Anche nel mondo imprenditoriale, si sa, abbondano le disparità di genere. Siamo andati a New York a incontrare l’unico business angel in tutti gli Stati Uniti che si rivolge esclusivamente all’imprenditoria femminile: Jo Ann Corkran.
Chi è Jo Ann Corkran
Raggiungiamo Jo Ann Corkran, co-ceo e managing partner di Golden Seeds, nel suo ufficio a Manhattan. Una vita trascorsa a Wall Street tra Morgan Stanley, First Boston e Credit Suisse per approdare poi Golden Seeds fondata nel 2004. «Mi piacerebbe dire che avevo la missione di rendere il mondo più giusto ma in realtà un venture deve fare soldi ed investire sulle donne, è un dato di fatto, è più proficuo».
Tutti i numeri della disparità
A dirlo non è solo Jo Ann Corkran ma uno studio della Boston Consulting, una delle più grandi aziende di consulenze strategiche nel mondo. Dalla ricerca emerge che società fondate o co-fondate da donne hanno ricevuto negli Stati Uniti una media di finanziamenti pari a 935.000 dollari contro i 2,1 milioni investiti in società fondate da uomini. Nonostante la disparità, nel tempo, le aziende femminili hanno generato circa il 10% in più di entrate, 730.000 dollari contro i 662.000 generati da aziende prettamente maschili.
Una situazione che si presenta identica anche in Italia. I dati elaborati da InfoCamere per l’Osservatorio sull’Imprenditorialità femminile parla chiaro: solo un’azienda su cinque è guidata da una donna. Secondo la ricerca, a fine settembre 2022 nel nostro Paese le aziende femminili erano poco più di un milione ovvero il 22% delle imprese italiane. Le startup femminili sono circa duemila, un dato in crescita rispetto al 2019. In realtà questi numeri, in apparenza negativi, non sfigurano rispetto agli Stati Uniti dove il 71% delle startup non conta nemmeno una donna all’interno del board. Per capire le cause della disparità femminile imprenditoriale,
Perché conviene investire su startup femminili
Per semplificare, come ci ha spiegato Jo Ann Corkran possiamo dire che per ogni dollaro di finanziamento ricevuto, le startup femminili hanno generato profitti per 78 centesimi, mentre le startup fondate da uomini circa 31 centesimi. Nel 2004 Golden Seeds ha notato questa asimmetria nel mercato ed oggi è il più grande venture negli Stati Uniti specializzando nel finanziamento di startup femminili. In questi anni ha investito centosettantacinque milioni di dollari finanziando oltre duecentoquaranta aziende.
«Noi investiamo in aziende che hanno almeno una donna tra i fondatori o almeno una donna a ricoprire un ruolo di top management, quindi la presenza femminile non può essere solo di facciata» precisa la Cokran. Nel 2004 le imprese femminili negli Stati Uniti rappresentavano circa il 25% e solo il 3% di queste riuscivano a ricevere capitali. Il motivo va ricercato nel bias implicito. «In Golden Seeds siamo in trecentoquaranta persone di qui l’80% sono donne e, ci tengo a dirlo, non abbiamo niente contro gli uomini» afferma sorridendo Jo Ann. «Sappiamo con la nostra esperienza che se sei una donna a guidare un’azienda, almeno nella fase iniziale, hai maggiori pressioni e difficoltà a reperire finanziamenti».
Il perché lo spiega Dana Kanze, professore alla London School of Economics e TEDx speaker. La ricerca pubblicata sull’Harvard Business Review evidenzia come, in fase di colloquio per la richiesta di finanziamento, l’approccio delle domande cambia in funzione del sesso. «Dana è venuta a presentare quella ricerca da noi e rispecchiava esattamente ciò che noi volevamo contrastare» afferma Jo Ann.
Facciamo un esempio. In fase di colloquio l’investitore poneva la seguente domanda se l’interlocutore era uomo. “Quanto tempo ci vorrà per raggiungere il pareggio?”. Alla donna invece veniva chiesto “Come pensi di monetizzare questa idea?”. La prima domanda è basata sulla promozione, si focalizza su concetti come speranza, avanzamento, buoni risultati. Da per scontato che il pareggio verrà raggiunto. La seconda domanda invece è basata sulla prevenzione, si concentra su potenziali perdite e necessità di essere rassicurati. «La parte interessante è che se al tavolo degli investitori sono presenti anche donne, le domande non cambiano perché ormai il preconcetto è entrato nella cultura dominante» dice Jo Ann.
Eppure, che le donne siano più affidabili nel campo dell’imprenditoria lo ha dimostrato con tante storie di successo il premio Nobel per l’economia Muhammad Yunus. Il microcredito da lui ideato mette al centro gruppi di donne per sviluppare business perché è statisticamente provato che le donne sono meno propense a mettere a rischio il capitale ricevuto. «Golden Seeds lavora anche su questo», aggiunge Jo Ann. «Tra i nostri investitori abbiamo tante donne ceo che ce l’hanno fatta e che decidono di reinvestire il capitale con noi e questo contribuisce a cambiare la cultura dominante dell’investitore tipo».
La maggior parte degli angels sceglie un settore di riferimento sul quale concentrarsi, Golden Seeds invece ha le donne come focus quindi i settori che decidono di supportare sono i più disparati. Una delle aziende in cui il fondo americano ha investito è la Sunray Scientific specializzata nei collanti conduttori impiegati nelle biotecnologie. «Adoro il mio lavoro perché ogni giorno ho modo di interfacciarmi con persone brillanti e idee incredibili. Recentemente ho parlato con un’azienda tutta al femminile che sta sviluppando mangimi per cani utilizzando i grilli. Un progetto orientato alla sostenibilità che credo finanzieremo».
La Golden Seeds entra in contatto con circa mille aziende all’anno. Alcune sono segnalate da incubatori o acceleratori. Il fondo americano ha nove uffici negli Stati Uniti che tiene il polso dell’innovazione. Altre volte invece arrivano candidature spontanee. «Sono circa trecento le aziende che hanno i requisiti per iniziare il processo. Di queste quarantacinque passano la selezione. Alla fine, ne finanziamo una ventina. L’anno scorso abbiamo investito quindici milioni di dollari». Tra le trecento aziende che Golden Seeds valuta ogni anno, non mancano le buone idee buone ma capita che sia assente la preparazione aziendale necessaria. Spesso sono atri gli indicatori che mostrano se un’azienda avrà un futuro radioso.
«Il founder deve avere una personalità importante ed ispirare il suo team, ritengo questa la chiave fondamentale». Jo Ann nota frequentemente che la maggior parte delle aziende che approcciano il fondo, hanno solo il founder che lavora a tempo pieno nel progetto, gli altri sono persone che collaborano in attesa di ricevere i fondi per essere assunti. «E’ un atteggiamento che capisco molto bene però dice anche che la motivazione, l’idea che ci sta dietro o il founder, non è stato abbastanza coinvolgente per assumersi il rischio».
L’industria dei venture capital negli Stati Uniti è piuttosto indietro riguardo al finanziamento alle startup femminili. Nel 2021, dei trecentotrenta miliardi di dollari investiti dalle società di venture capital, l’82% è andato a team composti da soli uomini. Un dato incoraggiante viene dai business angel al femminile che rappresentano il 34% del totale. “E’ un processo lungo ma la strada è segnata e questo Golden Seeds lo ha sempre saputo. Avremo sempre più startup femminili in futuro, è solo questione di tempo” conclude Jo Ann Cockran.