Da una piccola startup nipponica un altrettanto piccolo gioco di ruolo di stampo classico
L’attuale mania di riscoprire i videogame usciti tra gli anni ’80 e ’90 (pensate alle console in versione miniaturizzata) sta portando un buon numero di major a ripubblicare i loro titoli delle origini e, sull’altro fronte, sta permettendo agli studi più piccoli di sfondare sul mercato con prodotti tecnicamente datati senza però sfigurare. Exe-Create, piccolissima startup nipponica che ha sviluppato Alphadia Genesis, ha morso la foglia e agito in modo davvero intelligente: non potendo contare su chissà quale budget (anzi, immaginiamo sia stato davvero irrisorio), ha creato un titolo che per grafica, character design e gameplay ricalca gli RPG che andavano di moda 30 anni fa. In questo modo potrebbe solleticare proprio chi è alla costante ricerca di giochi d’essai nei mercatini dell’antiquariato.
“I, robot” o Alphadia Genesis?
La trama di Alphadia Genesis prende materiale a piene mani da romanzi di fantascienza e da opere cinematografiche molto note, fondendo il tutto con uno stile fantasy che non manca di richiamare Final Fantasy. Quindici anni prima dell’inizio della nostra storia, il piccolo mondo di Lagoon, diviso essenzialmente in due regni, Archeleign e Ghalzabine (sospettiamo che siano composti da lettere che i nipponici hanno buttato giù alla rinfusa, alla ricerca di un buon suono) era stato squassato da una guerra nella quale i governanti avevano fatto un massiccio uso di cloni. Una guerra di cloni vera e propria. Ehr…
Quindici anni dopo la fine delle ostilità e aver faticosamente ricucito una pace molto precaria, i rapporti tra i due popoli vengono nuovamente messi in crisi da misteriosi spargimenti di sangue. Un clone ha infatti ucciso il proprio master, sebbene teoricamente la sua programmazione glielo dovrebbe impedire. Ciascun reame invia la propria squadra investigativa: Re Claudius spedisce sulla scena del crimine Fray, giovane guerriero di gilda, nonché protagonista dell’RPG, e la sua giovane sorella Aurra, Re Augustine convoca invece i nostri rivali: Walter e Corone.
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Ha così inizio una trama che, tra qualche elemento derivativo di troppo, riesce comunque a suscitare interesse facendosi giocare per tutta la durata dell’avventura. Che non può dirsi particolarmente longeva, viste le dimensioni del mondo di gioco, ma non dimentichiamo che siamo di fronte a un prodotto budget, proposto ad appena 9,99 euro. Buona parte della sinossi sarà incentrata, come accade fin troppo spesso nelle produzioni nipponiche, sulle tribolazioni amorose dei protagonisti. Letali sul campo di battaglia, timidi adolescenti quando c’è da affrontare l’altro sesso, i nostri prodi guerrieri si lasceranno andare a (lunghissimi) dialoghi inconcludenti su questo o quel rapporto, questa o quella infatuazione, tessendo relazioni tra membri dello stesso team e pure tra squadre rivali che non mancheranno comunque di vivacizzare l’evoluzione del racconto, anche grazie alle solite gag pruriginose che troviamo spesso in manga e anime e che un po’ ci hanno ricordato la saga di Tales of.
Per il resto, Alphadia Genesis è un titolo incredibilmente classico. Un vero RPG anni ’90, appunto, fatto di dungeons da esplorare (rigorosamente senza mappa, sigh), città – tutte uguali – da visitare, armamentari di tutti i tipi da acquistare ed equipaggiare e, ovviamente, tanti, tantissimi combattimenti casuali da affrontare. Anche sul fronte delle battaglie, il titolo prodotto da KEMCO non si discosta dagli stilemi dei giochi che furono: di sei eroi del party, solo quattro finiscono sul campo di battaglia, due nell’avanguardia e due di supporto nelle retrovie, pronti ad affrontare, un turno dopo l’altro, i nemici. L’unica variazione degna di nota riguarda la possibilità di equipaggiare armi e oggetti capaci di trasformare profondamente i personaggi, così da creare per esempio un mago che sia anche un tank e viceversa.
Altro aspetto parecchio strano è la scelta stilistica di abbinare all’esplorazione del mondo tramite sprite bidimensionali (pare un titolo realizzato con RPG Maker) combattimenti riprodotti in 3D. Si tratta di poligoni molto grezzi, che rimandano alle prime produzioni per Sega Saturn e Sony PlayStation, ma che staccano parecchio dal resto del gioco e all’inizio si fa parecchia fatica ad abituarsi a questa bizzarra commistione (paiono due giochi diversi, incastrati tra loro).
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Comunque sia, pur non eccellendo in alcun campo, siamo di fronte a un titolo molto grazioso e godibile, che presenta una sinossi abbastanza frizzante e un gameplay che, al netto di diverse limitazioni classiche dei videogiochi di 30 anni fa, riuscirà a intrattenervi per almeno una ventina di ore. Che non è molto, per un RPG, ma non è affatto poco per un videogame che costa meno di 10 euro. A quel prezzo, non si trova di meglio.