È il 13 gennaio 1901 e in una cittadina polverosa del Montana di nome Butte una tumultuosa diciannovenne decide di fare conoscere al mondo la sua mente libera e rivoluzionaria e scombinare il moralismo rigido dei tempi. “Butte, Montana, 13 gennaio 1901. Io, nata di genere femminile diciannove anni fa, inizierò ora a tracciare un Ritratto quanto più completo e sincero possibile di me stessa, Mary MacLane, che al mondo non ha simili. Ne sono convinta perché sono un essere singolare. Sono spiccatamente originale per nascita e divenire”: da qui sboccia il diario senza censure di Mary, che celebra la sua ambizione sfrontata e la vitalità del suo corpo in fioritura, che scrive di rifiutarsi di sposarsi e regalarsi a un uomo, che si sente fluidamente femminile e maschile, che ama, non riamata, la sua insegnante di liceo che lei chiama la dama anemone, che rivendica di volersi realizzare pienamente e andarsi a prendere tutto, proprio tutto quello che il suo talento di scrittrice si merita.
All’editore americano che ha subito annusato la potenza del diario – e lo ha pubblicato non con il titolo che vuole l’autrice I Await the Devil’s Coming, ma con il più rassicurante The Story of Mary MacLane – bastano appena quattro settimane per vendere 100mila copie, prima che il testo sia censurato e ritirato per sempre dal mercato perché troppo audace, troppo diretto, troppo scandaloso per i tempi. A Mary basta ancora meno per diventare un’eroina sulla bocca di tutti. Il Washington Post scrive che il suo libro è uno dei più sorprendenti pubblicati negli ultimi anni e il suo pensiero, battezzato MacLaneismo, si spande nel Nord America e diventa di moda. La squadra di baseball di Butte, dove Mary MacLane vive suo malgrado, si cambia il nome in The Mary MacLanes e viene inventato un cocktail che porta il suo nome.
Mémoire femminista 123 anni dopo
Oggi, 123 anni dopo, Ago Edizioni (casa editrice indipendente di narrativa straniera del Novecento) pubblica in italiano, con il nome originale – L’attesa del diavolo – questo mémoire femminista di cui le donne, nel 1901, si invaghirono perché sentivano che quella ragazza audace e libera interpretava un nuovo spirito dei tempi “Possiedo in me un’intensità di vita fuori dal comune. Io sento. Possiedo un’abilità fuori dal comune nel provare tristezza e felicità. Possiedo una mente aperta. Sono un genio (…) Se potessi vivere, e se riuscissi a riportare per iscritto la mia vita, il mondo stesso si accorgerebbe della sua profonda intensità. Ho la personalità, la natura di un Napoleone, seppur in una versione femminile. Pertanto non conquisto, e neppure combatto. Riesco solo a esistere”, scrive.
E poi: “Se fossi nata uomo a quest’ora avrei già lasciato la mia impronta profonda sul mondo – o almeno su una sua parte. Ma sono una donna, e Dio, o il Diavolo, o il Destino, o chiunque sia stato mi ha scorticato lo spesso strato esterno della pelle e mi ha gettata nel bel mezzo della vita (…) Napoleone era un uomo, e benché sensibile la sua carne era protetta. Ma io sono una donna, in pieno risveglio, e non appena mi sveglio e mi guardo intorno, vorrei voltarmi per ritornare a dormire. C’è un dolore che ti accompagna quando sei una donna, giovane e completamente sola. Sono piena di ambizione”.
Il diritto di vedere riconosciuta la propria ambizione in una società che valorizza solo quella degli uomini, la critica ai matrimoni di facciata e al ruolo femminile confinato alla cura domestica, l’espressione della fluidità di genere, il dichiararsi “anticonformista in un modo sorprendente” rendono Mary MacLane una pioniera e il suo travolgente diario una confessione toccante. Già, perché non trova irrimediabilmente riconoscimento né possibile realizzazione dei suoi talenti questa ragazza impetuosa e sola, infelice, incompresa perché così in antagonismo con i suoi tempi: nel racconto, finirà per rimettere la sua felicità e il suo futuro nelle mani di una creatura immaginaria potente e unica, la sola, a suo dire, che possa portarla via dal punto morto in cui è intrappolata: il diavolo. “Eppure aspetto, nell’attesa della luce più abbagliante di tutte: la venuta del Diavolo”, scrive. “Non penso mai al Diavolo come a quell’orrenda creatura in calzamaglia rossa, con zoccoli caprini, coda e un forcone a due punte. Invece, penso a lui come a una persona di immane fascino, forte, dalla volontà d’acciaio e con indosso abiti comuni – un uomo di cui innamorarsi perdutamente, follemente”.
Il Diavolo giunge e intavola dialoghi con Mary. È lui il destino, finalmente sotto forma di possibilità e riscatto: sarà lui, nelle fantasie di questa scrittrice diciannovenne che sfrutterà il denaro incassato con L’attesa del diavolo per lasciare il Montana e tentare la fortuna a New York, a liberarla dalla tristezza, farle vivere la passione sessuale, incarnare insieme a lei la rivolta ai ruoli sociali e regalarle quella fama che così avidamente ha ricercato nella sua brevissima vita.
Immagine in alto: Bain News Service, publisher — Library of Congress