“Vogliamo progettare un videogame con finalità educative, con cui arrivare a una diagnosi dei bambini in età prescolare attraverso modalità non invasive ed inclusive”. Così è nato a Milano l’hackaton #Playseriously, come racconta a StartupItalia Alessandra Micalizzi, coordinatrice del Comitato scientifico del progetto
Negli ultimi anni le conoscenze generali sulla dislessia hanno fatto grandi passi avanti: tante difficoltà dei bambini nella vita quotidiana, che in passato venivano attribuite alla pigrizia, oggi sono sempre più spesso correttamente identificate come possibili sintomi di questo disturbo. Perché ciò avvenga, però, è necessaria una grande sensibilità da parte dei genitori oppure bisogna aspettare che il bambino raggiunga l’età scolare, quando diventa più semplice identificare i disturbi specifici dell’apprendimento (DSA). L’ideale sarebbe arrivare invece a una diagnosi precoce, senza far vivere inutili stress ai più piccoli: è possibile? Sì, la risposta a questa domanda sta in un videogioco e la sfida europea per inventarlo ha preso il via da Milano con l’hackathon internazionale #Playseriously, che si è svolto sabato 12 novembre all’interno del calendario della Milano Digital Week, in modalità phygital: online su Discord, offline nella sede di SAE Institute, un’accademia di formazione per le industrie creative, a Milano, in via Trentacoste, 14.
Alla guida, Alessandra Micalizzi, coordinatrice del Comitato scientifico del progetto, docente e ricercatrice di SAE Institute. “Il gioco è il luogo ideale per l’incontro, anche quando di natura psicoeducativa. Da qui l’idea di guardare più da vicino il mondo degli applied game, ovvero i giochi con finalità anche educative, spingendo i nostri studenti ad esplorare tutti gli ambiti del mondo videoludico”.
DSA: la situazione in Italia
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento, come la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia, nel nostro Paese sono riconosciuti dalla Legge n. 170/2010: è previsto che sia compito delle scuole, in accordo con le famiglie degli alunni, attivare gli interventi più idonei per individuare i casi sospetti. Nel 2020, secondo il Ministero, la popolazione scolastica italiana con DSA ammontava al 3,2%, un numero triplicato in dieci anni. Nei Paesi anglofoni, invece, queste percentuale sale al 17%, coinvolgendo maggiormente il sesso maschile.
Videogioco inclusivo e psicoeducativo
Così, durante l’hackathon milanese sviluppatrici e sviluppatori, psicologhe e psicologi, game designer e game artist si sono sfidati, mettendo in comune le loro competenze, per realizzare un applied game, non invasivo ed inclusivo, per lo screening della dislessia in fase prescolare, dai 5 ai 7 anni.
Al progetto, promosso da SAE Institute Milano e co-finanziato da CEI Initiative, programma di finanziamento europeo rivolto ai Paesi della regione Sud Est Europa, hanno aderito 5 atenei, quali SAE Institute Belgrade (Serbia), Babes-Bolyai University (Romania), University of Banjia Luka (Bosnia and Herzegovina), University of Crne Gore (Montenegro) e University of Szeged (Ungheria). A queste realtà si sono affiancati anche Play-Ability, prima associazione italiana che si occupa di ricerca e progetti di sviluppo in ambito psico-sociale attraverso il videogame e il gioco, Hogrefe, casa editrice italiana e internazionale che pubblica test dedicati allo screening e alla diagnosi in ambito DSA, ed AIRIPA, associazione italiana di rappresentanza degli psicologi che si occupano di dislessia.
Come nasce l’idea dell’hackaton
“Negli anni scorsi avevamo già iniziato a sviluppare questa idea internamente, ma ci siamo dovuti scontrare con le difficoltà connesse ai finanziamenti e alle tempistiche”, spiega Alessandra Micalizzi. “Grazie alla possibilità di accedere al bando, però, abbiamo potuto aprire nuove strade, coinvolgendo anche partner internazionali in questa sfida creativa con una finalità preziosissima”.
Oltre cento i partecipanti, che sono stati suddivisi in circa quindici squadre. Nel mese di dicembre la giuria – composta da Petar Mavrodiev (SAE Institute), Fabio Viola e Giuseppe Virgilio – ha annunciato i tre progetti vincitori, messi a punto rispettivamente dai team Bombetta, Fluffy e Douch Space Adventure, che potranno ora essere sviluppati.
Meno ansia per i bambini sottoposti a screening
Offrire un contesto ludico e protetto è una modalità efficace per ridurre l’ansia da prestazione nei soggetti dello screening. “Di solito i bambini vengono sottoposti a una serie di test che, per quanto giocosi, possono provocare un certo stress, perché comunque vengono percepiti come prove di valutazione”. Da qui l’importanza di di ricorrere al gioco e, in particolare, al videogioco: “Nel senso comune si portano dietro entrambi il retaggio errato di essere considerati puro intrattenimento. Invece, costituiscono uno spazio sicuro in cui sperimentare e sperimentarsi, conoscendo e superando i propri limiti, secondo regole che vengono prestabilite”.
“Il videogioco come spazio sicuro in cui sperimentare e sperimentarsi, conoscendo e superando i propri limiti”
In concreto, la maggioranza dei partecipanti all’hackathon si è concentrata sullo sviluppo di un’app oppure di un sito web, fruibili soprattutto attraverso il tablet, che viene spesso utilizzato dai bambini. Il brief invitava a tradurre i test per la diagnosi della dislessia nel linguaggio videoludico, inserendoli in un storia ambientata nello spazio ed integrandoli pienamente nelle meccaniche del gioco: prove da superare, insomma, per portare a termine la missione del videogioco, non fini a se stesse. “L’obiettivo dell’applied game è prima di tutto quello di coinvolgere e far divertire tutti i bambini. Dai risultati ottenuti, poi, i genitori possono estrapolare alcuni indicatori utili a capire quando è meglio procedere ad un approfondimento”.
Le applicazioni del gioco, dall’apprendimento alla cura
“Con i nostri ragazzi – conclude la docente del SAE Institute – cerchiamo sempre di uscire dalla logica più strettamente commerciale di prodotto per guardare al videogioco come a una grande opportunità relazionale, un contesto che fa parte della cultura del nostro tempo, un’opera artistica che sfrutta i linguaggi della iper-modernità. I progetti sono sempre più innovativi e sempre più spesso realizzati in collaborazione con altri stakeholder. Penso in modo particolare alle recenti applicazioni del gioco nell’arte, nell’apprendimento, nella formazione oppure, come in questo caso, nella cura. Ci dimostrano che è esattamente questa la direzione da seguire e il modo in cui guardare al videogame”.