Era l’agosto del 2020 e, tra un lockdown e l’altro, su StartupItalia pubblicavamo la recensione del primo Fairy Tail, trasposizione videoludica del manga shōnen di genere fantasy ideato, sceneggiato e illustrato dall’artista nipponico Hiro Mashima. Sono passati ben quattro anni da allora, un’intera era nel mondo dei videogame, e l’etichetta KOEI TECMO assieme al proprio studio interno Gust (che i più probabilmente conoscono per la serie Atelier) tornano per concludere la sinossi con Fairy Tail 2.
Fairy Tail 2, meglio tardi che mai. O no?
Dal punto di vista della sinossi, Fairy Tail 2 è un’opera legata a doppio filo al predecessore. E ciò in altri termini significa che è davvero difficile capirci qualcosa se non si ha giocato al primo capitolo. Basti pensare che è stato difficile raccapezzarsi persino per noi, che pur avendolo giocato avevamo dimenticato quanto accaduto sullo schermo del nostro tv da salotto.
Ciò che però non abbiamo dimenticato – e che è stato impossibile ignorare fin dalle prime battute di questo secondo capitolo – è che il capostipite della serie fosse di gran lunga più grosso e approfondito. Non solo dal punto di vista dei personaggi controllabili direttamente, il cui numero è stato dimezzato in modo drammatico (nel primo ne avevamo 20, considerati i 4 DLC, contro gli attuali 10), ma anche per via del fatto che ora le mappe sembrano assai più lineari e, soprattutto, scevre di missioni secondarie.
Variegato e approfondito, invece, il combat system, sebbene negli scontri non sarà più possibile schierare 5 combattenti, bensì 3 col giocatore che potrà però controllarne attivamente solo uno. Alcune migliorie sono state introdotte, come l’eliminazione degli MP individuali per evitare che i combattenti più usati finiscano inevitabilmente senza, sostituiti da punti da condividere col team e che aumentano concatenando attacchi. Non è invece migliorata l’interfaccia grafica, che resta sempre un po’ oscura e non riesce nel compito di rendere più digeribile un combat system comunque stratificato.
Soddisfa decisamente meno come si anticipava il mondo di gioco: bello e colorato, fumettoso e ricco di architetture arzigogolate (le fasi esplorative non fanno mistero di essersi ispirate per stile agli ultimissimi Dragon Quest), eppure permeato dall’antipatica suggestione di essere “vuoto”, complice anche l’esiguità di cose da fare sul fronte side quest.
Tanti scrigni da “rinvenire” e aprire, certo, ma rispetto al primo titolo Fair Tail 2 è decisamente più lineare nell’incedere e ospita meno missioni di contorno. Un vero peccato, considerati i progressi fatti nel sistema di combattimento.