Contro l’inflazione il colosso americano rilancia le stanze, preferite da solitari e millenial. «Le politiche per la casa sono prerogativa di chi governa». Così Giacomo Trovato, country manager di Airbnb
Airbnb ha da poco lanciato uno dei più ricchi aggiornamenti della sua storia. In attesa di introdurre sostanziali novità basate sull’intelligenza artificiale e una serie di servizi ancillari (alcuni ipotizzano i transfer, altri servizi per i bagagli) non prima del 2024, ha scelto per l’estate (boreale) un ritorno alle origini. Cioè di ristrutturare l’offerta dando più rilevanza alle stanze: più economiche, si riconnettono allo spirito pionieristico degli inizi. Quello spirito legato a quando gli allora 27enni Brian Chesky (oggi Ceo del gruppo) e Joe Gebbia, nel 2007, gonfiarono un materassino ad aria nel salotto del loro appartamento di San Francisco, trasformando così l’alloggio in un bed & breakfast. Da quel momento la strada sarebbe stata segnata, nella classica epica della Silicon Valley: prima l’arrivo di Nathan Blecharczyk, poi l’antenato di Airbnb (airbedandbreakfast.com), infine una piattaforma che con gli anni è arrivata a offrire strutture e soluzioni di ogni tipo, anche bizzarre, uniche al mondo, storiche o extra-lusso. D’altronde, in oltre 6 milioni di annunci in tutto il mondo si trova davvero un alloggio per ogni gusto.
Eppure, forse, quelle radici si erano un po’ perse. In tempi di inflazione galoppante un po’ in tutti i mercati, più che le super-ville con piscina o la raffinata residenza d’epoca coi dipinti d’autore alle pareti servono soluzioni genuine, semplici e appunto poco costose: «Si tratta di un’offerta diversa, che risponde a esigenze che non sono quelle di chi sceglie un intero appartamento – risponde Giacomo Trovato, country manager di Airbnb per l’Italia e il Sud-Est Europa, a StartupItalia – se una famiglia preferisce trascorrere un soggiorno in un appartamento dove, oltre allo spazio, può avere maggiore tranquillità, chi viaggia da solo o in coppia può optare per questa alternativa. Proprio viaggiatori solitari e millennial, infatti, risultano più inclini a prenotare una stanza privata».
Airbnb in numeri
I costi si fanno in effetti sentire. Come sa chi sta programmando un viaggio o una vacanza – o almeno ci sta provando – per i prossimi mesi, con i voli carissimi: il 70% è infatti ancora incerto sui propri programmi, come ha spiegato un recente report di Piratinviaggio. «Il costo della vita chiaramente è un fattore di scelta importante – conferma Trovato – basti pensare che nel 2022, con l’inflazione in continuo rialzo, le notti prenotate in stanze private in Italia sono cresciute del 90% circa rispetto al 2021. Tuttavia, gli alloggi interi sulla piattaforma rappresentano un’offerta conveniente. Secondo un sondaggio che ha coinvolto oltre 55mila utenti tra lo scorso dicembre e marzo 2023, più della metà di questi ha risparmiato sulla propria sistemazione prenotando su Airbnb».
All’inizio del mese, non a caso, l’ultima trimestrale di Airbnb ha rispecchiato questo quadro contraddittorio. Il primo trimestre 2023 della piattaforma è stato impressionante: il fatturato è stato di 1,8 miliardi di dollari, in aumento del 20% rispetto all’anno precedente. Il totale delle entrate ha superato la stima del consenso di Wall Street di 1,6 miliardi. Non solo: la società ha riportato un utile per azione di 18 centesimi, superando le previsioni di 7 centesimi. In aumento anche il valore lordo delle prenotazioni e le notti e le esperienze prenotate, salite del 19% a 121,1 milioni. Le prospettive sul secondo trimestre, però, hanno prodotto un calo delle azioni intorno al 9-10 maggio (poi solo parzialmente contenuto): per il periodo in corso, infatti, la società prevede un fatturato di 2,35 – 2,45 miliardi di dollari, in aumento «solo» dal 12% al 16% rispetto all’anno precedente. Fatturato più alto, dunque, ma ritmo di crescita lievemente più basso rispetto al 2022, quando il ritorno alla normalità post-Covid fece d’altronde segnare soglie da record. In un contesto scivoloso come quello turistico, tanto è bastato in quei giorni per scendere dai circa 127 dollari ad azione del 9 maggio ai 104 attuali. C’è anche da dire che lo scorso dicembre il titolo viaggiava intorno agli 82 dollari. Chi segue il settore non vede la flessione con particolare preoccupazione.
