Raggiunto l’accordo fra il capo di Tesla e la SEC in merito ai tweet dell’inizio di agosto. Musk rimane amministratore delegato
Alla fine Elon Musk, il vulcanico fondatore e capo di Tesla e SpaceX, ha dovuto fare un passo indietro. Più formale che materiale, anche se non troppo. Secondo l’accordo raggiunto con la SEC, l’equivalente statunitense della Consob italiana cioè l’autorità che vigila sui mercati finanziari, dovrà dimettersi dalla presidenza della sua creatura. E non potrà ricoprire quella carica per ben tre anni. Della casa automobilistica elettrica, però, il 47enne manager potrà rimanerne amministratore delegato. Dunque non troppo dovrebbe cambiare nei programmi industriali: a dire il vero un po’ incerti ultimamente, basti pensare ai ritardi sui ritmi di consegna della Model 3, fissati a 10mila unità “in qualche momento del 2019”, o ai colli di bottiglia nella maxifabbrica di batterie del Nevada, che marcia a 20 GWh/anno di celle al litio contro l’obiettivo di 35.
L’indagine per frode: multa da 40 milioni e via dalla presidenza
Non solo. Il prezzo da pagare per favorire una pacifica chiusura dell’indagine per frode lanciata dalla SEC– ma è il minimo per uno degli uomini più ricchi del mondo – si aggira sui 40 milioni di dollari. Saranno pagati a metà fra la società e lo stesso imprenditore e inventore statunitense di origini sudafricane. Ma ne va anche della “dignità” personale: a quanto pare ogni comunicazione di Musk, incluse dunque le sue attività social dov’è molto presente e attivo, dovranno essere vagliate da un avvocato.
Il tweet dello scandalo
In molti ricorderanno la pietra dello scandalo: un tweet del 7 agosto nel quale Musk spiegava di star valutando il cosiddetto “delisting” di Tesla, cioè la sua privatizzazione e ritiro dalla quotazione al Nasdaq, a una cifra monstre da 420 dollari per azione. Un’operazione finanziaria impegnativa per la quale, assicurava ancora il grande capo, le risorse c’erano eccome. Falso, ha risposto la SEC depositato una denuncia a un tribunale di New York: quelle risorse non erano state individuate e, nonostante i sondaggi con alcuni fondi sovrani dell’Arabia Saudita come il Public Investment Fund (comunque interessati a rilevare non più del 5% del gruppo), non sono mai più state individuate. Tanto che la possibilità è stata ridimensionata e accantonata alla fine dello stesso mese. Per questo si trattò di cinguettii “falsi e ingannevoli” che non includendo alcun dettaglio hanno comunque innescato una corsa al rialzo delle azioni, procurando vantaggi indebiti e infondati all’azienda.
Cosa significa “420”
Non basta: quel “420″, l’unico dettaglio a disposizione, si riferiva in realtà a un modo gergale negli Stati Uniti di identificare i consumatori di marijuana. Insomma, nulla di fondato né possibile: d’altronde lo stesso Musk non ha mai nascosto di apprezzare quella sostanza, si è fatto ritrarre spesso in pubblico mentre fuma spinelli e poco tempo fa ha rilasciato una preoccupante intervista che ha sollevato diverse preoccupazioni sulla sua tenuta psicofisica.
In realtà l’ottovolante delle azioni di Tesla si è rimesso in moto nei giorni scorsi, quando si è saputo dell’avvio dell’indagine e della trattativa per risolverla, in un primo momento molto complessa. Il titolo del gruppo è per esempio arrivato a perdere quasi l’11% nelle ore immediatamente successive e ieri ha chiuso a oltre -13%. Quasi quanto aveva guadagnato dopo la scivolosa e ingiustificata uscita dei primi di agosto.