Gli incubi fungono spesso da valido scenario per un videogioco. La saga di Little Nightmare ha in questo senso fatto scuola, generando panico costante nel gamer al cospetto di ambienti molto più grandi rispetto al minuscolo protagonista, pieni di minacce che si attivano al minimo rumore. The Prisoner of the Night, sviluppato da RMAL e pubblicato da Eastasiasoft, è un platform parecchio sfidante (ai limiti dell’ostico), nel quale impersoniamo una bambina di nome Nartide, chiamata ad affrontare la bellezza di 159 livelli.
The Prisoner of the Night: la recensione
The Prisoner of the Night è un titolo indie di cui emergono anzitutto i limiti grafici. I modelli poligonali sono abbozzati, con scenari senz’altro ambiziosi che richiamano un immaginario alla Tim Burton, ma dove l’effetto complessivo risulta troppo acerbo e poco curato. Come in ogni platform, il gameplay si regge sugli spostamenti lungo una schermata che in questo caso è a scorrimento orizzontale.
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Nartide è una bimba chiamata ad affrontare ostacoli e minacce davvero crudeli, con poco spazio per tirare il fiato. La curva di difficoltà è ripida e la morte è un giudice severo che compare ogni volta in cui la protagonista viene colpita. Macché, anche solo sfiorata. In quel caso si riparte dall’inizio del livello, con tanti saluti alla pazienza.
Su carta The Prisoner of the Night avrebbe tutto per intrattenere il gamer in un’esperienza sfidante, ma a conti fatti risulta eccessivamente frustrante. Roba da spegnere la console nei momenti più rabbiosi. Per proseguire nell’avventura fanno la differenza gli abiti che la ragazzina riesce a indossare, cambiandoli al volo con la sola pressione di un tasto per ottenere vari effetti.
Disponibile su tutte le console e su Steam, The Prisoner of the Night è un titolo che rasenta la sufficienza e che ci sentiamo di non consigliare. A meno che non siate gamer appassionati del genere e delle atmosfere gotiche e lugubri, col gusto per la sfida hardcore.