Serve una legge nazionale?
C’è poi il fronte del caro affitti, esploso ad esempio in Italia nelle ultime settimane con un’ondata di proteste e manifestazioni nelle università, ma da sempre in cima alle criticità abitative del nostro paese e non solo per il mondo degli studenti fuori sede. In molti accusano Airbnb (e piattaforme simili) di aver drogato il mercato, spostandolo sulle locazioni turistiche a breve termine e penalizzando così le soluzioni ad esempio per chi studia o lavora fuori dalla propria città d’origine o nuclei in difficoltà. «Crediamo che il numero delle case disponibili sulla piattaforma non sia tale da avere un impatto significativo sul mercato immobiliare – replica il country manager italiano – stiamo parlando di pochi punti percentuali rispetto all’intero patrimonio immobiliare privato. Chiaramente in alcuni centri storici di città ad alta vocazione turistica la situazione è più delicata e bisogna avere un’attenzione maggiore nei confronti dei residenti. Auspichiamo che le regole non siano diverse da città a città e che tutelino il piccolo proprietario. Per quanto riguarda gli studenti, credo che le politiche per la casa siano e debbano restare prerogativa di chi governa la città, il mercato immobiliare privato non può supplire da solo a questo tipo di domanda. Gli studenti e gli studentati per i fuori sede rappresentano una forma di residenzialità specifica, con precise caratteristiche che non corrispondono a quelle del mercato residenziale privato».
L’obiettivo, insomma, secondo Airbnb non può che passare da una collaborazione con il governo e in particolare con i ministeri competenti: «La nostra proposta di collaborazione con il Ministero si basa su una regolamentazione quadro a livello nazionale del fenomeno degli affitti brevi, con tutele speciali per i centri storici delle città d’arte volte a gestire le situazioni di tensione abitativa, fino all’eventuale rimozione dell’annuncio – dice Trovato – questo a patto che le nuove misure siano proporzionate e in linea con le proposte europee e non risultino punitive nei confronti di chi affitta, ad esempio, la casa di famiglia, soprattutto in un momento di crisi economica». In effetti questo è l’altro lato della medaglia: se da una parte gli affitti brevi alzano i prezzi, dall’altra la rendita costituisce comunque per molti l’unica fonte di entrate mensili.
La «staycation» è qui per restare
Intanto, oltre le stanze, l’inflazione e la crisi degli affitti, sembra consolidarsi un’altra tendenza che sta cambiando il mondo del turismo: la sbornia da “staycation” non pare infatti affievolirsi. E dopo un triennio di rivoluzioni personali e lavorative, segnato da “grandi dimissioni” e dalla voglia di ripartire dopo la crisi pandemica, moltissimi hanno deciso di «lavorare in vacanza». O almeno di viaggiare mentre lavorano: «Tra le nuove tendenze che la pandemia ha portato con sé, quella che vediamo resistere, ormai da tre anni, è proprio quella dei soggiorni che superano i 28 giorni e che noi definiamo a lungo termine – conclude Trovato -non a caso, i soggiorni di questo tipo rappresentano il 18% delle notti lorde totali prenotate nel primo trimestre del 2023. Spesso, infatti, i professionisti continuano a unire lavoro e vacanza grazie allo smartworking; in questo modo si fermano più a lungo in una località rispetto al classico weekend, portando vantaggi anche alle comunità locali».