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Più di 100mila dollari rastrellati su Kickstarter: così la startup Loop si è messa in luce nel settore dei pagamenti. I due fondatori Will Graylin e George Wallner hanno scelto il portale di crowdfunding, che ha recentemente sfondato il muro di del miliardo di dollari (anche l’Italia ha dato il suo contributo), per presentare al mondo il loro sistema di perfezionamento delle transazioni utilizzando dispositivi iOS.

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Si tratta di un dispositivo (chiamato Fob) grande quanto una scatola di fiammiferi, costituito da un lettore di banda magnetica e un jack per cuffie da 3,5 mm, in grado di crittografare e memorizzare carte di credito, bancomat, carte regalo e carte fedeltà e trasmetterlo al 90% dei Pos che troviamo già nei negozi.

Una volta collegato il Fob e scaricata l’apposita app, LoopWallet, sul device, quest’ultima gestirà tutte le carte inserite, infatti una volta registrate le carte, il Fob verrà sganciato dallo smartphone. Per accedere all’applicazione, bisogna inserire un PIN di 4 cifre che serve per salvaguardare i dati dell’utente.

L’idea di sostituire la carta di credito in plastica con un sicuro borsellino digitale di certo non è nuova e non è propria solo di Loop. Il tentativo più “celebre” è probabilmente quello di Google con il Google Wallet che per utilizzando la tecnologia NFC permette di caricare tutte le proprie carte di credito e pagare nei negozi senza bisogno di estrarne alcuna. Tuttavia il vero e proprio decollo non c’è mai stato, sia perché l’NFC non è mai stato supportato da Apple sia perché la tecnologia richiede grandi investimenti in infrastruttura e base istallata (scopri qui qual è l’alternativa utilizzata dalla casa della Mela).

Ecco dunque il valore aggiunto (e unico) di Loop: il sistema non richiede alcuna modifica né nel dispositivo dell’utente (lo smartphone) né nel Pos dell’esercente.  A oggi è forse il modo più immediato e sicuro per digitalizzare le proprie carte e pagare in qualsiasi negozio. Negli Stati Uniti è già possibile utilizzarlo non solo presso i grandi catene come Macy’s, Apple Stores o Starbucks ma anche nelle piccole lavanderie, farmacie, parrucchiere e così via.

In un test recentemente effettuato da un early adopter, Loop ha funzionato 14 volte su 17 tutte al primo tentativo. Il miglior risultato tra i wallet digitali che permettono i pagamenti via smartphone che sono stati provati fino ad ora. Inoltre ha funzionato con tutti i tipi di carte, consentendo la possibilità di digitalizzarne più di una nello stesso Loop. Lo svantaggio è che si tratta comunque di un hardware esterno, che ad oggi in Usa viene venduto al prezzo non proprio competitivo di 39 dollari.

I riscontri del mercato sembrano positivi e i suoi fondatori pensano già ad una versione Premium: una custodia per IPhone (venduta al prezzo di 99 dollari) capace di memorizzare i dati della carte di pagamento e con inclusa una batteria extra per risolvere uno dei problemi del melafonino. Il tutto sarà disponibile a giugno. Per quella data i maggiori concorrenti hanno già in programma importanti strategie.

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Coin ad esempio,  funziona offrendo pressappoco la stessa tipologia di servizio. L’unica ma sostanziale differenza è che, come sottolineano gli esperti, sembra quasi che Coin voglia eliminare il fattore mobile dai mobile payment. L’hardware infatti nel caso di Coin è costituito da una scheda con un piccolo schermo che ricorda in tutto e per tutto una carta di credito. Con la differenza che questa scheda consente di memorizzare più di una carta di pagamento, selezionando la preferita al momento dell’acquisto, e anche carte di fedeltà, coupon e così via. Di fatto è un mini computer dotato di un pulsantino che l’utente non deve far altro che premere scegliendo con quale carta pagare quando vuole procedere ad un acquisto (che comunque è possibile effettuare anche tramite l’app che Coin ha sviluppato per iOS e Android).

Un altro plus di Coin è la sua integrazione con la tecnologia BLE (Bluetooth Low Energy, scopri qui di cosa si tratta) che consentirà di fornire, una volta sviluppato l’ecosistema, una numerosa gamma di servizi a valore aggiunto. La sfida dunque è aperta e ancora tutta da giocare soprattutto in un Paese come l’Italia che deve ancora pienamente entrare nell’avvincente “loop” del mobile commerce.