Ci stanno provando in molti, da Google in giù
Nel gennaio 2020, durante il CES di Las Vegas, Toyota aveva svelato il progetto di Woven city, piccola cittadina tech ai piedi del monte Fuji, dove le auto a guida autonoma saranno la norma. Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti e i difficili mesi del primo lockdown sono stati banco di prova per altri veicoli intelligenti, pensati non tanto per il trasporto di persone, ma di merci. Come la spesa. Su StartupItalia vi abbiamo raccontato numerose testimonianze di startup che in mezzo mondo hanno lanciato test di piccoli robot in grado di circolare e consegnare prodotti. Questo significa che l’innovazione della guida autonoma ha sterzato e preso un’altra direzione? Andiamo con ordine.
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Guida autonoma, arrivi o no?
Sono anni che si sente parlare di guida autonoma, ma se questa fosse una gara l’innovazione in questione sarebbe stata superare e doppiata più volte da altre tecnologie. Da un certo punto di vista è come se, al di là dei test e dei progetti, la rivoluzione delle auto che si guidano da sole abbia ormai abituato i curiosi all’idea di un bel giocattolo poco utile nella vita quotidiana. Su questa rivoluzione per le smart city hanno investito buona parte dei Big Tech d’oltreoceano. Come Uber, che meno di un anno fa ha però deciso di vendere la propria unità di self driving car alla startup Aurora, il cui Ceo, Chris Urmson (ex dipendente di Google), è già stato definito come l’Henry Ford dell’auto a guida autonoma.
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Dopo anni di insuccessi e problemi, Uber ha mollato l’osso e ceduto il proprio know how a una startup che si sta concentrando sul settore del trasporto merci. Non è infatti un caso che Volvo, il secondo costruttore al mondo di camion, abbia stretto un accordo proprio con Aurora per mettere su strada i giganti del futuro (senza autista). Stando a questo studio del 2017, entro il 2030 fino a 6,4 milioni di camionisti potrebbero perdere il lavoro se questa tecnologia dovesse essere introdotta in maniera massiccia. Tra i trend che dobbiamo aspettarci c’è dunque quello delle merci che si spostano grazie alla guida autonoma?
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Non si può parlare di guida autonoma senza citare il caso studio di Google, che con la sua divisione Waymo ha nelle gomme più chilometri di test rispetto ai competitor. A metà giugno l’azienda ha annunciato la chiusura di un round da 2,5 miliardi di dollari. Cifra stratosferica che però non ha spento le polemiche di chi sottolinea quanto la rivoluzione di Big G nel campo della mobilità tardi ad arrivare.
Meglio mangiarci su
Chi invece arriva puntale è la pizza di Domino’s Pizza, nota catena USA che ad aprile ha avviato a Houston le consegne con R2, piccolo veicolo a quattro ruote della startup Nuro (fondata, guarda caso, da due ex ingegneri di Google). Qualcosa di molto simile si era già visto a Hong Kong, con Camello, mezzo autonomo che è riuscito a consegnare la spesa alle famiglie. E in tutto questo che si dice di Elon Musk? Abituato al successo e a dettare la linea in fatto di mobilità, ha dovuto ricredersi: fare auto a guida autonoma è molto più difficile del previsto.