Dai creatori di Fallout: New Vegas un’opera fantascientifica intrisa di ironia e sarcasmo, in cui ne uccide sul serio più la lingua che la spada…
Non è mai facile raccontare un videogioco come The Outer Worlds. A conti fatti non lo è nemmeno a sei-sette mesi dall’uscita originaria sulle console più potenti. Chi non lo avesse mai giocato dunque su PS4 e X-Box One immagini dunque uno Skyrim (in realtà sarebbe assai più affine a Kingdom Come: Deliverance, ma dubitiamo che il titolo di Warhorse Studios sia molto conosciuto…) in salsa fantascientifica. Ecco, ora tolga tutta la barbosa parte fantasy, i rimandi a re e saghe del passato (ahinoi, tolga pure l’open world) e la sostituisca con uno stile umoristico crudo e scanzonato a metà strada tra Futurama e Guida galattica per gli autostoppisti e avrà una vaga idea di ciò che lo attende nel videogame firmato da Obsidian.
Medioevo spaziale
Probabilmente vi starete chiedendo che c’entrino Skyrim e Kingdom Come: Deliverance con The Outer Worlds. Di fatto, il gioco in esame è un RPG occidentale. Ma, soprattutto, è un RPG occidentale che mal se la cava con i combattimenti, siano corpo a corpo, siano a distanza. Esattamente come nella saga di Elder Scrolls o nel titolo di Warhorse Studios, finché non macinerete esperienza, gli avversari continueranno a scansare i vostri colpi, anche se sono a due passi da voi. In più, le battaglie zoppicano proprio sul fronte della resa tecnica, dei feed restituiti al giocatore, lasciandovi l’impressione che il gioco bari e vi inganni.
Esattamente come in Kingdom Come: Deliverance, molto presto anche in The Outer Worlds pure i più attaccabrighe tra voi decideranno allora di allenare la lingua anziché la spada, coltivando l’apposita abilità. Del resto, proprio come i due giochi di ruolo richiamati, The Outer Worlds claudica parecchio sul fronte dei combattimenti ma in compenso lascia al giocatore libertà totale sul modo di affrontare le missioni. La forza bruta potrà dunque essere facilmente rimpiazzata dalle abilità dialettiche che, se coltivate con cura, daranno incredibili soddisfazioni, permettendovi di manovrare chiunque vi si pari di fronte.
Anche in Kingdom Come: Deliverance, ambientato nel Medioevo, avevamo presto optato per la diplomazia, stante l’estrema difficoltà di vincere qualsiasi duello o di centrare con una freccia anche i bersagli più grandi e lenti avessero la pazienza di piazzarci davanti. The Outer Worlds del resto è pensato per l’approccio dialettico, lo si capisce dal fatto che alla frustrazione che consegue dai combattimenti fa da contraltare l’estrema cura con cui sono realizzati i dialoghi. Tutti i dialoghi, pure quelli con il PNG più nascosto della galassia, sono brillanti, divertenti, sopra le righe, capaci di strappare un sorrisetto.
Naturalmente, starà a voi decidere come agire. E non solo con riguardo all’uso della forza o della diplomazia, ma anche dei dilemmi morali che vi si pareranno davanti: volete essere un nuovo giustiziere stellare stile Cowboy Bebop, oppure un mercenario modello Han Solo? Liberi di fare il vostro gioco, di farvi i fatti vostri, di accettare qualsiasi incarico ben pagato o di mettere i bastoni tra le ruote di quel Consiglio Generale che sta allargando i propri tentacoli su ogni pianeta conosciuto. Di più non vi diciamo perché se non avete spolpato le versioni PS4 e X-Box One è giusto che scopriate The Outer Worlds da soli.
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A proposito, come se la cava il titolo di Obsidian, su Switch? Ecco, chi ha giocato a Kingdom Come: Deliverance su console (mai arrivato sull’handheld Nintendo) noterà altri parallelismi. A iniziare dal lento caricamento delle ambientazioni, soprattutto le esterne. Non di rado vi capiterà di osservare che il mondo di gioco si creerà al vostro passaggio, non solo per mezzo di fastidiosissimi pop-up, ma anche per via di texture che si faranno più definite con qualche secondo di ritardo. La conversione operata dal team di Virtuous non è delle migliori, anche perché il gioco scatta e carica a lungo nonostante siano stati tagliati quasi tutti gli effetti speciali. Sopravvive dunque un prodotto in bassa definizione, meno luminoso e colorato delle controparti che abbiamo apprezzato su PlayStation 4 e X-Box One.
A livello grafico, The Outer Worlds per Switch è davvero poverello, ma in compenso in fase di conversione gli sviluppatori si sono ricordati anzitutto di ingrandire le scritte laddove lo voleste giocare in modo portatile (pare banale, ma questo accorgimento è più unico che raro) e di implementare l’uso dei controller sensibili al movimento, che sarà anche accessorio ma fa comunque piacere. Per il resto The Outer Worlds è esattamente come lo ricordavamo: divertente, sopra le righe, sagace, ironico e caustico come piace a noi. Se volevate giocarlo su una console portatile, non avete più scuse.