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Le tensioni attuali nel Mar Rosso e la conseguente difficoltà nei traffici marittimi in transito attraverso il Canale di Suez sono solo l’ultima crisi logistica in ordine di tempo, una situazione che coinvolge anche il settore agrifood. Dallo scoppio della pandemia di Covid-19, nel 2020, i commerci mondiali non hanno avuto praticamente più pace. Come altri settori, anche l’agrifood si è trovato ad affrontare aumenti dei tempi e dei costi di trasporto delle merci, oltre al rischio che i prodotti non arrivino a destinazione quando sono attesi. L’agroalimentare ha preso coscienza dell’importanza di mettere in atto strategie per prevenire la possibilità di interruzioni nella catena logistica. Le nuove tecnologie e in particolare l’intelligenza artificiale e il machine learning, possono essere di grande aiuto nella gestione di questo tipo di rischi.
Fattori esogeni come guerre e pandemie minacciano la supply chain agroalimentare
Secondo un report appena pubblicato dello Studio Divulga, il passaggio attraverso il Canale di Suez rappresenta il 32% dell’export agroalimentare italiano e il 29% dell’import. I prodotti che transitano attraverso il Canale sono principalmente quelli destinati o in arrivo da Asia e Oceania. Sempre relativamente al solo settore agroalimentare, si tratta di sei miliardi di euro di valore complessivo delle esportazioni. I problemi sono cominciati con lo scoppio del conflitto israelo-palestinese in seguito agli attacchi del 7 ottobre 2023. Un gruppo islamico yemenita (Houthi) sta portando avanti atti di pirateria contro le navi in transito nel Mar Rosso, costringendo le compagnie navali a circumnavigare l’Africa. Le conseguenze sono l’allungamento dei tempi e l’aumento dei costi di trasporto. Il tutto mentre la guerra fra Ucraina e Russia continua ad andare avanti.
Già la crisi pandemica aveva messo in evidenza la necessità di attuare contromisure per ridurre al minimo la possibilità di interruzioni nella catena logistica. Secondo uno studio del 2022 del centro di ricerca della Commissione Europea, JRC, basato su un sondaggio, durante l’emergenza Covid-19 le operazioni logistiche nell’agrifood chain sono state pesantemente impattate. Questo sia in termini di capacità di consegnare, sia in termini di approvvigionamento delle materie prime. I risultati del sondaggio hanno mostrato per esempio che il 41,3% degli intervistati ha avuto problemi nel reperire camion, il 47,1% ha dovuto affrontare congestioni nei porti, il 54,4% ha subito contraccolpi per via delle restrizioni nella mobilità fra paesi europei e non europei. Le aziende che nel 2020 ancora non avevano iniziato a riflettere sulla necessita di una strategia specifica per evitare interruzioni nella catena logistica, dopo la pandemia hanno cominciato un processo di riorganizzazione, introducendo spesso nuove tecnologie.
La logistica non può fare a meno delle nuove tecnologie
«La logistica oggi è un settore in forte cambiamento, è un punto fondamentale per l’impresa e l’economia. È un settore profondamente interessato alla digital disruption dove le nuove tecnologie, legate al tracciamento e alla generazione di efficienze, soprattutto di costi e tempi, stanno rinnovando gli schemi produttivi», ha dichiarato Renzo Sartori, vice presidente di Assologistica, durante un recente convegno intitolato ‘Innovazione tecnologica e Sostenibilità: le sfide per una logistica che cresce’.
Fra le aziende che stanno facendo leva sulle nuove tecnologie per rendere la catena di approvvigionamento più efficiente, efficacie e meno impattante, c’è Syngenta. La multinazionale, fra i leader mondiali dell’agritech, aveva iniziato a lavorare in questa direzione già da prima dell’irruzione del Covid sul palcoscenico mondiale: «Eravamo già al lavoro per sfruttare le possibilità offerte dalle nuove tecnologie e dall’intelligenza artificiale prima dell’avvento della pandemia – ci ha raccontato Stefano Maksimovic, Head of Supply Chain Italy & Mediterranean Countries – ma il Covid ha accelerato questa trasformazione. È fondamentale non avere interruzioni nella catena logistica, soprattutto quando si tratta di prodotti della filiera agro-alimentare. L’agricoltura non può aspettare, diventa imprescindibile garantire gli approvvigionamenti al momento giusto e nel posto giusto. Per questo ci avvaliamo della nostra supply chain che controlla e gestisce la filiera, dalla fase di recepimento delle materie prime fino alla consegna ai nostri clienti finali».
