Gli industriali vedono il futuro nero e nerissimo il presente
Ammesso che voglia dir qualcosa l’espressione “risalita fragile” (una risalita può essere accidentata, aspra, difficile, faticosa, ma non fragile…), Confindustria vede il prossimo futuro nero e il presente nerissimo. E con il report mensile “congiuntura flash” di Giugno scaglia quella che ha tutta l’impressione di essere una gragnuolata di colpi indirizzata all’esecutivo, reo, a detta del nuovo presidente, Carlo Bonomi, di rischiare di fare “più danni del Covid-19″. Che tra gli industriali e il governo di Giuseppe Conte ci sia ben poco feeling è noto e il recente botta-e-risposta andato in scena nel pieno degli Stati generali lo ha dimostrato. Ma da viale dell’Astronomia hanno indubbiamente ragione su di un fatto: la situazione è molto seria e urgono interventi altrettanto seri. Ecco, allora, paragrafo per paragrafo, i punti dolenti fotografati da Confindustria.
I punti deboli dell’economia italiana post Covid
“I dati del PMI (Purchasing Managers’ Index) – scrivono gli analisti di Confindustra – confermano che, nonostante la graduale fine del lockdown dal 3 maggio e la possibilità di riapertura dell’attività, la risalita non è completa. È apprezzabile, ma parziale, nell’industria (45,4 a maggio), che aveva registrato un tonfo ed era già in difficoltà prima del Covid. Molto meno nei servizi (dove alcuni comparti riaprono a giugno), che restano in forte difficoltà (28,9) dopo il tracollo subito. Il problema ora è la domanda che resta bassa, per vari beni e servizi, frenando le imprese che hanno riaperto e facendo accumulare scorte”. Per questo, dalle parti di viale dell’Astronomia si vaticina una “risalita fragile”.
Di spalle, Carlo Bonomi. Di fronte, Giuseppe Conte
“In aprile – si legge nel report – la produzione industriale è scesa del 19,1% (-28,4% a marzo), con cali marcati in tessile-abbigliamento, gomma-plastica, mezzi di trasporto; nonostante il recupero atteso in maggio e giugno, il 2° trimestre registrerà un calo intorno a -20%. Si conferma, perciò, un crollo del PIL (stimato a circa -9,0%, dopo -5,3% nel 1°). Questo sarà il punto di minimo della recessione, perché con la risalita faticosamente avviata si creano le condizioni per registrare un rimbalzo nel 3° trimestre”.
Viene poi sottolineato come tutto rischi di essere congelato dalla poca fiducia per consumi e investimenti: “a maggio la fiducia dei consumatori resta bassa e i giudizi sull’opportunità di acquisto di beni durevoli molto negativi: brutto segnale per i consumi. Ancora compressa anche la fiducia tra le imprese manifatturiere, con gli ordini interni dei produttori di beni di consumo e di capitale che restano molto ridotti: arduo programmare investimenti in tale contesto”.
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Male anche le due punte di diamante dell’economia italiana: l’export e il turismo. “L’export di beni è crollato di un ulteriore 34,5% in aprile (-16,3% a marzo). La caduta è diffusa ai principali mercati, più forte per beni di investimento e di consumo durevole, i cui acquisti possono essere posticipati. Gli ordini esteri indicano risalita da maggio, ma su livelli molto bassi. I flussi turistici si sono interrotti già a marzo: -83,4% annuo le spese dei viaggiatori stranieri”.
Naturalmente non sfugge dal radar il monte ore, di proporzioni storiche, della cassa integrazione in deroga: “Già a metà maggio le ore autorizzate di CIG “Covid” erano oltre il picco del 2010. Il ricorso alla CIG permetterà un aggiustamento al ribasso delle ore lavorate per occupato e la tenuta dei posti di lavoro. In aprile gli occupati sono calati (-274mila), gli inattivi saliti molto (+746mila)”.
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Le notizie positive secondo Confindustria
Tra le poche notizie positive, gli industriali registrano una apertura del mondo del credito, spinta dai recenti incentivi economici varati dal governo: “In aprile si è rafforzato l’aumento dei prestiti alle imprese (+1,7% annuo), con il costo fermo ai minimi (1,1% in media), grazie ai primi effetti delle misure per la liquidità. E’ importante che questo flusso di credito prosegua, per far fronte alle necessità create dal crollo dei fatturati”. E poi c’è la Borsa, che non segna certo rimbalzi, ma prova a risalire la china: “Le quotazioni proseguono la risalita, indicando migliorate attese sull’economia, ma con andamento piuttosto incerto: quella USA a metà giugno segna ancora un -8,5% rispetto ai livelli pre-Covid di fine febbraio; in Italia i listini azionari restano più compressi (-22,8%)”.
E se gli USA sono ancora nel pieno della tempesta pandemica di Coronavirus, la Cina sembra essersi lasciato il peggio alle spalle, spegnendo anche in fretta l’ultimo focolaio registrato: “Tra le economie emergenti più importanti, la Cina è l’unica in cui la manifattura è tornata lievemente a crescere (PMI a 50,7 a maggio). A picco, invece, l’industria in Brasile (38,3), Russia (36,2) e India (30,8). L’andamento di queste economie è ancora fortemente legato all’evolvere della pandemia, che negli ultimi giorni si è ripresentata anche a Pechino, rendendo fragile la ripartenza”.
Gli industriali temono lo spread
E poi sotto osservazione rimane naturalmente lo spread, soprattutto dato che il barometro della nostra economia segna un meteo pessimo, come confermato ancora questa mattina dal numero 1 di Bankitalia, Ignazio Visco, che ha parlato di un PIL che potrebbe finire a -10 (per Confindustria -9). “A giugno il rendimento del BTP è sceso all’1,43% medio, da 1,73% a maggio. In Germania si è invece registrata una piccola risalita dei tassi, sempre in territorio negativo. Perciò, lo spread sovrano dell’Italia si è ridotto a 182 punti, rispetto ai 223 registrati in media a maggio. Resta comunque molto ampio, anche verso la Francia e la Spagna. Inoltre, l’andamento degli ultimi mesi, durante la crisi da Covid-19, è stato estremamente volatile e suggerisce che il trend discendente che osserviamo ora non può essere considerato ormai acquisito”.
Il Recovery Fund, ovvero gli aiuti che Roma attende con ansia da Bruxelles, per Confindustria contribuirà a mantenere bassa la febbre dello spread, ma, avvertono gli industriali “per attenuare i rischi, l’unica strada è mettere il debito su un sentiero di rientro, una volta superata l’emergenza Covid”.