa di lavorare resine e polveri più adatte all’uso dei clienti. In tal modo è possibile realizzare oggetti che saranno impiegati in tantissimi settori: dall’automotive alle protesi chirurgiche, passando per la gioielleria e la moda”. Racconta sempre Matteo.
E, appunto, con le stampanti 3D ormai non si stampano più esclusivamente prototipi: “Con le nostre resine sono state realizzate le ‘punte’ e i tacchi di alcune scarpe di NewBalance, mentre Gilette ci ha coinvolto nella realizzazione dei rasoi customizzabili dall’utente, attraverso il sito della casa produttrice, che verranno realizzati secondo le indicazioni fornite dal consumatore, attraverso appunto la stampa 3D”.
E ora il cinema, anzi, no, il piccolo schermo, con produzioni che però superano per budget i kolossal di Hollywood: “Non ci deve stupire questo ritorno alle maschere di scena mentre prima si digitalizzava pressoché ogni cosa – prosegue sempre il Channel Manager Italia di Formlabs – sono infatti materiali molto resistenti, che non si rovinano nemmeno a temperature troppo alte e non patiscono lo stress. In più, si possono stampare pure oggetti di scena completamente trasparenti. Tutto questo abbattendo costi di gestione e di logistica”.
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Un tempo, prima della computer grafica, mostri e pupazzi per il cinema venivano realizzati a mano, artigianalmente. E l’Italia ha dato molto a questo settore, basti pensare al compianto Carlo Rambaldi e ai suoi cuccioli: E.T., Alien e l’enorme King Kong. La stampa 3D non sembra però sottrarre fantasia e magia nella realizzazione degli oggetti scenici per il cinema. Le foto lo confermano. Sarà forse che per Raised by Wolves – Una nuova umanità, Ridley Scott si è affidato a un artista italiano, il concept artist Furio Tedeschi, papà di tutte le creature fantascientifiche stampate successivamente in 3D. E la sensazione è che si sia appena all’inizio di questa rivoluzione silenziosa portata avanti con resine e colori, un po’ come nei teatri di una volta.