La dimensione del mercato dell’agricoltura rigenerativa, nel 2023, si è attestata sui 10,30 miliardi di dollari a livello globale. Nel 2031 raggiungerà i 31,88 miliardi. E’ quanto previsto da un recente report della società di ricerca indiana InsightAce Analytic. Contemporaneamente un altro report, di un’altra società di ricerca indiana, la MarkNtel Advisors, ha previsto che il mercato globale del carbon farming, dal 2023 al 2028, aumenterà con un tasso di crescita annuo dell’11,5%. Agricoltura rigenerativa e carbon farming sono strettamente connessi, possono in effetti essere considerati le due facce di una stessa medaglia. Entrambi sono una leva per contrastare il cambiamento climatico e per raggiungere l’ambizioso obiettivo di neutralità climatica che l’UE si è data al 2050. In più, il paradigma dell’agricoltura rigenerativa punta a sfamare una popolazione mondiale crescente, rispettando contemporaneamente l’ambiente e garantendo agli agricoltori la sostenibilità economica.
Difficile dare una definizione univoca dell’agricoltura rigenerativa, un modello d’agricoltura teorizzato per la prima volta negli anni ‘80 del secolo scorso e che negli ultimi anni è tornato prepotentemente alla ribalta. Secondo una rielaborazione recente dell’Università di Wageningen che ha preso in rassegna un gran numero di studi sull’agricoltura rigenerativa, l’approccio parte dalla salute del suolo per andare verso la rigenerazione e contribuire a diversi servizi ecosistemici. In altre parole, attraverso tecniche agronomiche e nuove tecnologie, si punta a migliorare la biodiversità e il contenuto di sostanza organica nel suolo con l’obiettivo di favorire un impatto positivo su carbonio, acqua e biodiversità, senza dimenticare la produttività e quindi le rese agricole.
Le grandi aziende puntano sull’agricoltura rigenerativa
Negli ultimi anni sono diverse le aziende che stanno abbracciando l’agricoltura rigenerativa. In Italia sono partiti un buon numero di progetti. Si va da quello di Knorr denominato del ‘Buon Cibo’ che vuole fare formazione sull’agricoltura rigenerativa nella aziende agricole a quello di Barilla e Daviness che stanno sperimentando su 10.000mq di terreno pratiche agricole che favoriscano la rigenerazione dei terreni fino al recente annuncio di Melinda. Il Consorzio di melicoltori con il supporto di xfarm Tecnologies sperimenterà l’agricoltura rigenerativa su un gruppo selezionato di aziende agricole facenti parte di Melinda. Syngenta, una delle principali aziende dell’agro-industria mondiale, considera per esempio l’agricoltura rigenerativa strategica per il futuro: «Crediamo che l’agricoltura rigenerativa sia la risposta alle sfide che gli agricoltori e la filiera agricola sono chiamati ad affrontare nel medio e lungo termine», ci ha raccontato Mauro Coatti, responsabile del supporto tecnico per la protezione delle colture di Syngenta Italia.
«La popolazione mondiale cresce – ha detto ancora Coatti – e gli agricoltori devono produrre di più, rispettando allo stesso tempo l’ambiente. Hanno sempre meno input a disposizione in termini di terra, acqua, fertilizzanti, agrofarmaci. Inoltre devono affrontare una situazione in cui le nuove specie di insetti e le minacce per il raccolto sono in crescita. Noi di Syngenta crediamo che l’agricoltura rigenerativa sia la risposta». Applicare il paradigma dell’agricoltura rigenerativa ha il vantaggio di contribuire ad aumentare lo stock di carbonio. Di qui il legame stretto fra la rigenerativa e il carbon farming. Diminuiscono così le emissioni di gas serra e si contrasta il cambiamento climatico: «Le pratiche di agricoltura rigenerativa – ha spiegato ancora Mauro Coatti – aumentano la biodiversità nel suolo e ciò è fondamentale per la cattura del carbonio e per permettere una crescita migliore delle piante. Applicando il paradigma dell’agricoltura rigenerativa aumenta l’attività microbica nel suolo ed è possibile stoccare più carbonio».
