Un anno di futuro. Ma cosa abbiamo imparato dalle storie delle innovatrici e innovatori d’Italia? A vincere è quel gioco di squadra imprescindibile. Tra queste storie c’è Diego Suzzi, il liutaio solidale che a Cesena nei giorni dell’emergenza ha deciso di fare qualcosa per gli altri.
Che anno è stato questo 2023 che sta per concludersi per fare posto ad un 2024 dove – è inutile girarci intorno – si addensano nubi cariche di conflitti disseminati un po’ ovunque nel mondo? Per gli analisti questo tempo è definito global crisi. Ne sono stati contati una settantina di conflitti locali, ma con ricadute globali per uno scacchiere internazionali di difficile controllo. E poi c’è l’inflazione galoppante, il rischio recessivo per l’economia, l’emergenza pandemica che pare far di nuovo capolino. Eppure questo 2023 ci ha consegnato una marea positiva di storie che declinano innovazione diffusa, tecnologie evolute, competenze stratificate, resilienza estrema, tanto coraggio e gioco di squadra. Andate a leggere il nostro post di fine anno con l’elenco che abbiamo stilato con la nostra redazione di StartupItalia: in rigoroso ordine alfabetico cento storie di innovatrici e innovatori che sarebbero potute diventare duecento, trecento, cinquecento, mille. Insomma, abbiamo fatto fatica a fare sintesi. “Non ci sono altri giorni che questi nostri giorni”. Questo passaggio scritto da Italo Calvino nelle vicende paradossali del Cavaliere Inesistente ci riporta alla necessità di provare a comprendere ciò che accade capitalizzando al meglio il passato, vivendo appieno il presente, costruendo con lucido entusiasmo il futuro.
Certo, il mondo è in chiaroscuro, anche sul fronte degli investimenti e quindi del tasso di fiducia dell’ecosistema dell’innovazione. Lo abbiamo raccontato anche presentando i dati del report di fine anno That’s Round. Se il 2022 si è distinto come l’anno dei record con un valore dei round che ha superato i 2,3 miliardi di euro, in questo 2023 una concomitanza di fattori – conflitti geopolitici, spinte inflazionistiche, incertezza dei mercati, crisi globale di chip e materie prime – ha reso prudenti gli investitori e ha influito notevolmente sulle performance conclusive, che chiudono a poco meno della metà rispetto all’anno precedente. Tuttavia ci sono anche evidenze positive come l’aumento degli investimenti in un settore strategico come il cleantech: il 27% di tutto il capitale investito dai venture capital in Europa si concentra nella ricerca di soluzioni alternative alle fonti fossili e di tecnologie in grado di ridurre gli sprechi energetici e le emissioni nocive.
Allora quello che più ci raccontano queste cento storie è che la ricetta di futuro si costruisce sì puntando sulla conoscenza, sullo studio, sulla determinazione nel voler perseguire sfide all’apparenza difficili da affrontare. Ma tutto questo si riesce a fare puntando sul gioco di squadra, sulle alleanze impensabili e necessarie, sul senso di comunità. Al bando i solisti, in questo mondo così complicato si vince insieme. In fondo è quello che racconta la storia a mio avviso più rappresentativa. Se potessi osare, direi l’innovatore dell’anno. Si chiama Diego Suzzi, conosciuto come il liutaio solidale di Cesena. Lo abbiamo raccontato qualche mese fa proprio su StartupItalia proponendo storie resilienti di cittadinanza attiva, risposte alla drammatica alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna nel maggio 2023. In quei drammatici giorni, migliaia di persone avevano perso tutto. Dopo essere sceso in strada a spalare il fango, Suzzi, 41 anni, decide di lanciare la sua iniziativa, contando sul fatto che alcuni strumenti musicali, benché in gravi condizioni, potessero tornare a suonare come prima. «Ne ho raccolti circa 80, basandomi anche sul loro costo originario. Sono tutti recuperabili, anche quelli che al momento in cui sono stati portati al negozio sembravano senza speranza», ci ha raccontato Suzzi. Allora evviva Suzzi e tutti quelli come lui. Perché il futuro dell’innovazione passa da quelle intelligenze che si legano le une alle altre. Una risposta persino a quell’intelligenza artificiale diventata negli ultimi tempi vera e propria ossessione. E allora, se la migliore intelligenza fosse necessariamente plurale? E se fosse ancora quella umana?