Il sito di Mt Gox, il primo e più famoso portale di trading di Bitcoin al mondo exchange è stato chiuso. Sparito nel nulla. Mark Karpeles, numero uno dell’exchange si è dimesso e ora Mt Gox è sotto investigazione dalle autorità americane e giapponesi. Si parla di un buco da 380 milioni di dollari spariti (il valore dipende da quello del Bitcoin, più che dimezzato in pochissimo tempo, sono spariti sembra quasi 750mila Bitcoin).
Solo pochi giorni fa ancora Bitcoin veniva celebrato come uno dei più importanti fenomeni della crescente ondata digitalizzatrice nei servizi bancari e di pagamento. Ma già il 27 gennaio era stato arrestato a New York con l’accusa di riciclaggio Charlie Shrem, vicepresidente della Bitcoin Fundation. Il sogno, poco nascosto, di una global currency digitale, fuori dagli schemi e dalle regulation di autorità e soggetti finanziari. La currency di internet: social, P2P, digitale, gestita dagli utenti stessi, da privati.
Finito il sogno?
Altri sei operatori di Bitcoin (Coinbase, Kraken, Bitstamp, BTC China, Blockchain e Circle) hanno immediatamente preso le distanze da Mt Gox, tutta la community della Bitcoin Foundation ne prende le distanze e segnala, correttamente, come il sistema globale di gestione dei Bitcoin continui regolarmente a funzionare. Quindi? Dov’e’ la verità, cosa ci dobbiamo aspettare? Mi viene in mente il crollo del Linden Dollar, nell’estate 2007 che portò a picco con sé definitivamente Second Life. Altro tentativo di moneta virtuale. Altro fenomeno incredibile di internet, drammaticamente finito in una sola estate di fatto per il crack di una banca virtuale del Linden Dollar, la moneta virtuale di Second Life. Il Bitcoin, nato un anno e mezzo dopo la morte del Linden Dollar, farà la sua stessa fine?
Il Bitcoin è un sistema molto più evoluto del Linden Dollar, è davvero costruito per essere globale e per potersi impiegare come strumento alternativo, transnazionale di pagamenti digitali, fuori dagli schemi tradizionali. Non è una vera currency, non appartiene ad alcuno Stato (problema non da poco per le Autorità) e della sua stessa comunità. Si avvale di un sistema evoluto crittografato che ne determina la regolamentazione e gli scambi in maniera matematica. Niente regulation. Per poterlo usare bisogna installarne il software e si entra in connessione con la rete che sostiene il Bitcoin, una rete P2P. Per sua stessa natura bypassa quindi i sistemi tradizionali finanziari, i circuiti bancari e interbancari, quelli di pagamento. I portali di trading ne garantiscono l’aggancio al mondo reale, la convertibilità in monete correnti. Le Banche Centrali sono pertanto tagliate completamente fuori. Di qui il grande sogno digitale. La new currency, figlia del nuovo mondo.
Ma la verità il punto debole del sistema sta nelle sue stesse premesse. Nelle linee guida del Bitcoin enunciate dal suo (virtuale) ideatore Satoshi Nakamoto, quindi nelle sue premesse, c’è il virus. Recita il paper “ciò che serve è un sistema di pagamento elettronico basato su prove crittografiche, invece che sulla fiducia, che consenta a soggetti consenzienti di negoziare direttamente tra loro senza la necessità di un garante terzo”. Senza fiducia??? Non esiste currency o sistema di pagamento al mondo, per quanto digitale possa essere, che si possa reggere senza basarsi sulla fiducia. La stessa digital economy, l’e-commerce si basa sulla fiducia.
Dal momento in cui i sistemi monetari ed economici internazionali si basano su regole, controlli e Banche Centrali, e non piuù sulla convertibilità delle currency in oro è tutto solo una questione di fiducia. Basta vedere cosa è successo quando è fallita Lehman Brothers. O cosa succede ogni volta una Banca anche in Europa fallisce o va vicinissima ad un crack.
Questo è il nodo, è bastato un crack di un exchange hub per mettere in dubbio il Bitcoin. Perché? Perché non c’e’ abbastanza fiducia. E meno male aggiungerei. Perché? Perché per fortuna il Bitcoin ha ancora dimensioni piccole. Per quanto celebrato globalmente, ci sono in giro per il mondo solo circa 12 milioni di Bitcoin in circolazione. Anche al valore di 1000 dollari l’uno – valore ormai lontano – per l’economia globale la dimensione è irrisoria (e bisognerebbe riflettere sul fatto che il Bitcoin 14 mesi fa valeva solo 12 dollari – troppo instabile, speculativo). Pensate se invece si fosse globalmente diffuso con dimensioni ben più ampie, magari concentrato in un Paese superdigitalizzato, magari un Paese scandinavo. Una crisi del genere l’ avrebbe messo in ginocchio. Un Paese “sano” distrutto economicamente da un sistema di pagamento anarchico, senza controllo.
Come giustamente è stato fatto osservare dallo stesso Franco Cimatti della Bitocoin Foundation italiana “Il Bitocoin è una tecnologia nuova, che apre orizzonti inesplorati. Offre grandi opportunità ma nasconde numerosi rischi”. E’ un esperimento, avanzato, decisamente migliore del Linden Dollar, ma, necessario per aprire nuove vedute ma, a mio avviso, non sufficiente. Non definitivo. Quello che manca è iniettare fiducia.
Si può forse mantenere il sogno, l’idea, di un sistema nuovo, globale, una piattaforma che bypassa semplificando l’attuale sistema mantenendosi prevalentemente P2P, ma si deve rendere il tutto sicuro. In qualche modo la moneta digitale va monitorata, supervisionata e vigilata dalle Banche Centrali. Non c’e’ altro modo. Serve la fiducia. Una global digital currency non è impossibile. Ci stiamo avvicinando. Va perfezionato il sistema, riscrivendone le premesse.