Agricoltura rigenerativa, tecniche agronomiche per il sequestro di carbonio
Il modello dell’agricoltura rigenerativa parte dall’idea di disturbare il meno possibile il suolo. Alcune pratiche agricole sostenibili sono particolarmente indicate come ridurre o evitare le lavorazioni del terreno, inserire colture di copertura fra una coltura principale e l’altra, ruotare le colture, integrare la gestione del bestiame fra le attività dell’azienda agricola e aiutarsi con sistemi digitali di supporto alle decisioni basati sull’acquisizione di dati per distribuire solo gli input realmente necessari alla coltura. Tutte queste pratiche aiutano il carbon farming e aumentano il potenziale di mitigazione del cambiamento climatico da parte del settore agricolo.
In vista del raggiungimento della neutralità climatica, l’UE deve ridurre le emissioni di gas serra del 55% rispetto al 1990, entro il 2030. Secondo uno studio del Dipartimento delle Politiche di Coesione del Parlamento Europeo pubblicato nel 2022 su richiesta della Commissione Europea, il settore agricolo contribuisce per l’11% alle emissioni di gas climalteranti dell’UE. Dal 1990 al 2018 le emissioni di gas serra in agricoltura sono scese di 108 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente. Proprio nella gestione del suolo e del letame risiede il potenziale di riduzione delle emissioni del settore. Secondo lo stesso studio, la capacità dei suoli agricoli di sequestrare carbonio varia ed è compresa fra 9 e 24 milioni di tonnellate di carbonio l’anno. Si stima che lo stock di carbonio nei suoli dell’Unione a 27 sia 34 miliardi di tonnellate, nei 20 cm superiori del suolo. L’Italia vale il 6% del totale.
Il contributo di Syngenta alla diffusione dell’agricoltura rigenerativa
«Noi di Syngenta lavoriamo da molti anni nella direzione di aumentare la sostenibilità delle aziende agricole. Per esempio – ci ha raccontato ancora Mauro Coatti – facciamo formazione per diffondere il paradigma dell’agricoltura rigenerativa. In Italia sono 41 le Interra Farm coinvolte in progetti di sperimentazione. Sono aziende agricole modello dove noi applichiamo le ultime tecnologie disponibili, in modo da poter poi diffondere la conoscenza alle altre aziende agricole». Secondo dati forniti da Syngenta, fra il 2014 e il 2023 la multinazionale ha formato in Italia 32mila persone. In tema di aumento della biodiversità, da 20 anni circa porta avanti Operation Pollinator: “Si tratta di creare margini multifunzionali che vengono seminati con miscugli di essenze che attirano gli impollinatori. Fino al 2023 abbiamo arricchito di biodiversità quasi 90mila ettari in Italia. Il programma è diffuso soprattutto in collina, contribuisce anche a diminuire lo scorrimento a valle dell’acqua e l’erosione del terreno».
Un ruolo importante nel modello dell’agricoltura rigenerativa lo giocano il digitale e l’agricoltura di precisione. Essere più precisi nella distribuzione per esempio di fertilizzanti, quando le colture necessitano di trattamenti, porta a una diminuzione dell’impatto ambientale: «Da qualche anno, anche in Italia, è disponibile Cropwise Imagery – ha aggiunto ancora Coatti – una nuova piattaforma digitale che permette di monitorare lo stato di salute delle piante con l’utilizzo di diversi indici vegetativi e di individuare situazioni problematiche all’interno del campo. Utilizzandola si distruibuisce la giusta quantità di fertilizzante e solo al momento del bisogno della coltura. Ad oggi in Italia sono 60mila gli ettari che stiamo monitorando».
In tema di ottimizzazione degli input agricoli poi, un aiuto può arrivare dai cosiddetti biologicals, in particolare dai biostimolanti: «I biostimolanti migliorano le performance delle piante. Per fare un esempio, negli ultimi due anni abbiamo sviluppato un progetto assieme a Riso Gallo, portandolo avanti su diverse aziende risicole. I dati raccolti indicano un aumento della produzione del 6% annuo quando nei programmi colturali è stato inserito proprio un nostro biostimolante studiato specificamente per le colture industriali che, oltre a migliorare il trasporto dei carboidrati e dei nutrienti, stimola la divisione cellulare. Chiaramente – ha concluso Mauro Coatti, responsabile del supporto tecnico per la protezione delle colture di Syngenta Italia – se la produzione aumenta, a parità di input forniti alla coltivazione, l’impatto in termini di emissioni di gas serra, per kg di riso prodotto, diminuisce».