«Negli Stati Uniti, se il figlio è maschio, i genitori cercano tre volte più spesso su Google se diventerà un genio. Il divario di genere parte molto presto: a 5 anni, per esempio, si parla già di dream gap. Indica il divario tra bambine e bambini su quel che sognano di poter diventare». Il problema non è solo italiano ma globale, come ci ha raccontato Gaia Costantino, classe 1988 di Bari, e presidente di Puglia Women Lead, società benefit che si occupa di formazione tech rivolta alle ragazze. Dopo una decisiva esperienza all’estero – in Silicon Valley – ha lavorato sia nel mondo startup sia in quello corporate. «La nostra missione è puntare sulle competenze digitali per colmare il divario di genere». Di questo e molto altro si parlerà a Bari, il 3 aprile, nel prossimo appuntamento dal vivo di Unstoppable Women, presso il Centro Polifunzionale Studenti dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”.
Unstobbable Women: il 3 aprile a Bari | Prendi i biglietti
Nello spirito di Unstoppable Women, l’obiettivo dell’incontro a Bari sarà raccontare storie capaci di ispirare. Vite e percorsi che non vogliono imporre canoni, perché ciascuna persona ha la propria specificità e il proprio punto di partenza. Parlando di donne, lo sappiamo, le difficoltà sono maggiori per tutta una serie di ragioni (discriminazioni culturali, economiche, sociali). «Una cosa che mi aspetto è di continuare a dare il giusto esempio – ci racconta Costantino, che sarà tra le speaker il 3 aprile a Bari – perché dobbiamo convincere l’opinione pubblica del fatto che non stiamo parlando di argomenti lontani».
Gaia Costantino, dalla Puglia alle tech company
Una delle fortune per Gaia Costantino è stata senz’altro quella di poter viaggiare e spostarsi per studio. Dopo le superiori a Bari si è trasferita a Torino, per frequentare ingegneria gestionale al Politecnico. «All’I3P c’era già un bell’ambiente. Durante la specialistica ho collaborato con alcune startup su business plan e business model». Poi è arrivata la vittoria dell’Erasmus Placement, che le ha dato l’opportunità di volare a San Francisco dove ha lavorato in Mind The Bridge, azienda che si occupa di open innovation (qui trovate la nostra intervista al chairman Alberto Onetti).
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«Da lì è partito il mio percorso: è stata un’immersione nel mondo startup. In California ho anche vinto il Silicon Valley Study Tour: per 2 settimane ho girato e visitato le sedi di aziende come Google e Facebook. Era il 2011, un momento di grande crescita, c’era il big dream». Durante la permanenza in California un’altra cosa l’ha però colpita, durante i tanti meet up che popolano come da tradizione l’agenda in Silicon Valley. «Ne ho frequentati molti, dedicati alle donne nel tech. Più di dieci anni fa gli americani riscontravano questo problema di gender gap nel settore. Ricordo che durante il primo Startup week end che ho fatto ero l’unica ragazza partecipante».
La Silicon Valley è stata e rimane la terra dell’innovazione, un luogo magnetico per talenti, capitali e opportunità. Ma neppure questa invidiabile condizione le ha permesso di diventare un modello pure sul fronte della lotta contro le discriminazioni. Brotopia: Breaking Up the Boys’ Club of Silicon Valley è uno dei libri di riferimento, scritto dalla giornalista Emily Chang, che ha indagato per l’appunto il clima di sessismo che spesso soffoca anche quell’ambiente.
Al rientro in Italia Gaia Costantino aveva però il bagaglio pieno di belle esperienze e stimoli rispetto al futuro. «Mi sono sempre sentita una persona dall’animo startupparo. E infatti il mio primo contratto a tempo indeterminato è durato poco». Si è così lanciata nell’ecosistema, iniziando a lavorare nell’azienda innovativa Veespo.
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L’esperienza in una startup spesso serve alle persone per cimentarsi con ritmi di lavoro tosti, ma soprattutto insegna a diventare jolly: bisogna imparare a fare molte cose. In seguito Gaia Costantino si è spostata in Vodafone – «Son entrata per lanciare prodotti digitali per il business. Tutto con un budget da corporate: davvero molto divertente» – per poi fare il salto in Amazon. La Big Tech fondata da Jeff Bezos ha in effetti la cultura da startup innervata nell’organizzazione aziendale: non ha caso si parla di un approccio da Day One.
«In Amazon ho cominciato quando stavano lanciando Amazon Advertising. Sono cresciuta molto – ci ha confidato Costantino -. Se dovessi spiegare cosa significa il Day One direi che è uno dei princìpi su cui vengono valutate le persone in azienda. Sono i 14 comandamenti di Amazon, tra i quali c’è il learn and be curious. Non c’è mai un momento in cui smettere di essere curiosi, per capire come fare meglio».
Un’esperienza da riportare a casa, in Puglia
La pandemia per molte persone ha significato un passaggio da un prima a un dopo dal punto di vista lavorativo. Per Gaia Costantino ha rappresentato il ritorno a casa, in Puglia. «Sono tornata per rimanere. Ho conosciuto altre ragazze rientrate o che erano restate qui. L’idea era fare community: molte persone cercavano un luogo fisico e virtuale per condividere valori, come diversità e inclusione, puntando sul digitale».
Su queste basi è stata fondata Puglia Women Lead, un’associazione diventata di recente società benefit che organizza eventi di formazione aperti anche agli uomini. «Se si tratta di trasmettere soft skill come public speaking o intelligenza emotiva gli appuntamenti sono rivolti a tutti. Se invece l’argomento tocca le hard skill, allora lo riserviamo alle donne. Questo perché nel tech su dieci persone impiegate solo una è donna». Dal 22 al 24 marzo, ad esempio, Puglia Women Lead organizza un bootcamp sull’AI, tematica tra le più attuali se si parla di professioni e competenze.
Unstoppable Women racconta storie che vanno evidentemente in controtendenza. I dati riferiscono che a livello nazionale circa una donna su due non lavora; se ci focalizziamo sul contesto pugliese il quadro è ancora più preoccupante: appena 35 donne su 100 hanno un impiego. «Cerchiamo di chiudere il cerchio: formiamo sì le ragazze, ma se poi in azienda i manager non promuovono diversità e inclusione non stiamo ottenendo nulla». L’altra metà del lavoro viene svolta all’interno delle aziende, ci ha spiegato Costantino. «I pregiudizi sulle donne sono cross gender. Nelle imprese cerchiamo di sensibilizzare le persone sui bias: tutti i giorni ne applichiamo circa 200, senza accorgercene ovviamente. Per cambiare le cose bisogna partire da lì».