Nel 2005 ha cofondato Y Combinator. Investitrice in aziende come OpenAI, ma anche autrice di libri. Di recente ha lanciato un podcast in cui chiacchiera con mostri sacri del mondo tech. Il suo consiglio ai giovani? «Gli ingredienti più improbabili la ricetta perfetta per una nuova startup»
Y Combinator, è un luogo magico per chi fa innovazione, che negli anni ha aiutato tantissime startup a decollare, molte delle quali sono divenute unicorni, pensiamo a Airbnb, Dropbox, Stripe, solo per citarne alcune. In tanti tuttavia non sanno che dietro la storia e il successo di Y Combinator c’è una donna, dal nome Jessica Livingston, che nel 2005 insieme a tre amici – Paul Graham, Robert Morris, Trevor Blackwell -, decise di trasformare la loro bizzarra idea in realtà. Mente geniale, intuitiva ed empatica, Livingston ha saputo intercettare l’esigenza precisa dell’ecosistema dell’innovazione di quegli anni, anticipandola rispetto al resto del mondo. Prova ne sia che oggi Y Combinator con sede in Silicon Valley ha finanziato oltre 3500 startup con un valore totale che supera un trilione di dollari e una community che conta più di 9 mila founder. E che tutto il mondo ha preso come esempio di successo da replicare. «Gli ingredienti più improbabili potrebbero essere la chiave della ricetta perfetta. Le startup di maggior successo, sono quelle di cui all’inizio gli altri hanno definito l’idea: assurda. Ma quell’assurdità non lo è mai stata per i suoi fondatori. Perseverate, con autenticità», Jessica Livingston, co-founder di Y Combinator.
La storia unconventional
Nel 2005 ha co-fondato l’acceleratore numero uno al mondo. È anche investitrice in aziende come OpenAI e autrice di libri e articoli. Uno dei libri più interessanti scritto da Jessica Livingston è “Founders at Work: Stories of Startups’ Early Days” best seller, che raccoglie una serie di interviste ad alcuni imprenditori che hanno letteralmente costruito la Silicon Valley. Livingston ha inoltre da poco lanciato insieme a Carolynn Levy (colei che ha inventato il SAFE – Simple Agreement for Equity), un podcast dal nome The Social Radars in cui chiacchiera con mostri sacri del mondo tech come Paul Buchheit, il creatore di Gmail, o Tony Xu, founder e CEO di DoorDash. Il nome del podcast The Social Radars, pensate, altro non è che il soprannome di Jessica, chiamata così da suo marito Paul Grant e dai suoi più cari amici (ma su questo torneremo più avanti).
«Tutto ciò che c’è di più affascinante in Y Combinator è dovuto a Jessica Livingston, il suo motore»
Nata a Minneapolis nel 1971, Jessica Livingston trascorre gran parte della sua vita a Boston, cresciuta dal padre e dalla nonna paterna (ancora in fasce fu abbandonata dalla madre). «Mia nonna è stata il modello femminile più importante della mia vita.Era una persona molto indipendente. Il termine giusto per descriverla era un vero e proprio spirito libero. Ad esempio, d’inverno, dopo avermi messo a letto, usciva e lavorava fino a tarda notte alle gigantesche sculture di ghiaccio che creava in giardino. Faceva quello che voleva e non le importava se la gente pensava che fosse strana». Da piccola gioca a calcio con innata passione, ma a scuola si è sempre sentita un pesce fuor d’acqua in quel contesto accademico che ha più volte definito, così amaramente convenzionale. Il giorno dopo la sua laurea in letteratura inglese, perde la nonna ammalatasi nel frattempo di cancro. Ma nonostante le difficoltà, inizia a lavorare presso Fidelity Investments come assistenza clienti, rispondendo alle chiamate dalle 3:30 pm fino a mezzanotte ogni giorno. Successivamente trova un lavoro a New York dove svolge attività nelle pubbliche relazioni, poi inizia a lavorare per il magazine Food & Wine e ancora in una società di consulenza automobilistica. Passando nel frattempo a collaborare per un’azienda di wedding planner.
