La missione della Nasa, spiegano dall’ateneo romano, dovrà rispondere a molte domande sull’evoluzione di questo pianeta ancora misterioso che, da un passato molto simile a quello della Terra, è diventato uno dei luoghi più inospitali del sistema solare
Veritas come verità per gli antichi romani, ma anche acronimo di Venus Emissivity, Radio Science, INSAR, Topography and Spectroscopy, la missione spaziale che ci porterà su Venere a cui il nostro Paese e la Sapienza partecipano con un contributo fondamentale. È infatti il progetto italiano il vincitore nella selezione delle missioni planetarie della Nasa. Lo ha comunicato la stessa agenzia spaziale statunitense nell’ambito della selezione delle prossime missioni di classe Discovery da 500 milioni di dollari.
Cos’è Veritas e quando andremo su Venere
Veritas sarà lanciata tra il 2026 e il 2028, con l’obiettivo di raggiungere Venere, uno dei pianeti più inospitali e misteriosi del nostro sistema solare. Ospiterà a bordo una strumentazione molto sofisticata finanziata dall’Agenzia spaziale italiana (ASI) a cui ha contribuito il gruppo di ricerca guidato da Luciano Iess, composto da giovani ricercatori della Sapienza.
Veritas, fanno sapere dall’ateneo romano, si propone di dare una risposta alle molte domande della comunità scientifica riguardanti non solo l’evoluzione passata, ma anche quella presente e futura, in particolare ricercando la presenza di vulcani attivi e di processi dinamici superficiali, quali la tettonica a placche. Veritas sarà inoltre in grado di determinare la composizione e struttura interna del pianeta Venere, fornendo ulteriori indizi per la comprensione non solo dei pianeti rocciosi, ma anche di una classe di esopianeti con caratteristiche simili.
“La forte presenza italiana nel team scientifico che ha portato alla selezione di Veritas rappresenta un ulteriore esempio del ruolo della nostra università nella ricerca spaziale e nell’esplorazione del sistema solare – ha dichiarato Luciano Iess, professore del Dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale della Sapienza – Questa missione ci permetterà di dare risposta a interrogativi che sono ormai rimasti aperti troppo a lungo”.
Venere infatti ha sempre suscitato grande interesse e fascino nella comunità scientifica. Gli unici dati globali sulla sua superficie e struttura interna sono stati forniti dalla sonda Magellan (NASA) più di 25 anni fa (1994-95). Da sempre indicato come il pianeta cugino della Terra per le dimensioni, massa e distanza dal Sole molto simili, Venere ha però intrapreso, per cause ancora ignote, un percorso evolutivo estremamente diverso da quello del nostro pianeta, al punto che oggi è uno dei luoghi più inospitali del sistema solare. La sua densa atmosfera, composta in gran parte di anidride carbonica e nubi di acido solforico, ha una pressione al suolo 90 volte maggiore di quella terrestre e temperature medie di 460 °C. Tuttavia studi recenti indicano per Venere un passato molto diverso e assai più simile a quello della Terra.
Nel team scientifico di Veritas, il gruppo italiano, coordinato da Luciano Iess (Co-Lead dell’esperimento di gravità), è composto da giovani ricercatori del Centro di Ricerca Aerospaziale Sapienza (CRAS), del Dipartimento di Ingegneria meccanica aerospaziale (DIMA) e del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, Elettronica e Telecomunicazioni (DIET). I ricercatori del CRAS-DIMA (Gael Cascioli, Fabrizio De Marchi, Paolo Racioppa), hanno condotto, attraverso simulazioni numeriche, la definizione dell’esperimento di gravità, dedicato alla determinazione della struttura interna del pianeta. I ricercatori del DIET (Roberto Seu e Marco Mastrogiuseppe, Co-Lead del radar VISAR) hanno contribuito allo sviluppo di tecniche di elaborazione dei dati del radar ad apertura sintetica, con lo scopo di individuare la presenza di processi geologici superficiali recenti. Gaetano di Achille, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, completa la partecipazione italiana con le competenze sulla struttura geologica del pianeta.
“Il successo di VERITAS – ha spiegato Gael Cascioli, dottorando in Ingegneria aeronautica e spaziale presso il DIMA – è passato anche attraverso la fiducia che è stata riposta nei giovani ricercatori e ricercatrici che, come me, hanno portato entusiasmo, competenza ed energia nel team scientifico internazionale”.