A circa tre anni dal debutto su PC, la piccola startup belga Rablo Games propone su Switch la propria irriverente opera prima
Se amate i videogiochi, avrete notato come, in ogni gioco di ruolo che si rispetti, l’eroe faccia sempre la parte del… ehm… dell’eroe, rubando la scena ai suoi comprimari? Eppure proprio gli RPG dovrebbero insegnare che, senza i propri amici, nessuno riuscirebbe a sconfiggere quel diabolico satanasso che ha rapito la principessa e fatto piombare regni interi nell’oscurità. Sta di fatto che nessun gioco loda mai abbastanza il ruolo dei guaritori. Questa, almeno, è la tesi dei ragazzi di Rablo Games, piccola ma arrembante startup innovativa belga guidata da Pablo Coma che ha deciso di sviluppare un videogame – Healer’s Quest – proprio per rimettere al centro della scena i personaggi che in genere tendono a essere dimenticati.
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Prendendendo in giro il prossimo (RPG) in Healer’s Quest
Healer’s Quest è un titolo molto simpatico, pervaso da una sottile ironia. I personaggi non sono solo sopra le righe, ma tendono a incarnare stereotipi grotteschi di tutti i tòpoi classici visti nei giochi di ruolo classici. C’è il cavaliere senza macchia e paura borioso come pochi che nasconde sotto la corazza e l’antipatia le proprie insicurezze e il costante desiderio di ricevere attenzioni, il nerboruto che non capisce mai niente che non ragiona nemmeno coi piedi ma coi pugni, l’arciere delicato che si muove con grazia ma combina danni ovunque nemmeno fosse Luca Giurato e pure un mago che si lascia andare a continue battute spinte di pessimo gusto.
Il contorno è quanto di più scontato e banale: il contesto è tipicamente fantasy, ci si muove lungo castelli e borghi medievaleggianti e si deve sopravvivere all’affronto di scheletri, draghi, piovre giganti, demoni di varia natura… In tutto questo bailamme scotto e riciclato da mille RPG ci siete voi: un timido e silenzioso guaritore, destinato perciò a restare nelle retrovie per tutta la durata dell’avventura, senza che nessuno si ricordi di voi e abbia cura di apprendere persino il vostro nome.
È un po’ come ritrovarsi a fare la parte dell’albero nella recita di Natale delle elementari (ogni riferimento ai Simpson è puramente voluto). Gli applausi e la scena sono tutti per gli altri: nessuno fa caso a noi. Eppure Healer’s Quest, tra una battuta e una facile ironia permette di comprendere il vero valore dei personaggi di supporto.
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Starà a noi infatti, pur dalle retrovie, permettere agli eroi in prima linea di continuare a combattere, guarendoli e potenziandoli quando le forze vengono meno. E starà sempre a noi scegliere con arguzia e lungimiranza come investire le nostre ultime riserve di mana: indirizzarle al berserk perché scateni la sua forza bruta o sul mago affinché investa i mostri con le sue folgori?
Come ogni RPG che si rispetti, Healer’s Quest dà modo di personalizzare in profondità il proprio party d’eroi per mezzo di alberi delle abilità, accessori, armature, armi e una valanga di anelli magici. Questi ultimi poi sono molto importanti perché portano con sé bonus ma anche malus che dovremo tenere obbligatoriamente in considerazione. Se trascorrerete parecchio tempo scartabellando le pagine dei menu avrete modo di plasmare la vostra squadra secondo lo stile di gioco che più vi aggrada, così da puntare più sulla difesa o sulla forza bruta.
Forte di uno stile grafico tutto sommato riuscito, molto infantile e pastelloso, a metà strada tra Yoshi’s Island e il recente Carto, anche dal punto di vista artistico Healer’s Quest non mostra i tre anni di vecchiaia (su PC arrivò infatti nel 2018) e si conferma un buon prodotto, capace di essere apprezzato tanto da coloro che cercano un titolo umoristico e leggero quanto da chi vuole confrontarsi con pagine di statistiche e decine e decine di variabili da concatenare per mettere assieme il party d’eroi definitivo. A patto naturalmente che non siate di quei giocatori cui viene l’orticaria appena sentono parlare di migliaia di scontri casuali e di tutti i classici limiti dei role play game vecchio stampo: Healer’s Quest li ripropone e li evidenzia – volutamente – tutti.