L’autrice di “Donne 4.0” spiega come la quarta rivoluzione industriale possa rappresentare un momento di svolta nella riduzione del gender gap. «Il settore pubblico deve sostenere le ragazze che hanno voglia di mettersi in gioco»
Imprenditrice digitale italo-iraniana, computer scientist, autrice, docente universitaria e attivista per i diritti umani e digitali. Darya Majidi, CEO di Daxo Group, società di consulenza strategica e di formazione, ha dato vita a una serie di startup e aziende innovative puntando sempre all’inclusione delle donne nel mondo del lavoro. Recentemente ha lanciato la seconda edizione del bando StartupHER, che si rivolge a startup a leadership femminile. La abbiamo intercettata per capirne di più.
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Darya, come nasce il progetto StartupHER?
In Italia solo un’impresa su cinque è guidata da una donna. Secondo i dati dell’Osservatorio sull’imprenditorialità femminile di Unioncamere, a fine settembre 2022, le aziende italiane guidate da una donna erano poco più di 1 milione: soltanto il 22,18%. In crescita, però, è il numero di imprese innovative e ad alto valore tecnologico fondate da persone di sesso femminile: sono infatti duemila le startup registrate nel 2022; 572 in più rispetto al 2019. Un dato importante, che conferma quanto sia necessario un cambio culturale, così come lo è investire sulla valorizzazione dei talenti come fattore imprescindibile per contribuire allo sviluppo del sistema economico del nostro paese. In questo contesto è partita la seconda edizione di StartupHer: una call to action per startup che guarda all’innovazione e al femminile, ideata per sostenere e rafforzare le buone idee imprenditoriali e superare i limiti del gender gap per far sì che le tecnologie siano sempre più alleate delle donne. Siamo ancora molto lontani da una parità digitale.
Su che cosa vi concentrate in questa seconda edizione?
Vogliamo trasformare le idee imprenditoriali in realtà attraverso percorsi di mentoring e formazione forti del supporto di una community di aziende, professionisti e giovani imprenditrici che credono fermamente nel progetto e nella necessità di costruire connessioni, team e networking. La mission del progetto supportato da Agos Ducato, dall’Associazione Donne 4.0 e da Le Village by Crédit Agricole Milano, è quella di valorizzare la ricchezza dell’imprenditoria innovativa al femminile. Parte integrante del percorso di formazione, quest’anno, sarà proprio la sinergia con le startupper selezionate nel 2022, che non sono solo testimoni del programma di StartupHer, ma fanno anche da mentor per impostare i percorsi di crescita e definire il business. Dopo l’accettazione delle candidature, con scadenza fissata per l’8 maggio, seguirà la fase di selezione, che si concluderà il 15 maggio, e poi si passerà al percorso di accompagnamento della durata di due mesi. Le lezioni online si terranno nel tardo pomeriggio (dalle 17.00 alle 19.00), per agevolare la partecipazione anche di chi ha già un impegno lavorativo. Le vincitrici avranno la possibilità di essere incluse nel grande ecosistema di Le Village by by Crédit Agricole Milano.
Lei è anche autrice, il suo ultimo lavoro si intitola “Donne 4.0”. Che cosa intende esattamente con questo termine?
“Donne 4.0” è un termine coniato per invitare il genere femminile a capire che la quarta rivoluzione industriale sta cambiando verso l’innovazione, per spronarle ad abbattere le proprie insicurezze che, spesso, sono retaggio del contesto socio-culturale in cui si vive. Dal libro ha preso forma l’omonima associazione che si erge su quattro pilastri: accessibilità, educazione e formazione già dalle scuole elementari, leadership e lavoro, soprattutto nel settore tech. Abbiamo istituito un Osservatorio per studiare come vengono utilizzate le risorse del PNRR dedicate proprio all’imprenditoria femminile e abbiamo notato come il divario territoriale sia molto influente: nelle grandi città ci sono incubatori e più possibilità di formarsi, mentre al Sud lo scenario è completamente diverso.
Come nasce la sua passione per l’imprenditoria femminile?
Dopo la laurea in Informatica, ho fatto la docente e mi sono occupata della Ricerca. Ho collaborato con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e, in quel contesto, assieme ad altri soci ho creato uno spinoff. Successivamente ho scoperto di essere stata la prima donna socia di una spinoff della scuola, nel ’96. Mi sono appassionata al settore e ho, poi, dato vita a Daxolab, con sede a Livorno. Oggi sono founder e owner di un incubatore di imprese, ho in essere una serie di progetti con il Comune e sono una grande appassionata di imprenditoria.
Cosa fare per incentivare l’imprenditoria femminile?
Anzitutto vorrei precisare che, a livello istituzionale, l’unico atto ufficiale italiano per l’imprenditoria femminile è il fondo che il Governo aveva istituito: appena lanciato, in pochi minuti i fondi stanziati erano finiti. Alcuni parlano di un grande successo, io lo definirei, piuttosto, un “grande insuccesso” perché non ci sono investimenti necessari a sostenere la domanda. E i fondi stanziati dal PNRR non sono stati usati. Il settore pubblico deve sostenere la finanza e le ragazze che hanno voglia di mettersi in gioco ma, d’altro canto, anche l’ecosistema ha una sua responsabilità. La famiglia dove si cresce, gli insegnanti che incontriamo, il contesto in cui viviamo: tutto influisce. Oggi, su 200 aspiranti informatici iscritti all’Università di Pisa solo 10 sono ragazze e solo due vorrebbero fare impresa.
Lei è italo-iraniana. Che cosa pensa delle proteste per che stanno avvenendo nel suo Paese di origine?
Sicuramente le ragazze che, con coraggio e tramite la tecnologia stanno cercando di arginare i soprusi, hanno tutta la mia stima. L’unica speranza – e quello per cui il movimento che hanno costituito si sta battendo – è riuscire a imputare il regime di crimini contro l’umanità. Questa è l’unica scappatoia per liberarsi dalla grave situazione che si è creata in Iran e, a livello giuridico, dobbiamo trovare le leve per portare i responsabili di fronte ai giudici.
Quali progetti ha in cantiere per il futuro?
Recentemente sono stata invitata alle Nazioni Unite per parlare di empowerment a livello globale. Oggi stiamo facendo rete e il digitale è fondamentale in questo processo. In particolar modo, vorrei far conoscere di più il progetto “AI for girls“, che sta riscontrando interesse a livello globale, anche nelle scuole superiori. Persino le donne con esperienze umanistiche devono avere un digital mindset: oggi il 90% dei lavori richiede delle competenze digitali per cui si richiede una formazione continua. Sono sicura che nasceranno tanti altri bei progetti e che, piano piano, il gender gap andrà riducendosi.