Syngenta Italia lavora con il Politecnico di Milano sul tema logistica
Syngenta è presente in più di 100 Paesi al mondo. Fornisce agli agricoltori principalmente prodotti per la protezione delle colture e semi. Il network di approvvigionamento della parte delle sementi è complesso. Coinvolge 65mila piccole, medie e grandi aziende agricole in circa 35 Paesi a livello globale per la moltiplicazione di semi di qualità da distribuire poi ai clienti. Per quanto riguarda invece la protezione delle colture, il gruppo lavora con 600 fornitori in più di 30 Paesi del mondo, per la fornitura delle sostanze chimiche necessarie alla produzione dei prodotti fitosanitari. Non riuscire ad approvvigionarsi in tempo e a consegnare al momento giusto i prodotti necessari alle aziende agricole, può avere come conseguenza il fatto che, in alcune parti del mondo, potrebbe non esserci un raccolto sufficiente.
«Abbiamo rivisto la nostra strategia offshore e inshore – ci ha spiegato ancora Maksimovic – e accelerato per quanto riguarda l’uso dell’AI». Riuscire a prevedere infatti la domanda di prodotti è centrale per soddisfare la richiesta e anche per non generare sprechi: «Siamo focalizzati in particolare sulla parte previsionale, con diversi orizzonti temporali. Negli ultimi anni stiamo affinando i nostri algoritmi di calcolo. Stiamo sempre più investendo in tecnologie – ha continuato Maksimovic, in particolare concentrandosi sul mercato italiano – ci avvaliamo di analisi predittive, principalmente sui prodotti che hanno serie storiche lineari. Per quanto riguarda invece quelli la cui domanda è meno pronosticabile, lì diventa fondamentale il valore aggiunto della conoscenza della nostra organizzazione dislocata sul territorio. La trasformazione digitale necessita di un cambiamento culturale al cui centro rimane il fattore umano».
Syngenta Italia sta collaborando con il Politecnico di Milano, con il Dipartimento di Ingegneria Gestionale, su diversi progetti che riguardano l’ambito della supply chain: «Negli ultimi 3 anni abbiamo avviato una collaborazione con il Politecnico per comprendere al meglio le best practice e i trend dell’industria su una migliore gestione della pianificazione della domanda, attraverso simulazioni e analisi degli scenari possibili. A livello globale poi c’è un altro progetto ambizioso in corso. Si sta lavorando sulla tracciabilità end to end del trasporto in modo da sapere sempre dove si trova un determinato prodotto e se ci sono problematiche o ritardi», ha detto ancora Stefano Maksimovic.
Obiettivo: abbattere le emissioni dell’ultimo miglio nelle consegne
Da un lato c’è la necessità di garantire una continuità lungo tutta la supply chain, dall’altro quella di abbatterne l’impatto ambientale. I trasporti hanno rappresentato nel 2022 poco più del 20% delle emissioni globali di gas climalteranti derivanti da combustibili fossili. Per riuscire a raggiungere l’obiettivo di neutralità climatica fissato al 2050, è necessario ridurre enormemente le emissioni del settore che, in effetti, è il secondo più impattante, dopo l’industria.
«Sempre con il Politecnico di Milano stiamo portando avanti un altro importante progetto a livello italiano. Abbiamo attivato un assegno di ricerca. Lo scopo è elaborare un sistema per il calcolo delle emissioni di CO₂ nella distribuzione dell’ultimo miglio. Vogliamo così valutare un nuovo set-up logistico per ridurre le emissioni, garantendo sempre un elevato standard di servizio, oltre che il contenimento dei costi».
«Il progetto che stiamo portando avanti con il Politecnico sulla sostenibilità della rete logistica dell’ultimo miglio in Italia è a buon punto. Abbiamo intanto quantificato le nostre emissioni, adottando metodo di calcolo scientifico e seguendo le linee guida conformi al framework Global Logistics Emissions Council (GLEC). Il prossimo passo sarà quello di ripensare il nostro network distributivo per diminuire l’impatto in linea con l’impegno globale assunto dall’azienda. Ad oggi circa il 90% delle nostre emissioni in Italia – ha continuato al microfono di StartUpItalia Maksimovic – deriva da trasporto su strada, mentre il resto da trasporto intermodale. C’è molto da lavorare, ma siamo determinati».
Per poter diminuire le emissioni prodotte indirettamente (scope 3) dalla nostra supply chain, che hanno un peso del 90% a livello globale, Syngenta deve lavorare al fianco di tutta la catena di fornitori e partner. Vogliamo perseguire l’obiettivo comune di una maggiore sostenibilità ambientale: «La collaborazione è la strada da perseguire e consideriamo le buone prestazioni sui parametri di sostenibilità come un fattore di differenziazione nella scelta dei nostri partner. La resilienza di una catena di approvvigionamento sostenibile risiede infatti nella sua abilità di generare valore in un ambiente che pone una crescente enfasi sulla sostenibilità», ha concluso Stefano Maksimovic, Head of Supply Chain Italy & Mediterranean Countries.