Il libro è un viaggio, compiuto da una delle autrici, tra San Francisco e San Jose negli headquarter di alcune delle più grandi aziende al mondo.
Cosa puoi insegnarci la terra dell’innovazione, la Silicon Valley?
Questa è la domanda da cui sono partite Eleonora Chioda e Tiziana Tripepi, autrici di Silicon Valley. Sogna Credici Realizza. Cosa imparare dalla terra dell’innovazione per farcela in Italia.
Il libro è un vero e proprio viaggio, quello compiuto da Eleonora Chioda, giornalista e caporedattore di Millionaire, negli appena 80kmq, “dove si costruisce il futuro del mondo”, per usare una sua espressione. L’anno è il 2018, trascorre tre settimane tra San Francisco e San Jose e percorre tutta la HW101, passando per luoghi leggendari, come Cupertino, Mountain View, Menlo Park, Santa Clara…
Il viaggio la porta a visitare gli headquarter di Facebook, Quora e Google e di intervistare alcuni personaggi iconici della Silicon, come Steve Blank e Paul Graham, e a scambiare quattro chiacchiere con i tanti italiani che hanno fatto fortuna lì.
Abbiamo raggiunto Eleonora e Tiziana per avere qualche anticipazione del libro, edito da Hoepli.
Un libro per pionieri e visionari
Appena tornata in Italia, Eleonora condivide l’idea con Tiziana Tripepi, anche lei firma della rivista Millionaire:
«Siamo partite con l’idea di rivolgerci a chi vuole fare una startup in Italia ma alla fine del nostro lavoro abbiamo scoperto che è un libro per tutti. Per pionieri, visionari, innovatori. Per viaggiatori che vogliono scoprire le radici dell’innovazione mondiale. Per studenti. Tutti, imprenditori o no, in questa parte di mondo impariamo a mettere in discussione le certezze e a non aver paura di ripartire con nuove sfide», spiega Eleonora a Startupitalia!
Steve Blank, Paul Graham, Alexander Osterwalder, sono tanti i personaggi iconici protagonisti del libro. Chiediamo a Eleonora e Tiziana di raccontarci cosa hanno imparato da ognuno di loro:
«Steve Blank, è il guru della Silicon Valley, l’uomo che ha codificato un metodo rivoluzionario per creare una startup, e che oggi è insegnato a Stanford e in 30 università di tutto il mondo. A lui si deve la definizione di startup: “come un’organizzazione temporanea in cerca di un business model ripetibile, scalabile e profittevole”. E anche il concetto alla base del suo funzionamento: Get out of the building. Che significa: prima di lanciare un prodotto o un servizio dovresti vedere se qualcuno vuole comprarlo. Una cosa ovvia ma che nessuno fa».
«Paul Graham – continuano a raccontare – è l’inventore del primo e più forte acceleratore del mondo: il suo Y Combinator è ancora oggi, a 14 anni di distanza, il numero uno. Chi riesce a entrare (si parla dell’1% di chi fa richiesta) ottiene un bollino di credibilità che gli apre tutte le porte. Ci ha insegnato che le idee che nascono da un bisogno reale sono quelle vincenti. Conosci il suo mantra: “Make something people want”? Qui è racchiusa tutta la sua filosofia. Alex Osterwalder è uno svizzero che grazie alla sua tesi di laurea sul Business Model Canvas è diventato uno dei nomi più importanti nel campo delle startup. Ci ha insegnato che puoi avere la miglior tecnologia esistente ma se non hai un business model che funziona, non andrai molto lontano».
Visitando Facebook, Quora e Google
La ricerca dei talenti è una costante nella Silicon per le grandi aziende, che hanno difficoltà a reperirli, come ci raccontano le autrici:
«Visitando i quartieri generali di Facebook, Quora o Google, ci è capitato di vedere accanto alle scrivanie palloncini colorati con il numero 1, poche volte 2, quasi mai 3. Si festeggiano gli anni di permanenza nello stesso posto di lavoro. La media è un anno e mezzo.
«Le grandi società – continuano – hanno difficoltà a trattenere i talenti migliori. A nulla servono soldi, benefits, stock options. C’è una sorta di ansia collettiva. Tutti sono pronti a lasciare un posto di lavoro per lavorare in un altro più bello o magari per trasferirsi in un garage o in un coworking per fare la propria startup e dare un contributo al mondo. “In Silicon Valley se ti metti al centro di un ristorante e dici: “C’è qualche ingegnere che vuole unirsi a una startup? Tutti alzerebbero la mano, incluso il cameriere”, ci ha raccontato Steve Blank».
I lati oscuri della Silicon
Il libro non è solo un’esaltazione della Silicon, ma riesce a far emergere anche i lati oscuri e tutto quello che dovrebbe farci paura:
«Mai così tanto potere è stato concentrato nelle mani di pochi. Mai un pugno di aziende ha avuto così tanta influenza sulla vita di così tante persone. Dallo scandalo dei nostri dati (divulgati per trarne profitto) alle accuse di sessismo, dalle discriminazioni di genere all’elusione di miliardi di dollari: ecco il lato oscuro della Valley».
Ciò malgrado, resta “il luogo dove tutto è possibile, dove se hai talento e competenze puoi farcela”:
«Gli imprenditori sono considerati i nuovi dei. I bambini, per dirtela con le parole del docente di Mba Scott Galloway, crescono sognando di essere il prossimo Jeff Bezos non il prossimo Ronaldo».
La lezione della Silicon per gli startupper italiani
Alla fine dell’intervista, chiediamo alle autrici cosa gli startupper italiani possono imparare dalla terra dell’innovazione:
«Lo state of mind, in primo luogo: che significa pensare diverso, collaborare, abbracciare il rischio, sapendo che fallire non è un problema ma solo un’opportunità per farcela. E poi le best practices, codificate nel metodo lean startup, un metodo rivoluzionario nato in Silicon Valley che permette a una startup di diventare una grande impresa. Che la “persistence” dei founder è il primo indicatore di successo e la prima cosa a cui guardano gli investitori. E che c’è un segreto per raccogliere soldi: si chiama networking. È difficile che si riesca a ottenere capitali senza conoscere nessuno. Quello del venture capital è un business basato sulle relazioni. Sulla fiducia. Si chiama introduction business».