L’esecutivo accoglie un ODG in Commissione Affari costituzionali. Nascerà un tavolo tecnico di confronto che coinvolgerà esperti ma anche il Garante per la Privacy e Agid
Un tavolo tecnico di confronto sulla sperimentazione della tecnologia blockchain alle elezioni. Come sta cercando di fare, a dire il vero molto in piccolo, il Giappone: dove all’inizio di settembre è stato possibile certificare l’identità degli elettori sfruttando l’individual number (un sistema simile alla Social Security Card statunitense) nel corso di un referendum consultivo. O come ha provato a fare la Sierra Leone il 7 marzo scorso, in occasione delle elezioni parlamentari e presidenziali: è stato il primo Paese al mondo ad aver registrato parte delle votazioni della capitale Freetown su una piattaforma che utilizza il sistema decentralizzato della società svizzera Agora. Il tutto, però, è avvenuto appunto su una blockchain privata nella quale solo alcuni dati sono visibili a tutti e altri sono invece a disposizione di un gruppo scelto di persone: un tema, quello dell’apertura e della trasparenza del voto, che senz’altro deve essere tra le priorità di una nazione democratica.
La sperimentazione
Su qualcosa del genere dovrà presto misurarsi anche il Governo italiano visto che ha accolto oggi un ordine del giorno promosso dal presidente della commissione Affari costituzionali della Camera Giuseppe Brescia del Movimento 5 Stelle. Il provvedimento rientra nel più ampio perimetro di una proposta di legge (la A.C. 543-A presentata lo scorso aprile) dedicata alla riforma del procedimento elettorale e dell’esercizio di voto fuori dal comune di residenza. Dovesse essere approvato, introdurrebbe anche le urne semitrasparenti, il voto ai fuori sede per motivi di studio, lavoro e di salute, più una serie di altri elementi fra cui il sorteggio degli scrutatori, le cabine che riparino solo il busto dell’elettore e il divieto per il presidente di seggio di ricoprire l’incarico per due volte consecutive nello stesso seggio.
L’uso della blockchain, certo tema ben più sensibile, procede dunque in parallelo a questo progetto di revisione del modo in cui votiamo. Ma che cos’è esattamente la blockchain? Si tratta di un database distribuito peer-to-peer, in cui chiunque può farsi nodo della rete, anche perché detiene una copia di una sorta di libro mastro di tutte le transazioni, e in cui ciascun nodo agisce anche da network di controllo di un qualsiasi scambio. Eliminando così la necessità di un ente terzo di supervisione: tutti controllano tutti.
La popolarità per questa tecnologia è arrivata perché questa logica di rete di validazione diffusa e all’apparenza inscalfibile è l’architrave del funzionamento delle criptovalute, su tutte il Bitcoin. Tuttavia il meccanismo alla base – quello, appunto, di un sistema distribuito irrevocabile e privo di intermediari – è stato sperimentato in questi anni non solo in ambito fintech, ma anche per gestire transazioni o progetti di altro tipo. La Finlandia ha per esempio provato a sfruttarne le potenzialità nel complicato ambito della gestione dei rifugiati e della loro accoglienza. Altri fronti includono salute, PA, catene di distribuzione e così via.
L’utopia della democrazia diretta
Per il Movimento 5 Stelle è un primo passo verso l’obiettivo (o l’utopia) della democrazia diretta. Ma anche, come si legge nell’odg accolto dall’Esecutivo, di una maggiore partecipazione dei cittadini. “L’ormai quasi decennale tecnologia blockchain ha promosso un nuovo paradigma per la trasferibilità di un bene digitale e immateriale in maniera inconfutabile, irrevocabile, immutabile e senza intermediari – è scritto nel documento – sebbene le prime applicazioni siano prevalentemente legate al mondo delle criptovalute e, più in generale, al mondo finanziario, è ormai evidente come questa tecnologia possa avere un considerevole impatto in diversi altri contesti”.
Vengono poi elencati alcuni usi alternativi simili a quelli citati in precedenza: “Si pensi ai progetti realizzati dall’università di Pisa per la certificazione dei curricola accademici e dall’Università di Cagliari per garantire l’autenticità dei certificati europei di laurea. Oppure a Notarchain, un modello di blockchain promosso dal Consiglio nazionale del Notariato per un moderno sistema di archiviazione” e si fa riferimento perfino alla tribolata nota di aggiornamento al DEF da poco giunta a Montecitorio che promuove “la sperimentazione di soluzioni basate sulla blockchain in settori strategici di competenza del Ministero dello Sviluppo Economico, come la tutela del Made in Italy”. Oltre che a un programma “presentato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, su iniziativa del viceministro Fioramonti, un meritorio progetto per il riconoscimento dei titoli dei rifugiati attraverso l’utilizzo della tecnologia blockchain”.
Il voto ai fuori sede
Bene, ma a cosa servirà la blockchain per le elezioni e i referendum italiani? Potrebbe incoraggiare “lo scambio di fiducia online” e favorire “l’esercizio del diritto di voto almeno per alcune categorie di cittadini svantaggiate per ragioni legate alla ridotta mobilità sul territorio nazionale”. Il tutto, dice l’ODG, sempre rispettando i principi costituzionali di segretezza, uguaglianza, personalità, libertà e territorialità della propria preferenza. Il documento, segnato da un approccio a dire il vero piuttosto moderato e sperimentale, impegna dunque il governo a “promuovere iniziative di consultazione aperta con esperti sulle potenzialità della tecnologia blockchain in materia elettorale e unitamente avviare un tavolo interistituzionale preliminare con le principali istituzioni nazionali interessate, con l’obiettivo finale di definire modalità di sperimentazione e soluzioni, anche normative, per il voto con tecnologia blockchain da postazioni pubbliche”.
Le fasi della sperimentazione
In una prima fase andranno dunque stabilite le regole. Poi il voto elettronico via blockchain andrà verificato in cabina per esempio per quelle categorie citate in precedenza. In prospettiva, però,
potrebbe aprire la strada alle elezioni in remoto, grazie all’identificazione univoca resa possibile dalla “catena di blocchi”. Prima mossa sarà dunque la creazione di “un tavolo tecnico di confronto tra il Ministero dell’Interno, l’Agenzia per l’Italia Digitale, il Garante per la Protezione dei Dati personali e il Ministero per la Pubblica Amministrazione” che dovrà adottare linee guida per la sperimentazione anche attraverso l’uso di questa tecnologia.
“Ci siamo, si parte. Il governo riconosce il valore della tecnologia blockchain anche per innovare le procedure di voto e consentire a tutti i cittadini di esprimere il proprio diritto di voto a distanza, senza disagi e ostacoli – ha spiegato Brescia – è il primo necessario passo per arrivare, grazie alla tecnologia, a una democrazia sempre più inclusiva”. Molto rimarrà da stabilire, nel corso del tavolo, sulle tecnologie da utilizzare affinché possano garantire la massima trasparenza e imparzialità nella certificazione delle identità degli elettori. Ed è il primo dei tanti punti interrogativi a cui dare risposta.