L’intuizione di Jessica e Paul
Nel 2003 incontra per la prima volta Paul Graham durante una festa a Boston. Da allora la loro vita diventa intreccio e contaminazione di esperienze personali e professionali, perché Jessica da li a poco viene introdotta naturalmente nel mondo delle startup di Paul. «A un certo punto io e Paul parlavamo per ore e ore di startup. Fu così che iniziammo a riflette sull’idea di come la fase iniziale di una startup sarebbe stata più facile, se i founder avessero ricevuto un aiuto finanziario nei primissimi anni di vita dell’azienda. Volevamo creare un campus per startup, dove selezionare piccole realtà e finanziarle durante la loro fase embrionale». Da li a poco, una sera arrivò la proposta di Graham: «Cominciamo da soli». Il giorno dopo erano dentro anche i loro due migliori amici Robert Morris e Trevor Blackwell. Così è nata Y Combinator. L’intuizione di Paul e Jessica fu di capovolgere completamente la visione dell’epoca: invece di dare grandi somme di denaro a un ristretto numero di startup affermate, come facevano i tradizionali VC, avrebbero dato piccole somme di denaro a un gran numero di startup in fase embrionale. Non solo ma il vero valore aggiunto, fu di entrare in empatia con i founder che fino a allora erano stati valutati dai VC, in modo granitico, solo su numeri e dati. La novità era che YC inizialmente sembrava più una famiglia allargata che una società di investimento. Per quanto assurdo a Jessica interessava lo stato d’animo dei founder, le relazioni, i loro rapporti, le loro ansie diurne e notturne. Non è una novità che le startup di maggior successo tendano a crescere in empatia con la vita dei soci fondatori. «L’avvio di una startup è emotivamente faticosa per i fondatori, soprattutto all’inizio, che sono sotto pressione. A volte avevano solo bisogno di qualcuno che li ascoltasse. Fortunatamente, tutta la mia carriera universitaria mi aveva addestrata ad avere una buona capacità d’ascolto sui problemi delle persone. Ma la cosa su cui sono più addestrata è sempre stata l’autenticità, che mi ha aiutata a scovare persone altrettanto autentiche, nel tempo rivelate imprenditori di successo».
Il successo di Jessica Livingston
Jessica Livingston è riuscita a creare il suo successo (e quello di Y Combinator) soprattutto grazie all’empatia e alle soft skills. Chi la conosce, a partire dal marito Paul Graham che le dedica un lungo post sull’argomento, racconta della sua carta vincente sin dagli albori, un faro puntato sulle soft skills e su quelle che oggi possiamo definire le “social skill”. La prima caratteristica vincente è stata esser un radar sociale. Non a caso Livingston è soprannominata dai suoi “The Social Radar”, perché riesce con intuito unico a intercettare sempre (o quasi) persone di valore che hanno creato startup di successo. «Ho sempre cercato di capire le persone sulla base di sottili segnali sociali». La seconda caratteristica, non sentirsi a proprio agio nel ricevere ordini. «Non mi è mai piaciuto essere alla mercé di qualcun altro. Odiavo chiunque mi dicesse cosa fare o non fare: genitori, insegnanti, capi, persone con cui ero costretta a collaborare ma con cui non ero d’accordo». La terza caratteristica, essere una persona autentica e diretta. «In questo ho preso da Paul, che dice sempre con trasparenza cosa ne pensa, senza mezze misure, nel bene e nel male». La quarta caratteristica, ma questa è un valore che affermano di avere in comune i due ideatori di Y Combinator: le loro scelte non sono mai state guidate dal denaro. «Sin dall’inizio siamo stati appassionati di startup e il nostro scopo audace è sempre stato quello di aiutare le “persone per bene” a creare aziende innovative di valore per il mondo. C’è una famosa campagna di Apple degli anni ’90 con lo slogan “Think Different”. Sarebbe quasi impossibile creare una startup di successo semplicemente facendo quello che fanno tutti gli altri».