Un reportage del Telegraph racconta come Stoccolma negli anni abbia puntato sul digitale e contribuito a far crescere un’ecosistema d’eccellenza in Europa. Ne abbiamo sintetizzato le cause
Una popolazione di poco più di 9 milioni e mezzo di abitanti. Investimenti statali che già dagli anni ’90 portavano ovunque la connessione internet ad alta velocità. Incentivi per l’acquisto di computer. E, soprattutto, una mentalità da «game changers». Così si costruisce il secondo tech hub più prolifico al mondo (su base pro capite) dopo la Silicon Valley. Per vederlo non serve prendere un volo intercontinentale. Basta andare in Svezia.
La patria di Spotify, Candy Crush e Skype
«Sognavamo di diventare una tech community. Erano 10-15 anni fa. Ora quel sogno è diventato realtà». A parlare, intervistato dal Telegraph che al successo svedese ha dedicato un lungo reportage, è l’ideatore di Skype Niklas Zennström, 49 anni. Skype fu il primo “unicorno” made in Sweden – gli unicorni sono le startup ad alto contenuto tecnologico fondate dopo il 2003 e valutate più di 1 miliardo di dollari. Nel 2005 la startup di Zennström fu acquistata da eBay per 2,6 miliardi di dollari. Da quell’anno gli unicorni svedesi – la maggior parte con sede nella capitale, Stoccolma – sono diventati molti di più, con nomi come Candy Crush, Minecraft e, ovviamente, Spotify, che a inizio giugno (giusto dopo il lancio di Apple Music, il nuovo servizio di musica in streaming di Apple) ha reso pubblico di essersi aggiudicata un round di finanziamenti da 526 milioni di dollari. Un recente studio di Atomico, la società di investimenti con base a Londra fondata da Niklas Zennström, ha calcolato che in Svezia ci sono 6,3 società miliardarie ogni milione di abitanti – in Silicon Valley ce ne sono 8,1.
Il segreto? La popolazione
Perché la Svezia, dunque? Innanzitutto, dice il Telegraph, «per merito, e non nonostante, la ridotta popolazione» del Paese. «Noi pensiamo ad un orizzonte globale fin dall’inizio», spiega Zennström, tutte le startup svedesi di successo «sanno che il mercato domestico non è abbastanza grande». Se in media, infatti, una startup impiega quasi tre anni per espandersi a livello internazionale, le società nate in Paesi con meno di 50 milioni di abitanti impiegano la metà del tempo. La Svezia, d’altronde, esporta da sempre, ricorda Gustav Borgefalk, il fondatore di Sqore, un servizio di recruitment online di successo mondiale: Ericsson, Volvo, Saab, H&M, Electrolux e Ikea sono solo alcune delle aziende svedesi che hanno «pensato globale» ancora prima degli anni 2000.
Internet e digital economy
Il merito è in parte della politica che in Svezia investe nella tecnologia al servizio dei cittadini già dal 1990. La connessione internet veloce esiste ormai da più di vent’anni e con gli incentivi all’acquisto di computer e altri device lo Stato svedese ha contribuito alla crescita dell’economia più digitale del mondo (secondo quando dichiarato dal World Economic Forum due anni fa). Le startup miliardarie di oggi sono il prodotto di una generazione cresciuta con questo tipo di servizi e di cultura, scrive Lauren Davidson, una generazione che ha fatto da terreno fertile per la diffusione di concetti come l’open access e la collaborazione tra imprese. I più importanti siti di file sharing, non a caso, sono nati qui: Kazaa e uTorrent sono stati creati rispettivamente da Niklas Zennström prima di fondare Skype e da Daniel Ek prima di creare Spotify.
L’importanza delle cultura digitale
Quindi, strumenti e cultura digitale. A questo proposito Marta Sjögren di Northzone, il fondo di venture capital che possiede la percentuale più consistente di Spotify dopo i suoi fondatori, sostiene che il segreto stia nella mentalità da problem-solver profondamente radicata nel modo di essere svedese. «Noi li chiamiamo game changers», dice, ossia quelli che il giocano per cambiare le regole e non solo per vincere. Le origini, in questo caso, vanno ricercate molto prima degli anni ’90 e più precisamente nel 1933, quando in un romanzo dal titolo Un fuggitivo incrocia le sue tracce (in svedese En flyktning krysser sitt spor) l’autore dano-norvegese Aksel Sandemose formula la legge di Jante (Jantelagen). Si tratta di 10 articoli (più uno) che insegnano a mettere il “noi” al di sopra dell’”io” e promuovono il valore dell’umiltà. Questi sono gli ideali che stanno alla base di politiche come i congedi parentali o degli incentivi per l’equità nei posti di lavoro e che hanno reso la Svezia uno dei Paesi con la più alta qualità della vita.
A tutto questo si aggiunge un flusso di finanziamenti da record. Un grafico di CBInsights mostra che nel 2014 le società svedesi hanno ricevuto finanziamenti da venture e growth capital per un totale 787,6 milioni di dollari (esclusi i deal di private equity). E, con il round appena concluso da Spotify, il 2015 si candida ad essere un anno ancora migliore del precedente. «Attirare i capitali è stato molto difficile quando abbiamo iniziato», ricorda Sebastian Knutsson, 46, co-founder e chief creative officer di King, lo studio che ha creato Candy Crush (che lo scorso anno veniva valutato 7,1 miliardi di dollari alla borsa di New York), «le cose stanno cominciando a cambiare. È più facile avviare una startup oggi rispetto a 10 anni fa. Stoccolma è sotto i riflettori». Le nuove società beneficiano dell’attenzione globale nei confronti della Svezia e del successo di giganti come Spotify, Skype o, appunto, King. Ora il mercato svedese è diventato un punto di approdo fondamentale per gli investitori di tutto il mondo.
Nel Nord Europa il 10 delle exit miliardarie del mondo
Nell’ultima decade i Paesi del nord Europa hanno prodotto quasi il 10% delle exit miliardarie del mondo e oltre la metà proviene dalla Svezia. Ma questo non basta. Daniel Ek, 32 anni, ceo di Spotify, al Telegraph dice che il Paese dovrebbe pensare ancora più in grande, non solo a come fare i soldi, ma anche a creare un’eredità. «Tutte le volte che una startup europea è sull’orlo del successo viene venduta», spiega Ek, «a Niklas Zennström» di Skype «ho detto: hai venduto troppo presto… Skype avrebbe potuto essere uno dei grandi». «Gli Stati Uniti hanno una popolazione di 320 milioni di persone e hanno prodotto Amazon, Facebook, Google, Apple, Microsoft. È assurdo pensare che l’Europa, con ha quasi il doppio della popolazione, non abbia nessuna di queste aziende. Statisticamente è un’anomalia». La Svezia, a suo avviso, potrebbe essere il punto da cui partire per cancellare questa anomalia: «Questo piccolo Paese sta spingendo oltre i limiti la propria creatività. Ci sono nuovi imprenditori, siamo ad un punto di svolta. E anche l’Europa può fare lo stesso».