Le nuove indagini figlie dell’inchiesta sul Ponte di Genova gettano pesanti ombre sullo stato di ammaloramento dell’intera rete autostradale. Ma la tecnologia potrebbe aiutare
L’arresto dell’ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, Giovanni Castellucci, finito ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta sul crollo del ponte Morandi di Genova, riporta in auge il tema della sicurezza di gallerie, viadotti e ponti. Secondo gli inquirenti, gli indagati avevano “la consapevolezza della difettosità” delle strutture “e del potenziale pericolo per la sicurezza stradale” In particolare, nelle ultime ore, ci si sta concentrando su possibili carenze delle barriere fonoassorbenti. Carenze ben note ai vertici di Autostrade ma ignorate per motivi economici. Questo pone però inquietante interrogativi sullo stato di ammaloramento delle strutture che percorriamo ogni giorno in auto.
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Cosa sostengono gli inquirenti
Secondo i procuratori, che indagano sulla questione delle barriere anti rumore, negli indagati c’era la consapevolezza “di difetti progettuali e di sottostima dell’azione del vento, nonché dell’utilizzo di alcuni materiali per l’ancoraggio a terra non conformi alle certificazioni europee e scarsamente performanti”. L’aspetto che fa maggiormente raccapriccio, soprattutto tenendo vivo in filigrana il ricordo della tragedia di Genova, riguarda il fatto che gli inquirenti sostengono che le barriere non furono sostituite per risparmiare: l’intervento sarebbe costato 140 milioni di euro. E così, stando a quanto si legge nell’ordinanza, la resina usata per le barriere fonoassorbenti non aveva il marchio CE e, come sostiene un indagato nelle intercettazioni, le varie paratie ora rimosse erano “incollate con il vinavil”.
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© Foto: Facebook Autostrade per l’Italia
La Guardia di finanza sostiene che è stata “riscontrata la volontà di non procedere a lavori di sostituzione e messa in sicurezza adeguati, eludendo tale obbligo con alcuni accorgimenti temporanei non idonei e non risolutivi. Contestata anche la frode nei confronti dello Stato, per non aver adeguato la rete da un punto di vista acustico (così come previsto dalla Convenzione tra Autostrade e lo Stato) e di gestione in sicurezza della stessa, occultando l’inidoneità e pericolosità delle barriere, senza alcuna comunicazione – obbligatoria – all’organo di vigilanza (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti)”. Se questa era la situazione dei pannelli, lecito domandarsi come stiano ponti e viadotti, la cui manutenzione costa sicuramente di più.
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Almeno 12mila da controllare
Il Consiglio Nazionale delle Ricerche evidenzia che in Italia dai 10.000 ai 12.000 ponti andrebbero controllati e revisionati. Sarà questa, indubbiamente, la priorità del nuovo gestore di Autostrade, chiunque esso sia. Sarà un lavoro da fare immediatamente, senza bloccare la rete autostradale come accaduto quest’estate in Liguria o si rischiano nuove ripercussioni economiche in un periodo già molto difficile per via della pandemia. Ecco allora che può pensarci l’algoritmo, come spiega Niccolò De Carlo, ceo e co-fondatore di Sensoworks, startup italiana specializzata in monitoraggio infrastrutturale attraverso l’alta tecnologia: «Abbiamo un nuovo “attore sociale”, che i matematici chiamano algoritmo, in grado di leggere le “parti numeriche” della realtà praticamente ovunque, perfino dentro le nostre stesse vite, attraverso i dati che disseminiamo online».
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La tecnologia permette infatti un monitoraggio “dinamico”, continuo, con acquisizione automatica dei dati e gestione da remoto, aumentando la trasparenza della gestione. «Abbiamo appunto creato Sensoworks —prosegue De Carlo— per essere in grado di raccogliere e processare l’insieme di questi dati, relativi alle infrastrutture, con una velocità ed un’efficienza fuori dalla portata umana. Il “sistema Sensoworks” è in grado di suggerirci corrispondenze e legami tra gruppi di dati che a noi umani sfuggirebbero».
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Eppure, conclude il Ceo della startup, «Ancora oggi i controlli più utilizzati sulle nostre strade e sui nostri ponti sono le ispezioni visive». Insomma, la tecnologia c’è, ora non resta che augurarsi che ci sia la voglia di sfruttarla e la disponibilità a investire sul serio nella manutenzione.