Spesso incuriosiscono e risolvono problemi. Ma ancora non sono riuscite a conquistare il mondo. Così AI Build, startup di Londra, ha proposto una soluzione per dare un nuovo futuro alle stampanti 3D: unire l’intelligenza artificiale alla robotica.
Il presente 2.0 è un continuo cambio di prospettiva. La manifattura digitale ha spostato le industrie e le officine in luoghi di lavoro totalmente virtuali. Gli strumenti sono stati convertiti in tool e interi uffici racchiusi in computer, monoliti lampeggianti sulla scrivania di ingegneri e designer. Complice di Internet, la leva che ha innalzato questo polverone di novità si chiama stampa 3D. Abbiamo imparato a conoscerla nelle Maker Faire di tutto il mondo, nei FabLab, in mano ai creativi digitali delle nostre città. Tuttavia, si tratta di una tecnologia ancora poco scalabile, costosa, lenta. Trasferirla su larga scala è un passo azzardato, ricco di svantaggi che ne frenano ancora la diffusione. La stampante 3D come macchina va rivista, liberata dalla sua staticità, dalla sua rigida automazione racchiusa in troppi confini.
Cosa fa AI Build
AI Build, startup di Londra, ha proposto una soluzione: unire l’intelligenza artificiale alla robotica. Dagham Cam (CEO della startup) e i suoi collaboratori sono partiti nell’impresa scegliendo un braccio robotico KUKA come modello di ricerca. Il braccio è stato convertito in stampante 3D dotandolo di un estrusore all’estremità, in grado (rispetto alle stampanti tradizionali) di operare con molti più gradi di libertà, assomigliando ad uno scultore che lavora da ogni angolazione possibile.
Per velocizzare il processo e ridurre la quantità di materiale usato, l’estrusore è stato accoppiato ad una ventola per raffreddare costantemente il materiale stampato, riducendo la necessità di aggiungere supporti (porzioni stampate ad hoc per sorreggere la struttura principale in fase di stampa). Tuttavia, ancora un ostacolo era in grado limitare la velocità della stampa: la precisione. Per assicurare la qualità del prodotto finale, il robot doveva eseguire dei movimenti precisi che richiedevano un tempo minimo di esecuzione, al di sotto del quale si sarebbe andati incontro a inevitabili imprecisioni.
Come descritto da Cam: “I nostri robot erano ciechi. Applicavano le istruzioni scaricate da un computer eseguendole ciecamente. Davanti a qualsiasi problema, non erano in grado di notarlo e adattarsi.” Ed è a questo punto che Dagham e collaboratori hanno deciso di introdurre l’IA. L’intelligenza artificiale offre flessibilità e adattabilità, l’automazione diventa dinamica, variabile nel tempo in funzione del contesto e degli stimoli esterni. La macchina, prima cieca, apre gli occhi sul mondo.
Dotare il braccio KUKA con una IA opportunamente programmata ha permesso di valorizzare l’errore derivato da una stampa troppo rapida semplicemente rendendo possibile la sua riparazione in un momento successivo. Un braccio intelligente si è così trasformato in una stampante 3D veloce e libera di sbagliare, ma anche di riparare ogni errore dopo averlo autonomamente individuato. AI Build è al momento partner di KUKA e di NVIDIA, produttore di GPU capaci di gestire le IA del progetto. Alla recente GPU Technology Conference di Amsterdam, la startup ha presentato uno dei primi progetti realizzati con la sua tecnologia, il Daedalus Pavillion. Struttura di circa 5 metri di larghezza, è stata stampata in 15 giorni e montata in mezza giornata, costando circa 185 dollari, contro i 31.000 della concorrenza tradizionale.
Una connessione speciale
Oltre ai vantaggi economici, il pregio della ricerca di AI Build consiste nell’aver connesso robotica, IA e stampa 3D, facendo rete tra diverse necessità e proponendo infine un’unica soluzione comune. Per nostra natura tendiamo spesso a frammentare l’innovazione, specializzandoci in singoli campi che viaggiano paralleli. Ma il futuro chiede integrazione, e l’IA può offrire una lingua comune al di sopra di ogni specifico settore. L’intelligenza artificiale sta diventando chiaramente il “collante logico” tra varie tecnologie. La “mente” su misura per digerire la mole di dati e applicazioni che il mondo moderno offre e restituirci così un risultato utile alla nostra creatività.