La Banca centrale europea mette sul piatto altri 600 miliardi per l’acquisto dei titoli di Stato e calmierare gli spread
Mario Draghi sarà ricordato per il suo bazooka, il quantitative easing. Christine Lagarde, che ora occupa la poltrona che fu dell’economista italiano, per il PEPP, anzi, il super PEPP. Il Pandemic Emergency Purchase Programme varato in piena emergenza Coronavirus per frenare l’avanzata della speculazione sul fronte dei mercati di capitale che avrebbe rischiato di aggredire i Paesi più colpiti dal Covid, che hanno anche le economie più deboli ed esposte, come l’Italia e la Spagna. Oggi Lagarde ha annunciato che il PEPP potrà contare su altri 600 miliardi. Gli analisti ne attendevano 100 in meno.
Il super PEPP
E dire che, fino a poco tempo fa, Christine Lagarde aveva rischiato di passare alla storia come la principale responsabile del tracollo delle Borse europee, in particolare quella italiana. Accadde il 13 marzo scorso. Gli scaramantici ricorderanno che era pure un venerdì. Mentre l’Italia era alle prese con i sempre più inquietanti bollettini medici sull’avanzata del Coronavirus, la numero 1 della BCE si lasciò sfuggire: “Non siamo qui per il calo dello spread“.
Christine Lagarde
© Christine Lagarde Twitter
In pochi minuti si volatilizzarono 68 miliardi di euro, con la stimmate del -17% sul tabellone di Piazza Affari. Un intervento improvvido (in realtà Lagarde intendeva probabilmente affermare che la crisi economica non era finanziaria, quindi era inutile ogni intervento a favore dello spread, ma lì capì che quando si è di fronte a un plotone di giornalisti è meglio soppesare ogni parola), che le causò persino il rimbrotto di Sergio Mattarella: “Se non volete aiutarci, almeno non danneggiateci”, il succo del rimprovero quirinalizio.
Ma questa ormai è storia lontana. Perché nelle settimane a venire Lagarde ha fatto davvero l’impossibile per farsi perdonare, introducendo appunto il PEPP, il programma di acquisto del debito per aiutare gli Stati in affanno con le emissioni dei loro bond. Alla dotazione iniziale, di 750 miliardi, oggi Lagarde ne ha aggiunto altri 600 (ne erano previsti, al più, 500), portando il Fondo per la crisi pandemica a quota 1350 miliardi. Ma c’è di più, perché il programma a sostegno degli Stati “Verrà esteso almeno fino a fine giugno 2021” rispetto all’attuale scadenza di dicembre 2020, con reinvestimenti fino a fine 2022. La vita del PEPP potrà poi essere prorogata: sarà la BCE a staccare la spina, ma solo quando “giudicherà che la crisi del coronavirus è finita”. In risposta a chi già guardava con preoccupazione al ritorno autunnale della pandemia. Se si considera poi che tutto questo è avvenuto a stretto giro dalla sentenza della Corte costituzionale tedesca che si è arrogata il diritto di chiedere spiegazioni alla BCE sul quantitative easing di Draghi, scavallando la Corte di Giustizia comunitaria che lo aveva già promosso, Lagarde ha dimostrato che la tutela delle economie più in difficoltà continuerà anche di fronte alle resistenze e alle istanze dei Paesi più frugali.