Ci sono titoli che hanno percorsi di sviluppo particolarmente accidentali. Altri veri e propri travagli. E poi c’è Eiyuden Chronicle Hundred Heroes che si è rivelato essere un concentrato di sfighe. Tutto quello che poteva andare storto, infatti, è accaduto compresa la perdita improvvisa e traumatica del suo creatore, ma per fortuna la maledizione che si è abbattuta su questo RPG di foggia nipponica non ne ha intaccato la qualità finale.
Eiyuden Chronicle Hundred Heroes, più che un gioco. Un lascito
Ma andiamo con ordine e partiamo dal principio. La nostra storia ha inizio quando Yoshitaka Murayama decide di lasciare Konami. Episodio vissuto in modo drammatico da tantissimi videogiocatori che si sentono immediatamente orfani della saga Gensō Suikoden. Com’è noto, Murayama, spinto dal desiderio di mettersi in proprio, fonda prima la software house Blue Moon Studio e poi, insieme ad alcuni colleghi di Suikoden II, la startup innovativa Rabbit & Bear Studios.
Leggi anche: Star Ocean The Second Story R, gioco di ruolo stellare?
Lo spirito originale di Suikoden rivive oggi in Eiyuden Chronicle Hundred Heroes, che su KickStarter ha raccolto quasi 4 milioni di euro contro i 400 mila chiesti. Fatto, questo, che ha spinto il piccolo team a rivedere integralmente il progetto, allungando i tempi dello sviluppo fino al 2024 e a utilizzare parte della somma in più raccolta per lo sviluppo dell’antipasto Eiyuden Chronicle Rising, sviluppato da Natsume Atari.
Leggi anche: LIVE A LIVE, così un videogioco con quasi 30 anni sorprende ancora oggi
Nel frattempo, però, lo scorso 6 febbraio Yoshitaka Murayama è passato a miglior vita a seguito di una malattia che gli ha impedito di vedere il frutto del proprio lavoro giungere nei negozi. La sua eredità sta appunto in Eiyuden Chronicle Hundred Heroes, che è anche sequel spirituale di Suikoden: persa l’IP (rimasta nelle mani di Konami) Rabbit & Bear e 505 Games consegnano ai fan un JRPG che potrebbe essere il sesto episodio della saga per la quale Murayama era noto.
Si tratta di un role play game molto classico, con i soliti personaggi stereotipati e l’immancabile mondo medievaleggiante che inserisce alcune simpatiche variazioni sul tema. A iniziare dal fatto che il personaggio principale non è il classico personaggio muto, completamente impermeabile a tutte le disavventure che gli accadono attorno ma fa storia a sé soprattutto per via della presenza di un quartier generale (un castello in rovina in cui i nostri si accampano) in grado di diventare un vero e proprio hub del gioco.
Leggi anche: Unicorn Overlord, perché non dovrebbe mancare nella vostra ludoteca
Ripristinarlo richiederà parecchi sforzi: bisognerà infatti reclutare personaggi che posseggano le arti di restauro corrispondenti, racimolare le materie prime necessarie (che si trovano solo nei dungeon) e ovviamente investirci tanti, tantissimi soldi.
Farlo, però, aprirà la porta a tanti siparietti, mini-game e persino diversi bonus che renderanno il titolo un po’ più facile (tra questi spicca un’indovina molto utile per avere suggerimenti sul dove andare e chi incontrare).
Essendo un JRPG che si rifà ai GDR d’un tempo, in particolare a quelli dell’epoca SNES e Saturn, Eiyuden Chronicle Hundred Heroes propone un alto tasso di sfida fin dalle primissime ore. Anzi, a dirla tutta il bilanciamento non ci è parso perfetto, dato che il gioco è davvero impegnativo sulle prime, salvo poi rabbonirsi nella seconda parte dell’avventura.
Leggi anche: Super Mario RPG, sodalizio delizioso tra Nintendo e Square
Questo non perché la seconda metà sia realmente più facile, ma perché mettendo assieme un party d’eroi sempre più variegato e soprattutto acquisendo oggetti, abilità e magie sempre più utili a fronteggiare le situazioni disperate (che collimano con le boss battle), le volte in cui un bruto ce le darà di santa ragione caleranno sensibilmente.
Se si è disponibili a passare al di sopra ad alcuni spigoli che difficilmente trovano posto nelle produzioni del 2024, Eiyuden Chronicle Hundred Heroes si rivela un RPG davvero godibile, anche grazie all’ottima localizzazione italiana. Stilisticamente parlando, poi, è davvero delizioso. L’eredità di Yoshitaka Murayama non poteva essere migliore, anche se questo ci rende ancora più difficile digerirne la prematura scomparsa…